giovedì 18 ottobre 2012

Presentazione critica (III)


La Ragazza dello scambio
Romanzo
di
Oscar Montani
Presentazione critica di Carmen Claps
(estratto)
Parte III


… Idamo, ha  … la mania, dell’investigazione, per talento e per educazione. Vorrei vedere voi se aveste avuto una zia appassionata di misteri e in particolare di Sherlock Holmes, che, quando avevate sette anni, ha cominciato a leggervi e rileggervi quelle storie al posto delle favole. … Come indaga il nostro dottore? Mi sento di dire che ricerca la verità soprattutto scavando nella psicologia dei personaggi coinvolti, vittime, indiziati, testimoni. Questo lo porta a scoperte clamorose, sconvolgenti. Inoltre agisce in perfetta sintonia …  con il maresciallo dei carabinieri Cosentino. … il maresciallo Cosentino, ritenendolo, per sua stessa ammissione, “un gran segugio”, lo chiama ogni volta a fare i rilievi sui cadaveri.

Qui si innesta il significato più profondo e la grandezza del romanzo. Mi spiego. Fino al  momento delle indagini, non si è mai schierato: nei confronti della situazione pubblica, Idamo ha mostrato un’indolente indifferenza, per comodità, per paura, per svogliatezza, fate voi e a nulla sono valsi inviti, moniti, minacce a prendere posizione in un senso o nell’altro, da parte di amici schierati all’opposizione e di boriosi gerarchetti. La sua indagine, la sua ricerca della verità in merito a quelle morti va di pari passo con la sua presa di coscienza del momento storico che sta vivendo. Saranno entrambe due ricerche, due conquiste molto faticose, difficili, dolorose, ma necessarie, perché liberanti. Splendide, accorate, sofferte le considerazioni del nostro dottore a conclusione del suo percorso. Oscar escogita uno splendido stratagemma linguistico quando mette in bocca a una vittima di un’aggressione squadrista l’esortazione a Idamo “resisti!” e a Idamo stesso l’espressione “partigiano di un’idea”, concentrando qui e anticipando il manifesto della resistenza.

… questo romanzo, pur avendo un protagonista assoluto, è un romanzo corale, perché, …, dipinge un’epoca e un’epoca è chiaro, è fatta dalle persone che la vivono. Oscar ci regala ritratti di tutti i tipi e sarebbe interessante e necessario occuparci di tutti i personaggi, coprotagonisti, comprimari, comparse e cammei. Per quanto riguarda questi ultimi, penso al giudice Lo Nero, perfettamente inquadrato nel regime, al sagrestano ella Madonna della Tosse. Quanto ai comprimari, il maresciallo Cosentino e i suoi assistenti, Caputo e Carrisi. Il maresciallo Cosentino attira immediatamente le nostre simpatie, con quella sua aria un po’ apparentemente distratta, svagata, sorniona, alla Maigret o alla Colombo, ma in realtà è un’anima tormentata. … …  
La donna è sempre una sorpresa, nel senso che si presenta sotto una certa luce e poi si rivela tutt’altro. Ne “La ragazza dello scambio” aspettatevi grandi sorprese da Fedora, aspettatevele da Annita, la levatrice, che, per la sua professione dovrebbe essere un’anima candida, disinteressata; aspettatevele dalla ragazza dello scambio che, alla sua prima comparsa, a Idamo e al lettore sembra, se non una Madonna, una figura angelicata e angelicate. Ma, ve lo ripeto, bisogna arrivare alla parola fine.

Due parole, … per l’aspirante fidanzata di Idamo, Lisa, figura costruita in modo quanto mai realistico. ... Innamorata, e molto, di Idamo, paziente fino all’incredibile nell’attendere una decisione del suo medico, ma quanto mai ritrosa nel concedere la sua intimità fisica, conquista la comprensione del lettore. Nello stesso tempo, però, la perde per quella cieca fiducia e obbedienza a monsignor Raspini, il cui verbo ascolta, metabolizza e predica come fosse Vangelo, senza fermarsi a riflettere con la propria testa e a Mussolini, al punto che non capirà la scelta finale di Idamo. Zia Ida, invece, si merita assolutamente qualche osservazione in più. Ognuno di noi ha o ha avuto a che fare con una zia Ida, se sia una grande fortuna o una immane iattura decidetelo voi. Ida ha trasmesso al nipote due cose importanti: il nome e, ve l’ho detto, la fissa per le indagini.


