sabato 9 agosto 2014

Il gufo giallo (69)

 

Rubrica letteraria

Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli

Giudizio n. 68

In fondo al tuo cuore

Maurizio de Giovanni

Einaudi



Barocco affresco di  Manierismo Napoletano.  
Personalmente l'ho trovato falso, irritante e spesso fastidioso. Non sono un “bastian contrario”,  semplicemente non mi è piaciuto e mi sembra, per quanto possa valere la mia opinione, un romanzo sopravvalutato da troppi, lettori e critici che siano.
Sono certo  che questa recensione potrebbe anche scatenare qualche reazione violenta da parte di qualche affezionato estimatore di Maurizio De Giovanni (cinque e quattro stelle dominano il panorama su Anobii!), ma proprio non riesco a sopportare l'esasperato tecnicismo (ricercato con tenacia autolesionista ... a mio modesto giudizio) dell’autore.
Già sulle precedenti puntate della saga avevo avuto modo di leggere commenti “perplessi” circa la  sincerità  dell’impianto e  dubbi (sospetti fondati) di una strategia, studiata a tavolino, per perseguire fama e successo. La “captatio benevolentiae” è tecnica retorica si sa, ma con “In fondo al tuo cuore” i miei pregiudizi e i miei sospetti hanno trovato  solida
conferma.
Tanto mi basta: ho deciso che non acquisterò altri romanzi di De Giovanni. Non se ne accorgerà nemmeno, ha già ottenuto il successo a cui spasmodicamente aspirava, ma io mi potrò dedicare a letture più sincere. Il romanzo. Non è un noir, è solo nero, anzi molto grigio e triste. Non è neppure un giallo, le "visioni" multimediali di Ricciardi fanno rivoltare nella tomba S.S. Van Dine!
Non mancano morti, assassini e malavitosi in questa sceneggiata napoletana (corale e cruente come dev’essere), ma  ricorda più le telenovelas brasiliane.
L’ambizione sta proprio,  nel volersi porre come un narratore di livello superiore, sembra si ispiri a Eduardo, ma mi sembra che resta incastrato malamente tra Verga e Manzoni.
Sì, per l’autore l’ambizione è davvero un inferno in fondo al “suo” cuore!  Il tentativo di restituire il coro di Napoli alla vigilia della ricorrenza della Madonna del Carmine è patetico e s’impantana in un buonismo irritante, in un bagno di melassa da buoni sentimenti, nella totale mancanza di quella “pietas”.   I personaggi di Ricciardi e Maione sono simulacri artefatti, statuine di San Gregorio Armeno. Perfino la critica al fascismo è molto edulcorata, altro aspetto di cialtrona ruffianeria!
La gelosia di Maione (la cui evoluzione è evidente al lettore fin dalle prime righe!) è patetica. Vorrebbe essere tragicamente comica, è solo tragicamente piatta e ridondante. La crisi d’amore (non corrisposto) di Enrica, con tanto di coinvolgimento del padre è ridicola ("pissera" a Firenze!). Il personaggio di Bambinella è fatto maschera di un deus machina messo al servizio dell’happy end.  
La trama ruota intorno alla defenestrazione (e conseguente morto) del primario del reparto ostetricia dell’ospedale. Vengono messi in scena subito i probabili assassini (tutti tristi e con motivazioni più che fondate) ed altrettanto in fretta si comprende che la soluzione, triste, sarà altrove. In una tristissima storia d’amore che si perde nel tempo …

Negli ultimi capitoli si tirano frettolose fila con ulteriori morti naturali e non, che dovrebbero essere emotivamente coinvolgenti. Appaiono, invece

parte (resti usurati) del progetto fallito della creazione di un alto contesto letterario.

Resta da fare un'ultima considerazione. Conosco Maurizio de Giovanni: è uomo sincero e di cuore. Le "visioni" del suo personaggio sono le sue. Non mi piacciono, in termini di rigore "giallo", ma le trovo sincere.


Voto ***1/2/5


 

 


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