giovedì 3 dicembre 2020

Un romanzo sui labirinti

 

I labirinti di
ΕΙΚΟΝΕΣ
 
il labirinto della medusa
éffigi editore






NEL LABIRINTO DEI LABIRINTI

postilla tardiva ma necessaria alle recensioni di EIKONEƩ



Tempo fa, in epoca pre Covid, dopo la proiezione del film Shining, da me proposta in un ciclo "culturale", uno dei partecipanti mi ha chiesto che ne pensavo della presenza del labirinto nel film.
Il tipo, che ben conosco, sapeva di toccarmi un nervo scoperto! Nel mio romanzo  EIKONEƩ ( uscito qualche annofa ma rieditato a settembre da éffigi) il tema del labirinto è talmente importante che credo meriti più che una risposta: una postilla,  ancorché tardiva... a maggior ragione postilla è!
 

Prima una precisazione, che è anche una parziale risposta alla domanda postami. In psicanalisi, il labirinto è uno dei tanti simboli dell’inconscio: il diretto interessato ci si perde senza scampo; invece, chi lo osserva dall’ esterno, possibilmente dall’alto, può studiare il tutto con calma, con freddezza. E’ un po’ come Ariosto (e il suo lettore), che si diverte a osservare e a commiserare i miseri mortali che si affannano e si rincorrono vanamente nel magico castello di Atlante.


Confesso di essere un fanatico dei labirinti: un dedalo maniaco! In  EIKONEƩ il motivo del labirinto accompagna il lettore (lo incalza) passo dopo passo per tutta la vicenda. Ho cercato di trattarlo in modo didattico, in sottofondo, sempre vario, quindi cercando di non annoiare il lettore, anzi interessandolo e sorprendendolo sempre. Il labirinto compare subito nelle primissime pagine: Corto, il  protagonista, sta raccontando al suo amico Fathim dell’ultimo caso, dell’ultimo mistero in cui è attualmente coinvolto e la butta lì come per caso, come fosse una delle tante efficaci immagini cui il nostro autore ci ha abituato: “Mi ero ficcato in una specie di labirinto. Facile entrare: non me ne ero accorto nemmeno. Quando avevo capito d’ esserci dentro era tardi per uscire: ora che mi ero perso, avrei ritrovato la via d’uscita solo ritornando indietro, fino all’inizio. Soprattutto dovevo capire quando avevo varcato l’ingresso” (p.12).


In quel momento, il lettore non sa (non deve ancora sapere!) ancora di trovarsi  di fronte al tema cardine del romanzo. Posso dire che praticamente ogni colpo di scena, ogni momento significativo della vicenda è sottolineato dalla presenza del labirinto. Questo elemento sia portatore, sia occasione, sia simbolo di eventi infausti o criminosi, così come ne  L’oro degli aranci (Mio romanzo precedente) lo è la spirale. Dove c’è il male c’è il labirinto, dove c’è il labirinto c’è il male. Intanto, il lettore ha conosciuto il labirinto più insidioso, quello psicologico, quello di cui Corto sente prigioniere le sue facoltà intellettive da quando ha intrapreso quell’indagine e dal quale sa benissimo che potrà uscire solo risolvendo il complicatissimo caso in cui si è imbattuto, un caso, se vogliamo, “a labirinto” perché ha mille direzioni, mille vie e trovare la soluzione, l’uscita sembra impossibile. Su questo gli danno consigli molto profondi due amici. Il primo è Fathim, che, per uscire dal labirinto, gli suggerisce letteralmente un colpo d’ala: “Corto, è troppo tempo che non voli. Tu sei un albatros, devi raggiungere i gabbiani, andare ancora più in su, volare più in alto di loro. Dall’alto vedrai tutta la foresta, dominerai il labirinto e non sarai più confuso. Corto, vola!” (p. 229). A proposito, Fathim è strettamente collegato al motivo del labirinto, infatti, grazie alle sue acute osservazioni e domande in merito al caso, insomma al suo metodo un po’ “maieutico” Corto può dirgli a buon diritto: “Tu sei il mio filo di Arianna”. Il secondo è un maestro sufi, che si rivolge a lui con toni molto elevati, tipici di un asceta: “A te non interessa l’oro, vuoi solo la verità. La verità è la chiave per aprire la porta che ti farà uscire dal labirinto” (p.304.


I labirinti sono diversissimi l’uno dall’altro per età di costruzione, per finalità, per materiale, per collocazione geografica e per dimensioni. cerco di dare, senza cjhe il lettore , preso dalla vicenda, se    ne accorga, una lezione memorabile sul labirinto, per  dimostrare che da sempre l’uomo ha nei suoi pensieri, nelle sue fantasie, nei suoi incubi questo elemento.
Nel romanzo, il primo labirinto che incontriamo è quello ai giardini Puskin di San Pietroburgo, un labirinto fatto di siepi di bosso. Corto è a San Pietroburgo per conto del suo capo per verificare lo stato di una nave, l’Eikon, che il Gentileschi intende acquistare. Corto lo visita insieme ad Anhja , enigmatica guida russa e Rampino, altrettanto enigmatico ex ladro greco (ma sarà poi davvero ex?).  Dovrebbe bastare la vista di un labirinto per evocarne  un altro al lettore e anche al protagonista. Infatti, appena si trova davanti agli occhi quel labirinto di siepi, subito rivede nella mente il labirinto gelato del film “Shining”, in cui è ambientato quell’angosciante inseguimento. Anhja ci mette del suo: racconta un episodio accaduto in quel labirinto Puskin.  Vi dico solo che c’è anche un riferimento al secondo labirinto di Kubrick: i lunghi corridoi dello sconfinato e desolato hotel Overlook, in Colorado, ma anche il giardino dove i protagonista muore "surgelato"!.

