mercoledì 7 dicembre 2011

L'ombra di Maigret


DALLE UOVA ALLA COQUE

ALLA PIPA
passando per un Beaujolais





Un anno fa circa, dal televisore sintonizzato su un TG, dopo aver citato Perugia, Garlasco e (l'allora recente) Avetrana   udiì un commento “In questi delitti che avvengono in ambienti ristretti non bastano i RIS, ci vorrebbe anche Maigret!”. La frase , ovvia e anche un po’ banale, mi è ritornata in mente ieri, a sentenza per Garlasco già consumata. Sul momento me sono presa con gli inquirenti e la loro sciatteria, poi mi son messo a riflettere.
Come allora quella frasetta mi ha fatto sorgere un dubbio: quale tipo d’investigatore sarebbe più adatto? Dopo aver messo su (più di tre anni fa) e sostenuto un blog sul genere soft boliled, mi trovo costretto a confrontarmi con altri generi del giallo, poliziesco, hard boiled e classico nel tentativo d’individuare l’investigatore perfetto per i delitti della provincia italiana.
La provincia italiana, da tempo, si tinge di sangue. Le indagini ristagnano. Ci vorrebbe un investigatore speciale: Maigret. Perché no? La tesi da discutere potrebbe essere: Maigret sarebbe adatto per indagare nelle cittadine di provincia?
Dobbiamo esaminare diversi candidati. Procediamo per esclusione.



Sherlock Holmes, archetipo e modello dell’investigazione scientifica (si ricordi Umberto Eco), credo sarebbe sommerso dai troppi indizi. Le sue abduzioni (da lui impropriamente chiamate deduzioni) sarebbero subito bloccate per eccesso di dati. Quando ci sono troppe informazioni la fantasia non sposa l’immaginazione: per mancanza di spazio.
Poirot, modello dell’investigatore del giallo classico ce lo vedrei male a Cogne o a Garlasco. No, l’investigatore francofono lo escluderei, già è un po’ ridicolo di suo, non possiamo metterlo in situazioni così: poi dovrebbe tagliarsi i baffi per la vergogna!



 

Passiamo a Marlowe e all’hard boiled, per me comunque indigesto. Quando posso, mangio solo uova al tegamino (“affrittellate” come si dice in toscana), quelle sode mi sembrano cibo alieno, pasticche per astronauti, meglio, molto meglio, se alla coque.
Le metafore quando rivitalizzano le nostre conoscenze comuni hanno presa, come il modo di cucinare le uova: non posso fare a meno di parlarne. Il termine hard boiled nasce da un'espressione colloquiale. Per un uovo, essere "hard boiled" equivale ad essere sodo, duro e irrimediabilmente indigesto. Il classico detective del genere giallo hard boiled (come Sam Spade di Hammett o Philip Marlowe di Chandler), non si limita a risolvere i casi, come Poirot o Maigret, ma affronta i pericoli metropolitani e, con piacere da masochista, si fa coinvolgere in scontri violenti. Il detective hard boiled ha, infatti, qualche genoma di "duro". Questi importanti modelli, impudenti, freddi, irriverenti, cinici e a volte spietati, oggi non potrebbero sopravvivere più di un giorno fuori di una grande metropoli.
Il loro fascino, la loro capacità d’interazione violenta, formidabili fino a tutto il periodo della Guerra Fredda, si scontrerebbero col gretto quotidiano delle nostra provincia. Davanti al pragmatismo economico degli attori delle cittadine padane sembrerebbero fastidiosi, obsoleti, fuori moda nel modo di fare e in quello che dicono.
Un esempio. Vi ricordate? Lei lo guarda e commenta: “Siete alto”. Marlowe è pronto: “Non lo faccio apposta”. In due frasi il primo dialogo che s’incontra ne Il grande sonno. Quando lo lessi per la prima volta, nel secolo scorso, ne rimasi folgorato, adesso mi infonde tenerezza. Se poi lo penso svolgersi a Vigevano, con una piccola imprenditrice locale, mi sembra davvero ridicolo e forse anche penoso.
Rimangono il genere soft boiled e il poliziesco: Corto e Maigret.
Il genere soft boiled nasce nel mondo della globalizzazione, della flessibilità: il detective non può essere duro. Le sue caratteristiche? Rispettoso, emotivo, ironico o sarcastico (lo si capisce da quanto è in collera con l’assassino), determinato con una velatura, solo una nuance, di cinismo. Ironia, cinismo e curiosità, nel caso di Corto lo skipper detective che indaga nelle mie storie, sono caratteristiche evidenti perché è nato e cresciuto a Viareggio. Una vera e propria tara ereditaria.
Sicuramente saprebbe inserirsi nel tessuto sociale di un paese del retroterra della Versilia: Camaiore, Pietrasanta o Massa. In tempi brevi non saprebbe, né potrebbe farlo in Lombardia o nel Veneto. Problemi di lingua e di amici. Ma col tempo, chissà? In Versilia è radicato, sta bene. Le sue donne sanno cucinare alla perfezione e se è in mare c’è Pino, il cuoco di bordo, un vero maestro, soprattutto col pesce. Gli amici poi. Corto ha un sacco di amici: Geco, il Bestia, la Luisa, Ginko, Sughero, don Sesto, la Twina, Rodin,... tutti con soprannome certificato. Amici veri, di basso profilo sociale, con discutibile passato e futuro incerto, ma amici fidati, radicati nella cittadina e pronti a dare una mano. Maldestra, ma è pur sempre un aiuto.



Maigret ha dalla sua l’esser poliziotto (il suo genere è infatti il poliziesco): ciò comporta, rispetto a Corto, vantaggi e svantaggi. Ha il potere, ma trova nelle persone qualche chiusura in più. Sa però parlare con la gente, sondare gli animi ed è anche lui, pur con qualche accento autoritario, terribilmente curioso. Quando indaga in provincia, parte da Parigi e ci si trasferisce, s’intrufola, s’immischia, domanda, osserva, chiede... come Corto e i suoi amici. Maigret però è solo (i suoi agenti assicurano solo servizi fisici e supporto logistico) mentre Corto ha una corte efficiente di amici e sodali. Questo pareggia le potenzialità. Se i tempi sono lunghi. In tempi brevi, mio malgrado, devo scegliere Maigret. La provincia italiana è avvolta dalla nebbia, una coltre che, se non si fa presto, dilata il tempo a dismisura, ovatta i ricordi e tutto assorbe. Maigret, con la sua pipa, sa contrastare la nebbia: avvolge le persone di fumo odoroso, le seduce e le sa far parlare...

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