lunedì 9 gennaio 2012

Il gufo giallo (24)

Rubrica letteraria



Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
Libro n. 24

Il re dei giochi

Marco Malvaldi

Sellerio



 

 

Giallo come chiara d’uovo

Ero incerto se recensirlo: qui, dato il titolo della rubrica, vorrei parlare solo di gialli. Ne scrivo solo perché chiude (spero davvero sia l’ultimo, così ci leviamo tutti il pensiero) la trilogia dei giochi. Il biliardo c’entra come quello del famoso “caffè con biliardo” della barzelletta. E’ solo un pretesto per avere un “dietro le quinte” e per tirar lungo con le pagine.

Quello del “tirar lungo” è un difetto, non piccolo di questo racconto. Quasi venticinque pagine per introdurre il biliardo, una diecina per uno sproloquio sulla religione, cinque per prendere la distanze dai testimoni di Geova (ce n’era bisogno?) e un’altra diecina su una ricetta non funzionale alla storia e siamo a cinquanta … poi ci sono i vecchietti che sbrodolano sentenze da Vernacoliere con effetti molto fastidiosi. Su Massimo, il barrista,  anche deleteri, da plagio, il protagonista  mi è sembrato invecchiato anche lui, pure bilioso: se, come sostengono alcuni, i protagonisti sono le proiezioni degli autori c’è da star preoccupati.

L’effetto complessivo è di falsità, di costruzione eccessiva alla ricerca di un’atmosfera leggera e straniata. Border line tra   nota di costume e farsa mi è risultato palloso nel primo versante e poco credibile nell’altro. Le commedie in vernacolo sono più vere, più credibili, più umane. Qui si avvertono continue, troppe forzature.

Torniamo alla pretesa d’essere un giallo: non lo è. Non c’è nessuna suspense, non c’è nessun paradigma indiziario. Alcuni “giochetti” per gettare un coltre fumogena sul quello che il lettore legge (ad esempio l’atto notarile) sono veramente penosi, mi meraviglio che una casa editrice come la Sellerio li abbia permessi.

Il biliardo, che dovrebbe fornire anche la chiave d’interpretazione, non c’entra un tubo: mi chiedo anche se l’autore abbia mai giocato a biliardo. Dubito che abbia mai “fatto filotto”. Leggetelo come fosse un romanzetto incellofanato all’edizione estiva del Vernacoliere, se ancora vi attira quel mensile forse vi piacerà anche questa storia leggera, leggera.

 

Totale: **1/2/5

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