martedì 23 settembre 2014

DNA in provincia



La D(a)NnAzione del DNA


Potrei riportarne tantissimi, ma mi limiterò, per introdurre il tema, a questi tre titoli apparsi nei giorni scorsi su quotidiani di diffusione e tiratura nazionale. Può sembrare una contraddizione citare quotidiani nazionale nel parlare della provincia, ma credo che a parte tre o quattro città l'Italia sia una grande provincia.
La mia tesi è: "In provincia la prova del DNA non funziona"! Un argomento, per chi rifiuta le tesi preconfezionate, su cui riflettere.

(I)


Garlasco, eseguito l'esame del Dna su Stasi: "Trovati marcatori identici"
Il legale del giovane accusato dell'omicidio di Chiara Poggi frena: "Non sono significativi, bisogna attendere la perizia finale"
(II)


Yara, gli avvocati di Bossetti:
«Il Ris parlava di difficoltà sul Dna»
Ma il giudice: traccia ottima

L’attacco dei legali alla prova madre sarà riproposto alt ribunale del Riesame. La relazione del Ris risale al 2011. Il tribunale: «Non c’è niente da mettere in discussione»

(III)

 

Da Garlasco a Perugia, luci e ombre del Dna

La prova scientifica risolutiva nei gialli Claps, Olgiata e la strage di Erba ma non ha ancora dato un nome agli assassini di Meredith e Chiara.


Da sempre affronto delitti immaginari di provincia. Nel 2010 in Una tranquilla provincia criminale sostenni, per bocca di un mio personaggio, questa tesi:
"In provincia il delitto è, per sua natura, sotterraneo, nei moventi e nelle attese. Cova  sotto la cenere o sonnecchia velenosa, nel meriggio, come un'aspide. Qui tutto è liquido, un lento flusso, come l'acqua vicino alle rive quando il fiume sonnecchia. Eppure si muove, silenziosa, con qualche piccolo gorgo che rilascia bolle di gas o di putredine: segnali di pericolo. La minaccia strisciante si attua di colpo: una molla che scatta. Era caricata da anni di cupi rancori. Dopo il fulmineo assalto, spesso, viene coperta da pigra, o complice, omertà. Come un sasso gettato nell'acqua: un tonfo, le rane zittiscono, onde che si allargano e poi tutto torna calmo, come prima."

Oggi alla luce di quanto accade non so se riscriverei quelle frasi, forse sì. Non è detto che non faccia un sequel. Di certo, ne sono sempre stato convinto, il DNA è per gli inquirenti "una dannazione", fa loro trascurare di approfondire i tratti psicologici dei sospettati e anche le caratteristiche, sempre psicologiche, del contesto.
Un anno fa circa, da un TeleGiornale, dopo aver citato Perugia, Garlasco e   Avetrana   udiì sentenziare: “In questi delitti che avvengono in ambienti ristretti non bastano i RIS, ci vorrebbe anche Maigret!”. 
La provincia italiana, da tempo, si tinge di sangue. Le indagini ristagnano. Ci vorrebbe un investigatore speciale: Maigret. Perché no? La tesi da discutere potrebbe essere: Maigret sarebbe adatto per indagare nelle cittadine di provincia?


Sicuramente saprebbe inserirsi nel tessuto sociale di un paese del retroterra della Versilia: Camaiore, Pietrasanta o Massa. In tempi brevi saprebbe    farlo in Lombardia o nel Veneto. 

Maigret ha dalla sua anche l’esser poliziotto: ciò comporta, vantaggi e svantaggi. Ha il potere, ma trova nelle persone qualche chiusura in più. Sa però parlare con la gente, sondare gli animi ed è anche lui, pur con qualche accento autoritario, terribilmente curioso. Quando indaga in provincia, parte da Parigi e ci si trasferisce, s’intrufola, s’immischia, domanda, osserva, chiede. Maigret non è solo, i suoi agenti assicurano servizi fisici e supporto logistico e indagini a tappeto.    E' una buona idea affidarsi a   Maigret. La provincia italiana è avvolta dalla nebbia, una coltre che, se non si fa presto, dilata il tempo a dismisura, ovatta i ricordi e tutto assorbe. Maigret, con la sua pipa, sa contrastare la nebbia (è uno spalatore di nebbia): avvolge le persone di fumo odoroso, le seduce e le sa far parlare, le studia ... Lui, arriva sempre prima della scientifica!

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