mercoledì 23 novembre 2011

La povincia liquida (I)


La provincia liquida

Analisi semiseria, forse irriverente, in tre puntate, del lato oscuro della provincia italiana. Un luogo dove avvengono terribili delitti, ma le ferite si rimarginano molto alla svelta; dove il tempo non gioca a favore degli investigatori, dove gli eventi fluiscono senza sosta …

 (parte I)


Ho le mie colpe e anche le mie croci, come tutti i giallisti. I miei romanzi ambientati in provincia mi spinsero a coniare il termine soft boiled per definire il mio genere. A questa mia colpa ne ho aggiunta una molto più appariscente: ho scritto, per la Romano editore, un romanzo dal titolo: Una tranquilla provincia criminale. Ossimoro inquietante che stimola curiosità perverse. La croce che ne deriva è pesante. Quando faccio presentazioni in pubblico o in TV, è ormai scontato  che mi si chieda cosa pensi dei delitti di provincia o, tout court, della provincia criminale. Per poter sperare d’espiare, devo formalizzare meglio una risposta articolata. Facciamo allora la lista dei casi a cui intendo riferirmi:

Cogne (2002) condannata la Franzoni

Erba (2006) condannati Olindo e Rosa

Garlasco (2007) assoluzione di Stasi

Perugia (2007) assoluzione Amanda e Raffaele

Potenza (2010) condanna per Restivo

Avetrana (2010) in attesa di giudizio: tutti fuori, per ora.

Brembate (2010) s’indaga, dicono.

Ascoli (2011) in attesa di giudizio: lui va in tv!

Armi dei delitti: mani nude, coltelli o mazze (quando sono state individuate, se no genericamente: corpi contundenti). Non sono tutti, sono solo quelli più seguiti dai media, terribili spezzoni di storia della provincia criminale italiana. Le vittime, due bambini e nove donne; nessun uomo: inquietante statistica. Non li riassumerò, la lista serve solo ad illuminare il contesto. Credo che tutti ricordino bene i fatti e quello che è successo durante le indagini e i processi.

Per prima cosa voglio solo evidenziare alcuni pregiudizi degli inquirenti che credo abbiano impedito, e ostacoleranno, indagini più efficaci.


La camera chiusa.

E’ un classico della letteratura gialla. Una sfida per gli autori, quando il mistero (per ideologia razionale) veniva risolto con la logica. Il primo esempio di enigma della camera chiusa è comunemente ritenuto il racconto di Edgar Allan Poe I delitti della Rue Morgue (1841). Da allora molti si sono cimentati, a volte con estensioni a tutta una casa o villa. Molti romanzi dell’epoca contenevano una piantina del luogo: veritava il delitto e permetteva al lettore di immedesimarsi. E’ nato anche un gioco da tavolo, Cluedo, ancora in voga tra i ragazzini.




Sul tavoliere è rappresentata la pianta di un appartamento. Bruno Vespa, da ragazzo, ce ne deve aver passato del tempo visto che, tra Cogne e Garlasco, ci ha intrattenuto per ore con modellini tridimensionali delle due villette dove si erano svolti i delitti. Ma qualche maligno sostiene che si è fatto consigliare da Umberto Eco (ne Il nome della rosa la piantina c’è!).
(1-segue)

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