Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
Giudizio n. 127
La bambola insanguinata
Tito A. Spagnol
Gialli Italiani Mondadori
Forse ha incontrato Zio
Paperone, ma non Padre Brown, né Don Matteo!
Onore al merito, ma niente di
più! Chi era Tito Antonio Spagnol? Nacque a Vittorio Veneto il 13 maggio 1895
da una benestante famiglia borghese. La sua formazione culturale iniziò al
Ginnasio a Treviso e in seguito all’Ecole des Hautes Etudes Economiques et
Sociales di Bruxelles. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale causò
l’interruzione degli studi intrapresi e un lavoro all’Ufficio
Operazioni presso il Comando Supremo a Campoformido. Partecipò quindi alle
battaglie dell’Isonzo, del Carso e alla ritirata dopo la disfatta di
Caporetto. Terminata la Grande Guerra intraprese
una vita estremamente avventurosa: dall’Europa agli Stati Uniti, dal
Messico al Canada (tra l'altro fece anche il cercatore d'oro nel Klondike!).
In Italia intraprese anche la
carriera giornalistica (Firenze e Roma) e svolse attività nel
settore cinematografico (Camagli Film). Come giornalista, lavorò per diverse testate come Il Nuovo
Corriere e Il Sereno. Fu
corrispondente di Parigi-Presse. Da ricordare che negli USA, a
Hollywood, dove restò molti mesi, entrò in contatti con gli esponenti dell'
hard boiled (lo si nota leggendolo) e
lavorò anche con Frank Capra. Tornato in Italia come giornalista
collaborò con diversi giornali, L’Italiano, Italia Letteraria, Omnibus e
Novella. Morì a
Vittorio Veneto nel 1979.
Il romanzo, pubblicato nel 1935 da A. Mondadori, si svolge, appunto, nei
pressi di Vittorio Veneto. Narratore, like Watson, è un medico: il dottor Celso
Rosati. E’ da poco ospite dello zio don Poldo Tormene parroco di Formeniga (frazione
di Vittorio Veneto), quando viene chiamato improvvisamente una notte a Villa dei
Da Camino. Sembrerebbe che in quel tranquillo paesino fra le colline del
trevigiano non dovesse accadere mai nulla, ma invece, oltrepassata la soglia
della villa, egli si trova preso nelle maglie di una tragica vicenda che si
svolge, misteriosa e rapida fino all’imprevedibile scioglimento. A dipanare la matassa
è don Poldo o padre Poldo, vedete voi.
Un prete che non ha nulla a che fare
né con Don Matteo, né tantomeno con Padre Brown! Padre Tobia non lo tiro neppure
in ballo! Il religioso nelle prime cento pagine (più della metà) dice sì e no cinquanta
parole per complessive dieci frasi. Sempre parlando poco risolve il mistero. Niente
di che anche quello!
Prosa dei primi del novecento, ma
attenzione, il Manzoni era già più avanti; per non parlare de Il cappello del
prete di Emilio De Marchi! Sì, la narrazione è vetusta, polverosa e piena di ragnatele.
Si dilunga e a volte incespica. Non ne consiglio la lettura, se non per curiosità
scientifica o storica.
Voto **/5
Voto alla carriera ***1/2/5
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