lunedì 19 maggio 2014

Interviste impossibili (III)


Il lato oscuro del delitto
Interviste improbabili
sui lati noir della linea d’ombra


Intervista n. 1
 

Zio Edgar
New York 1845, quartiere Greenwich Village. Sono atteso al secondo piano di una palazzina di calce slavata: due corpi squadrati a tre livelli sfalsati che trasmettono ansia. Affronto i cinque scalini esterni con affannata emozione. Salgo altre scale, nella penombra m’assale sentore di muffa e di chiuso. Sulla soglia un giovane stempiato vestito di nero. Fronte spaziosa, da cui si diffonde pallore, su un’espressione scettica, forse ostile. Il sopracciglio destro è aggrottato: mi sta studiando con una punta di sospetto. Gli avevo chiesto l’appuntamento dichiarando d’esser una specie di nipote: è parecchio più giovane di me, anche se ha un aspetto “vissuto”.
Senza profferir parola mi introduce in un salotto trasformato in studio. Sulla scrivania un corvo impagliato e un libretto sgualcito dal titolo The Raven, appunto. Sorrido e indico l’uccellaccio nero, cercando nella memoria un appiglio per avviare, non dico l’intervista, ma almeno un dialogo.
<< Bellissimo! “Una volta, a mezzanotte, mentre stanco e affaticato meditavo sovra un raro, strano codice obliato, …” >>
Storse la bocca disgustato, alzando il palmo della mano.
<< Lei recita da cane! Meglio chiacchierare ma … non provi a chiamarmi “zio”! Cosa vuole sapere del mio poema? >>
S’era rotto il ghiaccio, ma si partiva male.
<< Veramente non sono qui per Il corvo, ma per Auguste Dupin! >>
Mi scrutò severo e sorpreso.
<< Il cavaliere! Ne è sicuro? E … in particolare per quale storia? >>
Azzardai.
<< La lettera rubata. >>
Annuì. Sembrava dispiaciuto.
<< Non so se essere contento. E’ la prima volta che qualcuno mostra interesse per il mio lato destro, ma già lei viene dal vecchio continente: lì queste cose attecchiranno. Dopo che ho pubblicato  Il gatto nero mi hanno chiamato folle; ma non parlavano proprio di me … è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell'intelletto, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione della mente a spese dell'intelletto in generale … Scusi, non voglio farle perdere tempo. Le mando la persona giusta: colui che può parlare del mio lato enigmatico. >>
Uscì furtivo. Sentii dei fruscii, dei rumori sordi, arrivare, con echi cupi, dall’altra stanza. Dopo un paio di minuti ritornò. Non lo riconoscevo. Qualcosa era cambiato nella sua espressione: Edgar era diventato rassicurante! Quasi sorrise. Un sorriso da cavaliere.
  
<< Ordunque; vuole che le parli del Cavaliere Dupin? Come mai? >>
<< Sa, per me è importante risalire alle origini, al padre di tutti gli investigatori. Io scrivo gialli e … >>
<< “Gialli”? Che significa? >>
Che stupido, ci dividevano 166 anni e lui che ne poteva sapere dei Gialli Mondadori! Sorrisi mellifluo.
<< E’ un modo di dire per indicare le storie misteriose con delitto. Da noi   questi libri si stampano con la copertina gialla, sa per riconoscerli … >>
<< Per indicare che sono pericolosi, come una nave con la peste a bordo? >>
<< No, no per venderli meglio! Ma parliamo di Dupin. Come le è venuto in mente un personaggio così interessante? >>
<< Interessante? Auguste Dupin è povero, triste e … francese! >>
<< Sì, ma cavaliere; dall'ingegno fertile e pronto a risolvere i più intricati misteri. A lui s’interessano illustri studiosi ed anche scrittori: se lo tenga caro, glielo copieranno di certo! … >>
Stavo parlando troppo, il pensiero m’andò alla macchina del tempo parcheggiata all’angolo col motore ipertrionico pronto a scattare, ma ormai non potevo sottrarmi, non ero passato inascoltato.
<< Studiosi illustri? Per quale motivo? >>
Freud e Lacan non erano ancora nati, che rispondere? Dribblai.
<< Li attira l'ingegno di Dupin. Del resto l’ha detto e scritto proprio lei: il cavaliere è di carattere puramente analitico e il suo ragionamento ha stile matematico dove deduzione e induzione si alternano al senso preciso dell'osservazione. Auguste è capace di destreggiarsi con grande abilità anche dove la polizia non riesce a trovare soluzioni … >>
Il baffo destro (tutti e due in pratica) gli tremò.
<< Io? No, non l’avrei mai chiamato Auguste! Non do mai troppa confidenza ai miei personaggi. E poi, sotto, sotto, è un presuntuoso. Vuole avere sempre ragione e non ti spiega le cose se non alla fine … in nome della sua intuizione! >>
<< E’ per questo che il suo acume piace tanto! >>
<< Acume, senso dello spazio, ma se è solo un pignolo saccente e presuntuoso! >>
Come avrei voluto dirgli che Sherlock Holmes era peggio! Stavo per rispondere una banalità, ma qualcuno bussò due volte alla porta. Un poliziotto grande, grosso e rubizzo sbuffava.
<< Di chi è quel velocipede d’ottone, che ingombra il marciapiede all’angolo? >>
Cavolo, pagare una multa, con interessi legali, dopo 166 anni mi avrebbe rovinato! Dovevo sganciarmi. Mentre uscivo salutando schivo, vidi un altro giovane affiorare dalla penombra del corridoio. Completamente stempiato, la bocca serrata e lo sguardo triste, con gli occhi per l'ingiù, sofferente come fosse stato vittima di un terribile incubo notturno.
Mi fissava impaurito; nei suoi occhi lampi di terrore squarciavano le pupille: viveva d’incubi e di lunghe interminabili notti bianche. Scossi la testa inquieto. “Non può essere!” Doveva essere lui quello che aveva scritto Il pozzo e il pendolo! Ma allora in quella casa maledetta erano in tre: il poeta, il giallista e lo scrittore di terribili misteri horror!

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