Film
n.90
L'angelo nero (Black Angel)
di Roy W. Neill
con Dan
Duryea, June Vincent, Peter Lorre
Una delle tante cover |
Investigatrice
dilettante con aiutante etilista
Insistono, quasi tutti,
a dire che è "tratto" dall'omonimo romanzo di Cornell Woolrich. Direi "ispirato"! Non mi sembrano
nemmeno parenti, il film è infatti di livello ben superiore, ma non solleviamo polemiche
tardive! La trama non è esplosiva, ma si
presta alla cinepresa ed è molto più convincente di quella del romanzo.
Los
Angeles, un uomo è accusato dell'omicidio di una cantante un po' amorale. La mogli
si improvvisa detective. L’attrice è stata uccisa dentro il suo appartamento,
intorno al quale quella sera si trovavano tre uomini con qualche motivo per
farla fuori: l’ex marito, che non sapeva rassegnarsi al suo abbandono; il
proprietario di un locale, da lei ricattato; l’amante, ormai deciso a
lasciarla. Le prove sono contro il terzo, che viene arrestato, processato e
condannato a morte; ma sua moglie, benché tradita, è convinta della sua
innocenza. Ingaggia una corsa contro il tempo per scagionarlo. La aiuta il marito,
alcolizzato terminale, della defunta.
Finale
a sorpresa, che lascia l’amaro in bocca, come dev'essere per un noir canonico. Giallo
dalla trama essenziale, forse anche un po’ elementare, con belle atmosfere noir che
culminano in un sottofinale visionario. Dan Duryea, abituato a ruoli di vilain
senza sfumature, qui interpreta un personaggio un po’ diverso: all’apparenza
sgradevole, ma solo per nascondere agli altri le proprie ferite interiori. Quando già intravede una possibilità di riscatto subirà la sconfitta
definitiva. La vera vittima, da qualunque parte lo si guardi, è
lui.
Il
personaggio dell'alcolista è una delle più efficaci incarnazioni dell'antieroe perdente
tipico del noir.
La morta è la dark lady, nel romanzo la si scopre a piccole dosi e a posteriori, nel film è subito in evidenza e si capisce all'istante che è cattiva d'animo e velenosa nel graffio.
Peter Lorre, viscido lumacone dagli occhi guazzi, qui è troppo di maniera: presenzia gigione e fa il verso a se stesso. E' l'unico a non lasciare il segno, solo una striscia di bava viscida dove passa.
La morta è la dark lady, nel romanzo la si scopre a piccole dosi e a posteriori, nel film è subito in evidenza e si capisce all'istante che è cattiva d'animo e velenosa nel graffio.
Peter Lorre, viscido lumacone dagli occhi guazzi, qui è troppo di maniera: presenzia gigione e fa il verso a se stesso. E' l'unico a non lasciare il segno, solo una striscia di bava viscida dove passa.
Pellicola da
non perdere, anche perché c'è molto espressionismo nelle scene e negli splendidi chiaroscuri. Forse per prendere le distanze dal sapore melenso del romanzo è interpretato in modo asciutto
e sobrio. Moderno insomma.
Voto ***1/2/5
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