La vediamo chiamare il nipote, in un eccesso di affetto (regressivo), Idamino o “Nanni”, momenti in cui il nostro si infuria. Zia Ida si è installata in casa del nostro per assisterne la madre malata (la sorella maggiore) nell’ultimo periodo della sua vita e non se n’è andata più, sentendosi in dovere di accudire il nipote, ormai adulto, con le attenzioni dovute a un bambino. Lo avete senz’altro capito dalla sua passione per le indagini: il lato più rilevante della sua indole è la curiosità; è un’impicciona incorreggibile, che soffre le pene dell’inferno se non riesce a sapere tutto di tutti, ma, tranquilli, in un modo o nell’altro, ci riesce sempre alla grande. Prima di tutto si impiccia della vita di Idamo, per il quale è un po’ un boa coscrictor, lo soffoca con le sue interferenze puramente materiali, per esempio esortandolo a portare la maglietta di lana sulla pelle, a mangiare sano e regole psicologiche, per esempio, caldeggiando il suo matrimonio con Lisa. Si occupa poi di tutti i fatti del paese e per questo compie ogni giorno estenuanti giri per i negozi al fine di raccogliere pettegolezzi e ha una rete di informatori che nulla ha da invidiare ai servizi segreti più organizzati. Per questo è utilissima al nipote nelle sue indagini e, pensate, perfino il maresciallo Cosentino, nei momenti di stallo dell’inchiesta, ricorre a lei. Ma anche Ida, e come potrebbe essere altrimenti, ci riserva una sorpresa eccezionale. Lei, che pare interessata solo alle chiacchiere più futili, al momento opportuno si rivela estremamente concreta, impegnata e preoccupata nel modo più fattivo nelle cose che veramente contano, coraggiosa fino all’eroismo.

Non posso non richiamare la vostra attenzione su alcuni brani indimenticabili, pagine di vera e propria poesia. Faccio solo tre esempi, per invitarvi a una caccia al tesoro che si rivelerà, statene certi, quanto mai fruttuosa. Vi ricordo la descrizione di un paesaggio immerso nella nebbia, poi la scena della camera del protagonista immersa nel buio, che gli fa ritornare alla mente quando, da bambino, d’estate, era costretto al riposino pomeridiano e si divertiva a osservare le ombre proiettate sulle pareti attraverso gli scuri, immaginandosi storie e personaggi fantastici. Una sorta di mito della caverna. Ancora, una scena a metà tra il romantico, il sensuale, il malinconico, l’ironico, quella in cui è descritto un incontro, l’ultimo tra Idamo e Fedora nell’appartamentino della donna. Mi ha ricordato un brano famosissimo de “La camera azzurra” di Simenon, ma direi che Oscar ha creato un’atmosfera più varia, più completa, più complessa.

Concludo con la solita notazione formale sulle similitudini. Sono, come sempre, originalissime, accostano due termini che, all’apparenza, non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro. Per la maggior parte sono improntate a un tono altamente, intelligentemente ironico.

Il petto sembrava cercasse di straripare dal corsetto come un dolce che lievita dal forno (Pag. 159)
I bottoni avevano ripreso a saltare come tappi di spumante (Pag. 192)
S’appostava, laido, con la bava alla bocca, peggio dei cacciatori al capanno, ma di passere non ne beccava manco una (Pag. 41)
Assaporava la maldicenza come fosse una tazza di tè bollente ben zuccherata (Pag. 48)
I capelli lunghi, scuri galleggiavano come alghe lacustri (Pag. 127)
Lo sollevò tenendolo tra il pollice e l’indice scostato dal corpo, come la fetida carogna d’un topo (Pag. 189)
Declamava il suo nome come fosse un’ode del Foscolo (Pag. 240)
Passava inosservata come un frate in convento (Pag. 262)

Carmen Claps

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