domenica 18 dicembre 2011

Il gufo giallo (15)

Rubrica letteraria
Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
libro n. 15


 

Assassinio sull’Orient Express

Agatha Christie

Oscar Mondadori


 

Il mito può uccidere, ma si può anche decapitare!

Eh la memoria! Appena arrivato a Istanbul non ho resistito e sono andato alla stazione dove arrivava l'Orient Express.  Rimane poco, ma in qualche angolo il mito resiste. Guardando bene, poi, si possono anche scoprire dei manifesti, anche se non troppo esibiti.


 

 

Perché questo impulso emotivo? Merito di zia Aghata, colpa di Poirot. L'autrice ha il merito di averci fatto vivere il mito, il belga coi baffi di averci messo tanto a scoprire il colpevole... un colpevole che non gli piace, ma forse è perché il viaggio era tanto, tanto lungo. Do per scontato che  anche chi non l'ha mai letto sappia come si svolgono i fatti (o per lo meno come si svela il mistero), tra film e adattamenti televisivi c’è chi lo sa addirittura a memoria senza aver letto il libro. Mi dispiace per lui, il libro è da leggere, anzi da "meta leggere" per scoprire, non l’assassino, ma come Agatha riesca   a seminare indizi falsi e a nascondere coi suoi sporchi giochi di prestigio quelli veri.

Un’esegesi del testo da consigliare ai sedicenti docenti di scuole di scrittura per giallisti. Stanno aumentando a dismisura: la richiesta è tanta che spesso ad insegnare sono illustri sconosciuti che sì e no hanno pubblicato un paio di raccontini in riviste on line.

Destrutturando questa trama si decapita il mito (Poirot o il treno, fate voi!), ma c’è da imparare tantissimo. Come l’autrice comunica, nello sviluppo della storia, gli indizi necessari perché il lettore riesca a giungere alla soluzione e come, poi, fa  anche in modo che questi indizi passino inosservati. Una maestra illusionista delle parole, da   imitare solo in parte!

Un freddo didattico esercizio di stile, che mette a dura prova anche l’impassibilità di Poirot: credo che con questo romanzo il feeling tra la Christie ed Hercule si sia parecchio incrinato. Alla fine, come sempre, quando si chiude il libro e ci si riflette, ci si accorge di come Agatha ci abbia menato per il naso, solo per il gusto di farlo. Ancora una volta, esagerando davvero, ha voluto  giocare coi propri lettori. Agatha porta il lettore a sospettare ora di questo ora di quello; tutti e dodici gli indiziati "possibili" diventano anche assassini certi per poi tornare ad essere solo possibili. Un po’ troppo. Colpi di scena magistralmente “costruiti” e un assassinio che si presenterà perfetto nella tempistica ricostruita, nel libro, al secondo.

Un Poirot che sprizza troppa energia, appare quasi isterico, forse ha sniffato (come Sherlock Holmes) per superare l’imbarazzo. Metodicamente, ogni volta con pazienza, riesce a mettere insieme i piccoli indizi; le bricioline, per ricostruire tutto l'accaduto mostrandosi, come sempre, impareggiabile. Poteva scoprire l’assassino, almeno 12 ore prima, ma non si sarebbe giunti a Istanbul!

Uno dei peggiori esempi di letteratura gialla. Lo considero, insieme a Dieci piccoli indiani (di cui non intendo parlare), la pietra tombale del giallo classico all’inglese.


Totale: **1/2/5


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