giovedì 27 febbraio 2020

Il Gufo giallo (129)


Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli

Giudizio n.  126

La Gang del pensiero 
     Tibor Fischer
Marcos Y Marcos


Una banda scalcinata che stende il lettore

 

"Il gioco è bello quando dura poco!". Sono convinto che per divertire il lettore  occorra una giusta dose di battute (ironiche, ciniche, sarcastiche o altro), inframmezzate da brani di narrazione pacata, carica di suspense o semplicemente evolutiva. A discrezione e gusto dell'autore.  Credo, soprattutto, che occora evitare l'autocompiacimento. Non sopporto quelli che fanno battute e subito ci ridono sopra da soli!

 

In questo romanzo si cerca tenacemente (con spremimento doloroso delle meningi) e con compiacimento, di superare, in frequenza di battute, Woody Allen. In frequenza Tibor Fischer ci riesce, in sapidità meno. E poi Woody è "universale" nel toccare i nervi sensibili della psiche umana... mica pretende di scomodare Aristotele o Zenone!

Confesso che all'inizio la sua ridondanza ti colpisce come aprire una pentola dove c'è della curcuma con abbondante cumino; un po' stupisce anche (ma che ganzo!), ma col procedere del racconto già a pagina trenta qualche ripetizione ti ha stancato.

 

 

Per altri versi mi ha richiamato Hap e Leonard di Lansdale, ma questi due "amerikani" (Steve McQueen docet!) sono più consapevolmente negativi e, alla fine, per naturale conseguenza, anche molto più positivi.

Procedendo nella lettura. A pagina cinquanta ho cominciato a innervosirmi. A pagina settanta, quando il filosofo (Eddie) in sbando morale  incontra il fuorilegge (Hubert) sfigato, le cose sono già messe parecchio male: ti può prendere la voglia di passare un po' di Front Line Combo sulle pagine per togliere quelle pulci fastidiose. Ma poi il gatto che dice?

A pagina novanta, dopo un po' di azione, già m'ero riconciliato, ma stavo all'erta.  Sono tornato indietro per cercare di capire il meccanismo d'innesco delle battute: ho colto solo un abile gioco (molto tecnico) di assonanze e dissonanze linguistiche, altro non so dire.

La trama non sarebbe poi tanto male, ma per non produrre antipatici spoiler non dirò niente.

Devo però evidenziare, questo sì, che c'è un eccesso di compiacimento nell'uso della teoria,  della struttura logica e degli aforismi della filosofia per sottolineare le motivazioni, vane e autoassolventi, del protagonista ed alcuni eventi della normalissima (a parte i due soci disastrati mentali) vicenda. In queste parti, a volte lunghe diverse pagine occorrerebbe un dottorato in filosofia per poter capire a fondo le battute: allora il compiacimento dell'autore fa veramente venire il nervoso... capite? Se la ride da solo!

La colpa non può che essere dell'editore! In seconda di copertina è riportata questa frase:

"Hubert si è sistemato la chioma, si è infilato gli occhiali da sole e si è rimirato nello specchietto retrovisore. 'Questo è l'illuminismo, e che cazzo!'".

"Esticazzi!" (direbbe Rocco Schiavone): seconda di copertina, non so se vi rendete conto! Non aggiungo altro.

In conclusione a qualche lettore farà venire l'orticaria, a qualche altro piacerà da morire... a me che sono ortodosso (riguardo al noir) provoca solo un po' di prurito qua e là!

 

Voto 3/5

 

 


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