Rane e ranocchi toscani
ma non del Tombolo
che Marco Malvaldi, a Marina, ancora non le
ha usate!
In
passato ho usato spesso la metafora della rana bollita per spiegare il
meccanismo con cui gli autori creano la suspense nei romanzi thriller. Nel thriller il personaggio principale è la famosa rana in pentola. Lo vediamo vivere soddisfatto
e quieto una sua vita tranquilla, una sua rassicurante routine. Quando sopravviene
il pericolo non si accorge che qualcosa è cambiato, né dell'incombente minaccia.
Cosa che, invece, il lettore o lo spettatore sanno benissimo. Il focus è quindi
sulla persona, vista come inconsapevole vittima potenziale.
Potrei citare molti esempi, mi limito a ricordare Thomas Babington
"Babe" Levy, il personaggio de Il maratoneta? Il suo jogging viene
bruscamente interrotto e la morte incombe. Quando se ne rende conto comincia a
reagire, prima mentalmente poi fisicamente.
Ancor
più memorabile, forse un archetipo ormai, è la scena del campo di
granturco in Intrigo
internazionale, di Hitchcock. Quell'aereo incombente che irrora DDt e poi mitraglia Gary Grant è diventato
il punto di riferimento di tanti altri autori.
Qualche settimana fa, leggendo il bel noir di Giampaolo Simi (Cosa resta di noi
- Sellerio) mi sono ricordato (merito tutto di Giampaolo) che c'è un altro modo di creare un
personaggio "rana bollita", una rana superficiale che, senza troppo riflettere,
s'è cacciata da sola in una situazione densa di pericolo.
Eh sì, l'acqua è calda, la parete della pentola comincia a scottare e
il bordo della pentola, mannaggia, è troppo alto per poter saltare fuori!
Come ha potuto cacciarsi in quel guaio? Ha fatto tutto da solo o è
stato il caso cinico e baro.
Simi non è il primo a cavalcare la tigre anche se la cavalca come un cavaliare abituato a un destriero lipizziano. Forse a Vienna ha studiato con Freud e Jung! Ma lasciamo perdere le batture, mi sono subito ricordato di
altri, tra l'altro due sono toscani.
Uno zaino gonfio di denaro (Un'inquilina
particolare di Emiliano Gucci - Guanda) capita nelle mani del
protagonista che incauto pensa di aiutare il portatore per trarne un profitto.
Una
borsa nera con
il malloppo di una rapina (Nightfall di
David Goodis) viene dimenticata accanto a un uomo svenuto per un'aggressione: quando
rinviene inizia l'incubo. da questo è stato tratto anche un film (in Italia Alibi
nella neve)
Una borsa misteriosa (Sono tornato di Marco Vichi,
racconto introduttivo in Toscana in
giallo Fratelli Frilli) viene portata in casa da un "amico" per
una custodia coatta e son guai seri.
L'abilità dell'autore, quando c'è un misterioso aggressore, è nella scelta del tipo, del luogo e del tempo dell'inserimento
del breakdown: praticamente il suono della sveglia! Successivamente nel
palesare chi sia in carnefice. A volte nell'evidenziare capacità
insospettabili, risorse nascoste, della vittima.
Quasi sempre con la rana "fai da te" non è cosi, non c'è
risveglio e la punizione è tutta riservata all'incauto.
Tornando a Cosa resta di noi di Simi, si deve sapere che
il protagonista è il bagnino padrone "in generato" di un Bagno a
Viareggio, il Bagno Antaura, nome infausto. A fine stagione, disturbato e mesto
per l'inesorabile spengersi dell'amore coniugale, approfitta di un'occasione
per concedersi un'avventura di breve durata (qualche ora, poche decine di
minuti, ancor meno convinzione). La calda amante subito dopo scompare e lui si
trova implicato fino al collo in un probabile omicidio. Non fa niente per
schizzare fuori della pentola, spesso, addirittura, quando l'attacco di panico
è passato si dice, per rassicurarsi, "che non è poi così male"!
Gli
attacchi di panico (detti anche crisi d'ansia) del
protagonista sono generatori di suspense, ma sono anche censiti in psichiatria.
Si tratta di episodi di improvvisa ed intensa paura o di
una rapida escalation, dovuta a percezioni anche minimali, dell’ansia
normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi, quali
palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento,
dolore al petto, nausea, vertigini, visione
pessimista, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore.
La casistica medica degli attacchi di panico li classifica come un’esperienza terribile, spesso improvvisa ed inaspettata, almeno la prima volta. La paura di un nuovo attacco, sempre provata dal soggetto, diventa immediatamente forte e dominante: è contagiosa, si trasmette al lettore e genera suspense. "Hai capito te", che furbone 'sto autore!
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