domenica 6 gennaio 2013

Il gufo giallo (52)



Rubrica letteraria

Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
Libro n. 52

La pista di ghiaccio.     
Roberto Bolaño
Sellerio

 

 

Un noir melo’, come dire: "non esiste"!

Un noir di stile barocco dal gusto spagnolo. Già questa classificazione, subito dopo che l’ho fatta, mi ha lasciato perplesso, eppure amo i retablo e la loro ridondanza! Le sublimi capacità narrative di  Bolaño non si discutono, ma se questo è un noir, io sono una sibilla! A volte le operazioni marketing mi sembrano veramente distruttive: che bisogno c'era di ficcare questo eccelso autore nel noir? Chissà se era d'accordo!

La trama, per grandi linee. Un amore, che trascina alla perdizione, per una donna imprendibile e conturbante (ma non dark lady), una truffa e un crimine assurdi o futili; due balordi (border line direi); l'inchiesta; e sotto tutto e tutti il gorgo risucchiante di un destino incerto. Su questi elementi, strutturali del genere noir, tracciati con maniacale calligrafia per rendere più ironica la futilità dei moventi e l'inconsistenza delle personalità in campo, interviene il tocco leggero e sapido di Bolaño. Ma la sua vocazione di raccontare la vita "di traverso" usando la maschera dell'invenzione, del paradosso minimalista e del sottile gioco intellettuale, della ridondanza di particolari, nel noir non mi paiono funzionare. Gli elementi del noir vengono smontati e rimontati seguendo un metodo che si potrebbe dire cubista, nel tentativo di rappresentare la vicenda in una sequenza di quadri ognuno mostrato con una specie di simultaneità di visione. La sovrapposizione delle scene e la troppa ricchezza, barocca nel descrivere le situazioni e nel dettagliare i comportamenti, smorza la suspense.

Il libro istintivamente, lo avrete capito, non mi è piaciuto molto, ma l'ho affrontato come un noir,   dopo questa lettura sento il desiderio di risentire la voce di questo autore in altri generi, però. Mi sono infatti convinto che il noir non sia adatto al suo registro narrativo: alla fine mi è sembrato più melo’ che noir! Mi ha ricordato, ahimé, il film "Prosciutto, prosciutto" di J.J. Bigas Luna. Che tra l'altro non mi piacque! 

Non posso però ignorare l’originalità nel modo di narrare, anche se non troppo lineare e con eccesso di ornamenti psicologici. Il racconto è in prima persona, dalla voce di tre diversi personaggi, che non danno una diversa versione della stessa vicenda, ma raccontano, con il loro punto di vista, la parte di storia che li riguarda. Uno stratagemma originale, interessante, ma poco utile al noir.

La scelta dei caratteri è molto curata. E’ rappresentata una vasta gamma di umanità, dagli emarginati, ai politici, agli aspiranti scrittori, ai villeggianti con una bella differenziazione anche tra i personaggi maschili e femminili. L’atmosfera sembra (ma lo è!) creata da un sognatore. E’ detto subito (si sa!) che c’è stato un omicidio, ma non interessa veramente capire il movente, interessano di più le relazioni tra i personaggi, la solidarietà che si instaura, i sentimenti buoni o cattivi che condividono.

La suspense, tra anticipazioni, cambio d'angolazione e commenti da dietro le quinte, è la vera vittima di questo racconto.

Alla fine è un puzzle incompiuto: i pezzi ad incastro lasciano   aperte varie (troppe) possibilità, non chiudono anzi rimandano ad un seguito: per un noir questo è un grosso limite.

 

Voto ***1/2/5


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