domenica 29 settembre 2013

Inconfessabilmente (24)

 

Oscar  Montani – Glauco Dal Pino

Inconfessabili moventi 
 
Riviviamo insieme un mese e un giorno
di ordinaria  follia
(giorno 24)


Sabato 24
Pets in condominio
 
Mi ero lavata i capelli. Come al solito li asciugavo al sole sul terrazzino, per non rovinarli col phon. Si mise a scuotere la tovaglia dal balcone di sopra e mi coprì di briciole di pane e granelli di sale. Non solo, volteggiarono giù anche due bucce di mela. Imprecai; la nuova inquilina del sesto piano non mi sentì, forse era sorda.
Il giorno dopo replica; con qualche variazione. Invece delle mele, un raspo d’uva ornato da un chicco guazzo. Non solo, subito dopo si mise a strizzare i cenci con cui lavava il pavimento: acqua sporca e varecchina sui miei gerani!
Andai su a protestare. Il donnone, alto e sgraziato, teneva in braccio un’enorme soriano grasso. Mi guardò di traverso, dall’alto in basso, imitata dal felino. Girò  la testa leggermente a destra, dalla parte dell’orecchio buono: “Regole? Io sono anarchica!”  Ridendo sardonica mostrò un grande varco nei denti: orribile breccia tra zanne gialle affumicate. Fumava: cicche in arrivo!
Appena rientrata, dal finestrone aperto vidi passare il gatto. Scendeva accovacciato in un cesto di vimini! La megera calava in giardino quell’ascensore manuale. All’altezza dei miei fiori la cesta si fermò, la bestia si alzò, si stese e schizzò pipì sui gerani. Finito il lurido scempio, la discesa riprese. Uscii fuori e le urlai: “Ma che fa? Così il suo gatto mi secca i fiori!” Si affacciò: “Il mio Bugi? Poverino, marca il territorio. Sei  tu che mi secchi… rompipalle!”. 
Dunque il suo nome era  Bugi. “Che cavolo di nome!”, mi dissi. Mezzora dopo, quando lo chiamava, capii: “Bugi, Bugi… Bugi gattolo!” Una mente contorta, pericolosa. Uscii a presidiare le conche fiorite. L’orchessa era affacciata alla balaustra e ripetendo  ossessivamente l’arguto richiamo, intervallato da qualche oscena bestemmia, invitava il gatto recalcitrante a salire nel cestino. Mi assalì minacciosa: “Che ci fai costì? Se tocchi il  gatto ti tronco!”. Notai che aveva la corda legata al polso… “Per non rischiare che le cada giù!”, pensai, ma feci anche un’altra semplice considerazione.
Afferrai la corda a due mani e la tirai a me. Detti uno strattone robusto, piegando rapida le ginocchia, fino a toccare terra col sedere. Si rovesciò sulla ringhiera e con graziosa piroetta, l’unica cosa elegante della sua vita, venne giù. Andò a schiantarsi sull’ignaro Bugi. Mica male: non avevo avuto bisogno di toccarlo, i gatti grassi mi fanno un po’ senso.
 

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