Le armi assassine del
‘400
(parte II: le armi da getto)
Uccidere a
distanza era certo preferibile. Vedere
la propria vittima vomitare schiuma non era bello spettacolo. Per agire
a debita lontananza i mezzi (a parte assoldare un sicario fidato) non erano molti
erano due: la balestra o l’archibugio. No, l’arco no! Scomodo e impreciso, mica
tutti erano abili come Robin Hood!
Balestra a martinetto
La Balestra a leva, arma di
rilievo nella sua categoria, è forse una delle balestre con gittata più lunga,
superata solo dalla balestra da posta, migliore però essendo più leggera e
facilmente trasportabile. Usabile anche da cavallo.
Appare alla vista come una
normale balestra: il teniere è in legno di Ciliegio, il più usato nel campo
della creazione di armi da lancio, spesso e longilineo, lievemente più pesante
rispetto a una balestra a mano, ed è decorato da piccoli motivetti floreali sui
fianchi, rendendo piacevole la balestra anche alla vista. La noce è ben fissata
al meccanismo di scocco, attentamente testata e migliorata in prontezza; la
staffa, forgiata dalla sapienza dei Mastri Fabbri come ogni altro oggetto
metallico utilizzato, è lievemente più piccola, essendo non fondamentale nel
caricamento.
Il caricamento, è l’innovazione
dell’arma: l’archetto, molto più rigido e spesso, non permette all’arciere di
tirare a se la corda, con un diametro di quasi due millimetri e mezzo, per
farla passare nella noce: allora vi si aggancia il martinetto.
Esso è composto da una
cremagliera (metallica, con superficie dentellata), una manovella per tirare
quest’ultima, un cappio per fissare il tutto, ed un gancio per fissare la
dentellatura alla corda. Facendo girare la manovella, la cremagliera si tira
verso l’arciere, tirando con essa la corda, fino al noce. Sfilando poi il cappio
dal teniere, si fissa la corda al noce, e si è pronti allo scocco. Questa è
l’unica pecca di quest’arma, che impiega un notevole tempo per il caricamento.
Archibugio
L'archibugio può essere considerata la prima vera arma
da fuoco portatile capace di garantire una certa precisione nel tiro.
Evoluzione del più primitivo e pericoloso scoppietto, anche noto come
"cannone a mano" (handgun in lingua inglese), l'archibugio
trovò poi sviluppo nel moschetto, dando origine al fucile quale oggi lo
conosciamo.
Arma ad avancarica, a canna liscia, di calibro
compreso tra i 15 ed i 18 mm, l'archibugio aveva una gittata utile limitata a
circa 50 m a causa dei rimbalzi che il proiettile subiva contro le pareti della
canna liscia e che imprimevano a quest'ultimo una traiettoria piuttosto
erratica.
Il termine "archibugio" (hacquebuche
in lingua francese), intrusione delle parole "arco" e
"buco", deriverebbe dal vocabolo in lingua olandese hake-bus
("scatola con uncino").
Come sistema di accensione
ha un meccanismo a miccia: sul lato
destro dell'arma si trovava la piastra di sparo dove alloggiava il meccanismo
formato da uno scodellino (una sorta di piccolo imbuto metallico comunicante
con la culatta della canna) e da una serpentina (una sorta di uncino metallico
che sosteneva la miccia a lenta combustione) chiamata così per via della forma
a serpente (non di rado la
serpentina era decorata per ricordare la testa di un serpente o di un drago).
(II-segue)
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