martedì 17 giugno 2014

Matematica e gialli (V)

La Matematica dei  gialli
ovvero

formule grondanti sangue


Appendice - parte V

 PHILO VANCE


 

Ecco come ci vengono descritti i due scienziati protagonisti del   romanzo The Bishop Murder (L'enigma dell'alfiere), in un colloquio tra Philo Vance ed il Procuratore Distrettuale di New York, Markham.

- Il professor Dillard è uno dei più grandi fisici e matematici viventi - dice Vance -. Posseggo quasi tutte le sue opere.
-Io lo conosco da vent'anni - risponde Markham -. All'Università di Columbia era mio professore di Matematica. Si dimise dalla cattedra una decina d'anni fa, andando ad abitare con una sua giovane nipote. Sotto lo stesso tetto vive un suo pupillo, Sigurd Arnesson, adottato dal professore un anno prima della laurea. Arnesson ha ora circa 40 anni, ed insegna matematica alla Columbia. Il professor Dillard lo ha adottato vedendo in lui la promessa di un grande fisico, ed in realtà Arnesson ha una spiccatissima attitudine alle matematiche.
Un po' poco e bisogna anche   rilevare che Fisica e Matematica risultano in questo dialogo mescolate con una disinvoltura  eccessiva e superficiale, forse ancora (1928) l'opera di Einstein non era molto nota.

Stendiamo un velo pietoso e procediamo ad analizzare lo scioglimento dell'enigma. Si scopre che il professor Dillard è pazzo, le sue facoltà di scienziato sono andate sempre più a decadere e da tempo ha bisogno dell'aiuto del più giovane collega per proseguire le sue ricerche; di più, la convivenza con la bella nipote ha scatenato nel suo animo "un'oscura e inconfessata affezione di scapolo solitario" e conseguenti rivalità ed odio verso l'allievo, anche lui innamorato della nipote. Questo ha ispirato a Dillard uno spaventoso e contorto piano di vendetta.
Singolare il commento di Philo Vance: "Però bisogna aggiungere che questo disegno diabolico aveva un lato debole: quello di esser subito classificabile da chiunque fosse dotato di facoltà psicologiche come l'opera accurata di un matematico."
Un po' poco, come dicevo all'inizio, ma di nuovo, la mentalità matematica viene collegata più al criminale che al suo antagonista detective. Non ho finito.


Meno male che ci sono gli scacchi, sempre di matematica si parla. Oltre al “bishop” (Vescovo all’inizio e poi, correttamente, alfiere), c’è sempre una scacchiera in primo piano, nello studio (dalla quale mancherà un alfiere che verrà ritrovato in circostanze misteriose), poi quasi tutti i personaggi conoscono bene il gioco, chi guardandolo con distacco, chi studiandolo in maniera approfondita e maniacale, pur non essendo un professionista, come il dott. John Pardee, ideatore del “Gambetto di Pardee”, rivelatosi poi scorretto proprio per un’imprevista mossa di alfiere. Sarà proprio questo personaggio a giocare una partita nello storico Manhattan Chess Club contro Akiba Rubinstein (con il nero), sospesa e poi finita con l’abbandono di quello che sarà una delle vittime dell’assassino. Sopra la posizione finale della partita che porta all'immancabile matto d'alfiere: 45. Txc2 Cxc2; 46. Rxc2 b1=D+; 47. Rxb1 Rd3; 48. Ra1 Rc2; 49.d3 Ab2#
 

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