Dov’è Bertuccio?
Si è mosso parecchio furtivo in Sarzana, ma amici lettori fidati ne hanno controllato le mosse.
In attesa di presentare il romanzo a Sarzana vi propongo le riflessioni di una appassionata lettrice, e anche presentatrice, delle gesta di Bertuccio. e' una prima stesura, la versione definitiva potrete sentirla dalla sua voce a Sarzana.
In attesa di presentare il romanzo a Sarzana vi propongo le riflessioni di una appassionata lettrice, e anche presentatrice, delle gesta di Bertuccio. e' una prima stesura, la versione definitiva potrete sentirla dalla sua voce a Sarzana.
letto e commentato da
Carmen
Claps
parte prima
Un’altra
appassionante avventura che ci catapulta ancora una volta a fine 1400 in compagnia di
Bertuccio, il fabbro armaiolo di Montevarchi con l’hobby, ma sarebbe più esatto
dire con l’ ossessione di “svelar misteri”. Questa volta lo scenario delle sue
indagini è Sarzana, una delle tappe della sua fuga dalla nati a Montevarchi
verso la Provenza. Il protagonista
avrebbe l’intenzione di imbarcarsi a Bocca di Magra con le truppe francesi di
Carlo VIII che stanno lasciando l’Italia, ma rimane bloccato da una furiosa e
strana tempesta; nell’attesa, guarda che combinazione, è chiamato a far luce su
tre efferati delitti che si verificano nel centro della nostra città a poche
ore di distanza l’uno dall’altro.
La
prima vittima è tra i membri della Curia vescovile. Un delitto
all'interno del vescovado stesso: interessi politici o economici? E' il Vescovo
il vero obiettivo? Sua Eminenza ha fatto imprigionare il presunto colpevole.
Appena Bertuccio giunge in città per scagionarlo avviene un altro delitto. La
seconda vittima è tra il popolo, per le vie della città: che legame ci può
essere? Infine viene ucciso un contabile, mentre lavorava assorto in casa
sua.
A
Bertuccio l’arduo e ingrato incarico di scoprire moventi, eventuali mandanti ed
esecutori e collegamenti fra i tre omicidi, perpetrati, non l’avevo ancora
detto, con le stesse strane modalità.
Quanto
alla struttura esterna, la narrazione è, come sempre nei lavori di Oscar, in
prima persona, affidata al protagonista e questo conferisce al racconto
maggiore spontaneità e partecipazione. Bertuccio scrive le sue memorie
parecchio tempo dopo che i fatti si sono verificati, cioè una volta giunto a
destinazione in Provenza: per questo i verbi sono coniugati al passato. Come
sempre nelle sue avventure, Oscar si spaccia per curatore di un manoscritto
recuperato nel modo più casuale e fortunoso e questo espediente è tanto
godibile che il lettore vuole crederci.
Siamo
nel 1496, momento storico importantissimo, complesso, per non dire confuso e al
proposito il nostro autore fa un lavoro davvero eccezionale. Mi spiego: ci
presenta Bertuccio che si trova in mezzo ad eventi epocali (la discesa di Re
Carlo, la sua successiva ritirata e tutti i fatti collegati). Ebbene, il nostro
fabbro ce li racconta e ce li commenta proprio mentre si stanno verificando,
in diretta, con gli occhi di chi non
poteva assolutamente prevedere che avrebbero fatto la storia, quella con la S
maiuscola. Così, questa viene a fondersi e a confondersi con la storia privata
di Bertuccio, della gente comune, della povera gente che lo circonda. Ed in
fondo è proprio così, se ci pensiamo bene: l’una è fatta e fa l’altra.
Naturalmente
anche in questo, come in tutti i lavori di Oscar, anche quelli dedicati agli
altri suoi investigatori, Corto, lo skipper di Viareggio e Idamo, il medico di
Montevarchi, grande importanza ha la scansione temporale. Per non annoiarvi, mi
limito alle avventure di Bertuccio e vi ricordo che ognuno dei quattro racconti
di “Mala Tempora” si svolge in ognuna delle quattro stagioni dell’anno. “Nova
Tempora” ricopre l’arco di un anno solare. Qui tutto si svolge in tre giorni,
diciamo la durata di una libecciata. Da questo potete capire quanto la
narrazione risulti serrata, un susseguirsi di eventi e di colpi di scena da
lasciare senza respiro personaggi e lettori: intendo crimini, indagini e
scioglimento.
