La provincia liquida
Analisi semiseria, forse irriverente, in tre puntate, del lato
oscuro della provincia italiana. Un luogo dove avvengono terribili delitti, ma
le ferite si rimarginano molto alla svelta; dove il tempo non gioca a favore
degli investigatori, dove gli eventi fluiscono senza sosta …
(parte I)
Ho
le mie colpe e anche le mie croci, come tutti i giallisti. I miei romanzi
ambientati in provincia mi spinsero a coniare il termine soft boiled per definire il mio genere. A questa mia colpa ne ho
aggiunta una molto più appariscente: ho scritto, per la Romano editore, un
romanzo dal titolo: Una tranquilla provincia criminale. Ossimoro inquietante che
stimola curiosità perverse. La croce che ne deriva è pesante. Quando faccio
presentazioni in pubblico o in TV, è ormai scontato che mi si chieda cosa pensi dei delitti di
provincia o, tout court, della
provincia criminale. Per poter sperare d’espiare, devo formalizzare meglio una
risposta articolata. Facciamo allora la lista dei casi a cui intendo riferirmi:
Cogne
(2002) condannata la Franzoni
Erba
(2006) condannati Olindo e Rosa
Garlasco
(2007) assoluzione di Stasi
Perugia
(2007) assoluzione Amanda e Raffaele
Potenza
(2010) condanna per Restivo
Avetrana
(2010) in attesa di giudizio: tutti fuori, per ora.
Brembate
(2010) s’indaga, dicono.
Ascoli
(2011) in attesa di giudizio: lui va in tv!
Armi
dei delitti: mani nude, coltelli o mazze (quando sono state individuate, se no
genericamente: corpi contundenti). Non sono tutti, sono solo quelli più seguiti
dai media, terribili spezzoni di storia della provincia criminale italiana. Le
vittime, due bambini e nove donne; nessun uomo: inquietante statistica. Non li
riassumerò, la lista serve solo ad illuminare il contesto. Credo che tutti ricordino
bene i fatti e quello che è successo durante le indagini e i processi.
Per
prima cosa voglio solo evidenziare alcuni pregiudizi degli inquirenti che credo
abbiano impedito, e ostacoleranno, indagini più efficaci.
La camera chiusa.
E’
un classico della letteratura gialla. Una sfida per gli autori, quando il
mistero (per ideologia razionale) veniva risolto con la logica. Il primo
esempio di enigma della camera chiusa è comunemente ritenuto il racconto
di Edgar Allan Poe I delitti della Rue Morgue (1841). Da allora molti si
sono cimentati, a volte con estensioni a tutta una casa o villa. Molti romanzi
dell’epoca contenevano una piantina del luogo: veritava il delitto e permetteva
al lettore di immedesimarsi. E’ nato anche un gioco da tavolo, Cluedo, ancora
in voga tra i ragazzini.
Sul
tavoliere è rappresentata la pianta di un appartamento. Bruno Vespa, da
ragazzo, ce ne deve aver passato del tempo visto che, tra Cogne e Garlasco, ci
ha intrattenuto per ore con modellini tridimensionali delle due villette dove
si erano svolti i delitti. Ma qualche maligno sostiene che si è fatto
consigliare da Umberto Eco (ne Il nome della rosa la piantina c’è!).
(1-segue)
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