giovedì 8 agosto 2019

Il Gufo Giallo (128)


Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli

Giudizio n.  127

La bambola insanguinata
Tito A. Spagnol
Gialli Italiani Mondadori

 

Forse ha incontrato Zio Paperone, ma non Padre Brown, né Don Matteo!

 

Onore al merito, ma niente di più! Chi era Tito Antonio Spagnol? Nacque a Vittorio Veneto il 13 maggio 1895 da una benestante famiglia borghese. La sua formazione culturale iniziò al Ginnasio a Treviso e in seguito all’Ecole des Hautes Etudes Economiques et Sociales di Bruxelles. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale causò l’interruzione degli studi intrapresi e un lavoro all’Ufficio Operazioni presso il Comando Supremo a Campoformido. Partecipò quindi alle battaglie dell’Isonzo, del Carso e alla ritirata dopo la disfatta di Caporetto. Terminata la Grande Guerra  intraprese una vita estremamente avventurosa: dall’Europa agli Stati Uniti, dal Messico al Canada (tra l'altro fece anche il cercatore d'oro nel Klondike!).

 

In Italia intraprese anche la carriera giornalistica (Firenze e Roma) e svolse attività nel settore cinematografico (Camagli Film). Come giornalista, lavorò per diverse testate come Il Nuovo Corriere e Il Sereno. Fu  corrispondente di Parigi-Presse. Da ricordare che negli USA, a Hollywood, dove restò molti mesi, entrò in contatti con gli esponenti dell' hard boiled (lo si nota leggendolo) e  lavorò anche con Frank Capra. Tornato in Italia come giornalista collaborò con diversi giornali, L’Italiano, Italia Letteraria, Omnibus e Novella. Morì  a Vittorio Veneto nel 1979.

 

Il romanzo, pubblicato nel 1935 da A. Mondadori, si svolge, appunto, nei pressi di Vittorio Veneto. Narratore, like Watson, è un medico: il dottor Celso Rosati. E’ da poco ospite dello zio don Poldo Tormene parroco di Formeniga (frazione di Vittorio Veneto), quando viene chiamato improvvisamente una notte a Villa dei Da Camino. Sembrerebbe che in quel tranquillo paesino fra le colline del trevigiano non dovesse accadere mai nulla, ma invece, oltrepassata la soglia della villa, egli si trova preso nelle maglie di una tragica vicenda che si svolge, misteriosa e rapida fino all’imprevedibile scioglimento. A dipanare la matassa è don Poldo o padre Poldo, vedete voi.

Un prete che non ha nulla a che fare né con Don Matteo, né tantomeno con Padre Brown! Padre Tobia non lo tiro neppure in ballo! Il religioso nelle prime cento pagine (più della metà) dice sì e no cinquanta parole per complessive dieci frasi. Sempre parlando poco risolve il mistero. Niente di che anche quello!

Prosa dei primi del novecento, ma attenzione, il Manzoni era già più avanti; per non parlare de Il cappello del prete di Emilio De Marchi! Sì, la narrazione è vetusta, polverosa e piena di ragnatele. Si dilunga e a volte incespica. Non ne consiglio la lettura, se non per curiosità scientifica o storica.

Voto **/5

Voto alla carriera ***1/2/5

 

 

 

 

 

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