E’
una bella prova d’autore, come lo è il fatto che Oscar dissemina il testo di
una quantità incredibile di indizi, ma in modo che neppure la più esperta ed
abile mente criminale riesce a coglierli e collegarli così da anticipare la
conclusione. E’ una caratteristica del nostro autore: penso che nessuno possa
arrivare a individuare i colpevoli, per esempio, de “L’0ro degli aranci” o de
“La ragazza dello scambio”, tanto per citare due romanzi abbastanza lontani tra
loro nel tempo e dedicati agli altri suoi due investigatori.
Ancora,
la ricostruzione del periodo. Bertuccio ci ha già fatto conoscere, in modo
molto vivo e direi esauriente, la vita quotidiana della sua epoca: usi, abiti,
arredamento, cibi, mestieri, passatempi. Qui, in “Precaria Tempora”, abbiamo un
ulteriore approfondimento, direi addirittura qualcosa di ancor più meticoloso e
raffinato. Intendo il fatto che il protagonista, allontanandosi dal suo
Valdarno, sottolinea e commenta le differenze spicciole che ha trovato in
questa strana terra di confine. Un esempio? Il pane, che in Toscana prepariamo
senza sale, mentre qui viene salato. Importante, inutile sottolinearlo, la ricostruzione
della struttura sociale, di tipo piramidale, con al vertice la nobiltà e
soprattutto la Chiesa, con il suo potere, direi strapotere, politico,
economico, amministrativo. Il popolo non riesce nemmeno a pensare di poterlo
mettere in discussione: è un dato di fatto radicato al massimo. Al proposito,
vi raccomando la descrizione della cattedrale preparata per il funerale del
diacono, funerale che si risolve in una ulteriore ostentazione dell’opulenza e
del potere della Chiesa: nulla a che fare con il sacro e il santo. E il popolo accresce
la sua sottomissione verso quell’istituzione. La Chiesa è presentata in affari
esclusivamente terreni, politici ed economici, per concludere i quali intesse
tremendi intrighi, non si ferma davanti a niente, aliena da ogni scrupolo
nell’usare qualsiasi mezzo. Non dimentichiamo che il Papa regnante (attributo
quanto mai calzante) è Rodrigo Borgia, Alessandro VI . . .
Non
vi dico nulla di nuovo se sottolineo l’attenzione massima del nostro autore al
linguaggio, la ricostruzione meticolosa del lessico e della sintassi
dell’epoca. Questo emerge in particolare nei dialoghi, che sono fondamentali
nell’economia della vicenda, ma è rilevabile anche nelle parti narrative. A
questo proposito, vi voglio segnalare l’uso sapiente degli ablativi assoluti,
poi quei periodi brevissimi, folgoranti, che cadono come macigni a evidenziare,
di volta in volta, ironia, rabbia, tensione ecc. ecc. Infine una punteggiatura
molto originale e raffinata, perfetta per rimarcare ulteriormente il contenuto.
Altrettanto
abile Oscar nelle descrizioni: paesaggi, interni, persone. Ce lo dimostra
proprio in apertura, con quella strana tempesta, da cui scaturisce poi tutta la
storia: un quadro realizzato con pochissime pennellate, ma più che sufficienti.
Aggiungerne altre avrebbe significato sciuparlo. E poi Sarzana. La vicenda si
svolge in quello che ora è il cosiddetto centro storico: la Pieve di
Sant’Andrea, la Cattedrale di Santa Maria, il Vescovado, il Torrione San
Francesco e poi alcuni palazzi gentilizi: quello dei Buonaparte, dei
Parentucelli, dei Remedi. Piccolissima parentesi per dire che Oscar ci offre
l’opportunità di interessantissimi incontri proprio con alcuni di questi
notabili. A voi il piacere della scoperta. E’ davvero emozionante vedere ed
entrare addirittura in quegli edifici. E’ come una visita guidata nella nostra
città, una visita guidata anche nel tempo, cosicché viene voglia di riscoprire
quei luoghi, quelle costruzioni che ormai, per l’abitudine, non vediamo più. Ma
c’è un altro motivo che rende quelle descrizioni così intriganti: l’atmosfera.
Mi spiego: la maggior parte degli eventi, specie quelli più importanti avviene
di notte, nel buio più completo o in una penombra ancora più angosciante,
quando a illuminare la scena ci sono candele fioche o, peggio ancora, il
bagliore delle lame di affilatissimi pugnali, intinti in veleni per i quali non
si conoscono antidoti. E in questi begli scenari vediamo strisciare, rasente i
muri, ombre non identificabili, avvolte nel loro lucco rigorosamente nero.
Oscar è maestro di queste scene, lo sappiamo: ricordo, per esempio, un
inseguimento mozzafiato e poi la scena finale in “Eikones”; una processione ne
“L’oro degli aranci” e un agguato ne “La ragazza dello scambio”.



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