Rubrica letteraria
Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
recensioni di romanzi gialli
Giudizio n. 68
In fondo al tuo cuore
Maurizio de Giovanni
Einaudi
Barocco affresco di Manierismo Napoletano.
Personalmente l'ho trovato falso, irritante e spesso fastidioso. Non sono un
“bastian contrario”, semplicemente non
mi è piaciuto e mi sembra, per quanto possa valere la mia opinione, un romanzo
sopravvalutato da troppi, lettori e critici che siano.
Sono certo che questa recensione potrebbe anche scatenare
qualche reazione violenta da parte di qualche affezionato estimatore di
Maurizio De Giovanni (cinque e quattro stelle dominano il panorama su Anobii!),
ma proprio non riesco a sopportare l'esasperato tecnicismo (ricercato con tenacia autolesionista ... a mio modesto giudizio)
dell’autore.
Già sulle precedenti puntate della
saga avevo avuto modo di leggere commenti “perplessi” circa la sincerità dell’impianto e dubbi (sospetti fondati) di una strategia,
studiata a tavolino, per perseguire fama e successo. La “captatio benevolentiae”
è tecnica retorica si sa, ma con “In fondo al tuo cuore” i miei pregiudizi e i
miei sospetti hanno trovato solida
conferma.
Tanto mi basta: ho deciso che non
acquisterò altri romanzi di De Giovanni. Non se ne accorgerà nemmeno, ha già ottenuto
il successo a cui spasmodicamente aspirava, ma io mi potrò dedicare a letture
più sincere.
Il romanzo. Non è un noir, è solo nero, anzi molto grigio e triste. Non è neppure un giallo, le "visioni" multimediali di Ricciardi fanno rivoltare nella tomba S.S. Van Dine!
Non mancano morti, assassini e
malavitosi in questa sceneggiata napoletana (corale e cruente come dev’essere), ma ricorda più le telenovelas brasiliane.
L’ambizione sta proprio, nel volersi porre come un narratore di livello
superiore, sembra si ispiri a Eduardo, ma mi sembra che resta incastrato
malamente tra Verga e Manzoni.
Sì, per l’autore l’ambizione è davvero
un inferno in fondo al “suo” cuore! Il tentativo di restituire il coro di Napoli
alla vigilia della ricorrenza della Madonna del Carmine è patetico e s’impantana
in un buonismo irritante, in un bagno di melassa da buoni sentimenti, nella
totale mancanza di quella “pietas”. I personaggi di Ricciardi e Maione sono
simulacri artefatti, statuine di San Gregorio Armeno. Perfino la critica al
fascismo è molto edulcorata, altro aspetto di cialtrona ruffianeria!
La gelosia di Maione (la cui
evoluzione è evidente al lettore fin dalle prime righe!) è patetica. Vorrebbe
essere tragicamente comica, è solo tragicamente piatta e ridondante. La crisi
d’amore (non corrisposto) di Enrica, con tanto di coinvolgimento del padre è
ridicola ("pissera" a Firenze!). Il personaggio di Bambinella è fatto maschera di un deus machina messo
al servizio dell’happy end.
La trama ruota intorno alla
defenestrazione (e conseguente morto) del primario del reparto ostetricia
dell’ospedale. Vengono messi in scena subito i probabili assassini (tutti
tristi e con motivazioni più che fondate) ed altrettanto in fretta si comprende
che la soluzione, triste, sarà altrove. In una tristissima storia d’amore che
si perde nel tempo …
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