C’è un labirinto meno angosciante, anzi,  decisamente poetico ed è quello formato dalle stradine di Lucca, che noi vediamo animarsi nelle ore mattutine, nei tempi passati per bocca del nonno di Corto e attualmente da Corto stesso.
Purtroppo la sosta è davvero breve: nel romanzo il labirinto ha sempre la solita accezione inquietante, angosciante e non potrebbe essere altrimenti. Siamo sempre a Lucca, ma non è più l’atmosfera attiva, quasi gioiosa del risveglio: è un mezzogiorno assolato, assonnato. Corto è stato convocato, con il suo secondo, Joseph Perinod, dal grande capo Gentileschi, come sempre prima di una crociera importante, per le raccomandazioni di rito.


In piazza San Martino, assiste all’agonia di Rampino, che muore accoltellato, ma ha giusto il tempo di avvinghiarsi a una colonna del porticato e di fare misteriosi segni con il suo sangue su un labirinto che è tracciato su di essa. Un piccolo labirinto, ma sempre in luogo sacro, come quello ben più grande della cattedrale di Chartres.

Di tutt’altro genere è il labirinto in cui Corto si perde e si rifugia nello stesso tempo ad Istanbul ai cantieri Tuzla, dove si è recato per fare indagini sulla morte di Rampino. Questo è un labirinto che si è formato del tutto casualmente per l’ammasso di containers.  Nel labirinto Corto si perde, anche perché la scena si svolge in piena notte (è una scena ad altissima tensione, nello stile del miglior poliziesco) però questo labirinto, in qualche modo, gli serve anche come via di fuga, grazie anche al provvidenziale intervento di un misterioso guerriero ninja, che gli salva la vita dall’aggressione di quattro energumeni.


Ma a Istanbul c'è anche il dedalo sotterraneoche dalla Grande Cisterna (quella di 007 dalla Russia con amore) va a finire e si sviluppa sotto il Gran Bazar...


Da un labirinto “contemporaneo” al labirinto per antonomasia, cioè a quello di Creta, dove Corto accompagna i suoi croceristi. L’esperto in archeologia di turno, un professore naturalmente tedesco, smitizza senza pietà quel labirinto: ci spiega che non era una costruzione intenzionale, ma edifici via, via eretti intorno alla reggia, che erano diventati una sorta di alveare, edifici attorno ai quali era diventato un problema orientarsi. Da qui l’idea del labirinto. C’è, invece, un labirinto nelle grotte di Gortina e Corto si trova a dover esplorare anche questo: altra scena mozzafiato, con il nostro che corre i suoi bravi rischi. Sono ritornato a Gortina nel 2017, le grotte erano state chiuse per motivi di sicurezza: diverse persone erano entrete senza più uscire...
Nel frattempo, non dimentichiamo mai il tarlo del protagonista, cioè quello di scoprire quando è entrato nel suo personale labirinto, perché sa che solo risalendo a questo potrà trovare la via d’ uscita.

Per offrire un panorama il più completo possibile sui labirinti, ho citato, en passant, Hedge Maze, il labirinto che si trova ad Hampton Court, dedicato a Guglielmo d’Orange che, con i suoi più di 200.000 mq., è il più grande d’Europa.

Converrà, prima di proseguire nell'autocelebrazione, ricordare e far vedere il "Labirinto della scienza"!
Un ultimo labirinto attende il nostro protagonista, appunto quello in cui si scioglie l’enigma, sono i sotterranei di Istanbul.  Una volta raggiunto il labirinto l’atmosfera e, di conseguenza, il tono cambia totalmente: non si scherza più. Occhi sgranati, orecchi tesi e poi agguati, inseguimenti, coltellate, speranze, delusioni, come sempre colpi di scena e non si può interrompere la lettura fino alla conclusione dell’episodio. Proprio nei sotterranei di Istanbul si chiarisce il mistero; Corto risale finalmente al momento in cui è entrato in quel maledetto labirinto e, quindi, può dire: “Ero finalmente uscito dal labirinto”. Lo dice certo con un sospiro di sollievo, ma, ripensando a tutta la vicenda, anche con una certa amarezza. Significativamente e non a caso, da questo momento in poi, nelle le poche pagine che ci separano dalla parola fine, non si incontra più l’immagine costrittiva ed angosciante del labirinto, se mai quella infinita e libera del mare, l’elemento naturale per il nostro skipper: Corto finalmente “E’ tornato a casa”.
FINE








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