giovedì 20 novembre 2014

Detective story (01)



"Private Eye"
ovvero investigatori privati.
(01)



Premessa
C'è chi di notte conta le pecore. Se fossi un androide sarebbero elettriche, ma sono un fissato del giallo: io conto i detective.
Ieri notte, facendo l'appello per aspettare il sonno, ho fatto un po' di conti: Jules Maigret, Petra Delicado, Salvo Montalbano, J. B. Adamsberg, Stephan Derrick, Steve Carella, Pieter Van In, Maresciallo Rocca, Frank Colombo, Capitano Tommasi, Bordelli, Cordier, Barnay, ... ho smesso, i poliziotti erano la maggioranza!! "E i dillettanti?", mi son chiesto al primo sbadiglio. Don Matteo, Miss Marple, Jessica Fletcher, Padre Brown, Nick Carter (di Bonvi), Conan, Smilla ... e no, anche questi erano tanti, troppi di più! Di più di quali? Dei "private eye", di quelli che per guadagnarsi la pagnotta, o un hot dog, devo rischiare botte o peggio piombo! Eppure sono loro che hanno lanciato e fatto crescere il giallo ed  anche, forse di più, il noir.


Un pensiero solenne mi ha assalito: "Le minoranze meritano rispetto!". Questi, poi, meritano un trattamento particolare, anzi, una trattazione. Per cinque puntate ci occuperemo degli investigatori privati. E' solo una selezione secondo i miei gusti, non sono tutti, mica è un trattato. Una trattazione non lo potrebbe mai essere.

I proto logici (parte I)

Nel 1841 la penna d'oca di Edgar Alla Poe s'intinse in un calamaio con inchiostro giallo venato di nero.
« Le facoltà mentali che si sogliono chiamare analitiche sono, di per se stesse, poco suscettibili di analisi. Le conosciamo soltanto negli effetti. Fra l’altro, sappiamo che, per chi le possiede al più alto grado, sono sorgente del più vivo godimento. Come l’uomo forte gode della sua potenza fisica e si compiace degli esercizi che mettono in azione i suoi muscoli, così l’analista si gloria di quella attività spirituale che serve a «risolvere». E trova piacere anche nelle occupazioni più comuni purché dia no gioco al suo talento. Così gli piacciono gli enigmi, i rebus, i geroglifici; e nelle soluzioni dimostra un acume che al discernimento volgare appare soprannaturale. ...».

Nasceva il Cavaliere Auguste Dupin, l'archetipo dei detective logici, coloro che svolgevano indagini usando il ragionamento logico deduttivo. A tutti gli effetti il babbo di Sherlock Holmes e il nonno di Hercule Poirot.

Auguste Dupin (1841 - I delitti della Rue Morgue)
Auguste Dupin è un francese, povero e triste, ma è anche cavaliere (pure nell'animo, nobile). Ha  acuta intelligenza e ingegno fertile:  capace dunque di risolvere i più intricati misteri. L'ingegno di Dupin, come avverte il suo creatore, è di carattere puramente analitico  e il suo ragionamento ha stile matematico: deduzione, induzione e abduzione (ma ancora non era stata definita!) si alternano al senso preciso dell'osservazione. Il cavaliere è capace di destreggiarsi con grande abilità anche laddove la polizia  non riesce a trovare soluzioni. Lavora solo per passione: non riscuote parcelle per le sue indagini!



Il ragionamento di Dupin è, lo diranno dopo, scientifico. Lui riesce a completare con estrema facilità il puzzle inserendo degli indizi, solo apparentemente contraddittori, al giusto posto o a vincere una vera e propria battaglia tra caos e senso geometrico dell'ordine usando l'intelligenza come forza primaria.
Non gli manca a il senso dello humor, con un leggero filo di malinconia capace di sorridere di fronte alla cecità umana.
Il contributo di Dupin è quel tocco di umanità in un mondo abbruttito dal delitto, anche il   più feroce che un essere umano possa commettere.
Nel racconto "I delitti della Rue Morgue", Poe concede al suo personaggio tutti quei procedimenti capaci di eliminare tutte le possibilità ritenute a torto valide, in modo che la soluzione proposta, per quanto incredibile, non può essere che quella esatta. L'esame delle finestre da cui è entrato e uscito l'assassino è un vero segno di bravura in cui si chiarisce la superiorità del poliziotto dilettante, su fatti e cose, rispetto alla polizia ufficiale.



Appare in queste pagine, per la prima volta, lo schema narrativo di un mistero composto da un delitto e risolto attraverso un procedimento intellettivo.


Da dimenticare gli adattamenti cinematografici, anche quello con Bela Lugosi.
Auguste Dupin, il detective dilettante, è l'eroe di un genere per quei tempi assolutamente nuovo. Egli, più che un personaggio è un simbolo e il suo antagonista non è tanto il criminale quanto il mistero. In ultima analisi è l'archetipo di tutti i detective.
Compare anche nei racconti Il mistero di Marie Roget e La lettera rubata (forse il più filosofico). 

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