Rubrica letteraria
Il
gufo giallo
recensioni di
romanzi gialli
Libro n.
52
La pista di ghiaccio.
Roberto Bolaño
Sellerio
Un
noir melo’, come dire: "non esiste"!
Un noir
di stile barocco dal gusto spagnolo. Già questa classificazione, subito dopo che l’ho fatta,
mi ha lasciato perplesso, eppure amo i retablo e la loro ridondanza! Le sublimi capacità narrative di Bolaño non si discutono, ma se questo è un noir,
io sono una sibilla! A volte le operazioni marketing mi sembrano veramente distruttive: che bisogno c'era di ficcare questo eccelso autore nel noir? Chissà se era d'accordo!
La trama,
per grandi linee. Un amore, che trascina alla perdizione, per una donna
imprendibile e conturbante (ma non dark lady), una truffa e un crimine assurdi o futili; due
balordi (border line direi); l'inchiesta; e sotto tutto e tutti il gorgo risucchiante di un
destino incerto. Su questi elementi, strutturali del genere noir, tracciati con maniacale
calligrafia per rendere più ironica la futilità dei moventi e l'inconsistenza delle
personalità in campo, interviene il tocco leggero e sapido di Bolaño. Ma la sua vocazione di
raccontare la vita "di traverso" usando la maschera dell'invenzione, del paradosso minimalista e del sottile gioco
intellettuale, della ridondanza di particolari, nel noir non mi paiono funzionare. Gli elementi del noir vengono smontati e rimontati seguendo un
metodo che si potrebbe dire cubista, nel tentativo di rappresentare la
vicenda in una sequenza di quadri ognuno mostrato con una specie di
simultaneità di visione. La sovrapposizione delle scene e la troppa ricchezza, barocca nel descrivere le situazioni e nel dettagliare i comportamenti, smorza la suspense.
Il libro istintivamente, lo avrete
capito, non mi è piaciuto molto, ma l'ho affrontato come un noir, dopo
questa lettura sento il desiderio di risentire la voce di questo autore in altri
generi, però. Mi sono infatti convinto che il noir non sia adatto al suo registro narrativo:
alla fine mi è sembrato più melo’ che noir! Mi ha ricordato, ahimé, il film "Prosciutto, prosciutto" di J.J. Bigas Luna. Che tra l'altro non mi piacque!
Non posso però ignorare l’originalità
nel modo di narrare, anche se non troppo lineare e con eccesso di ornamenti psicologici.
Il racconto è in prima persona, dalla voce di tre diversi personaggi, che non
danno una diversa versione della stessa vicenda, ma raccontano, con il loro punto
di vista, la parte di storia che li riguarda. Uno stratagemma originale, interessante, ma poco utile al noir.
La scelta dei caratteri è molto curata.
E’ rappresentata una vasta gamma di umanità, dagli emarginati, ai politici,
agli aspiranti scrittori, ai villeggianti con una bella differenziazione anche
tra i personaggi maschili e femminili. L’atmosfera sembra (ma lo è!) creata da
un sognatore. E’ detto subito (si sa!) che c’è stato un omicidio, ma non
interessa veramente capire il movente, interessano
di più le relazioni tra i personaggi, la solidarietà che si instaura, i
sentimenti buoni o cattivi che condividono.
La suspense, tra anticipazioni, cambio d'angolazione e commenti
da dietro le quinte, è la vera vittima di questo racconto.
Alla fine è un puzzle incompiuto:
i pezzi ad incastro lasciano aperte varie (troppe) possibilità, non
chiudono anzi rimandano ad un seguito: per un noir questo è un grosso limite.
Voto ***1/2/5
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