DAGLI OVETTI ALLA COQUE
ALLA PIPA
Visto che siamo a parlare di Maigret, parliamone! Parliamo dei suoi metodi d'indagine.
Cinque o sei volte all'anno, dal televisore sintonizzato su un qualunque
TG, dopo aver citato Cogne, Perugia, Garlasco o Avetrana si ripete, come un eco, un
commento “In questi delitti che avvengono
in ambienti ristretti non bastano i RIS, ci vorrebbe anche Maigret!”. La
frase , ovvia e anche un po’ banale, mi è ritornata in mente qualche giorno fa, a sentenza per
Garlasco già definitiva. Per la Cassazione, non per me! Sul momento me la sono presa con gli inquirenti e la loro
sciatteria, poi mi son messo a riflettere.
Quella frasetta, come sempre, mi ha fatto sorgere un
dubbio giocoso, ma mica tanto: quale tipo d’investigatore sarebbe più adatto? Dopo aver messo su (più
di quattro anni fa) e sostenuto (tenere un blog è come avere una mucca in giardino: mangia tanto e bisogn mungerla!) un blog sul genere soft boliled, mi trovo costretto a confrontarmi con altri generi
del giallo, poliziesco, hard boiled (noir?), thriller e classico nel tentativo d’individuare l’investigatore perfetto per i
delitti della provincia italiana.
La provincia italiana, da tempo (da sempre), si tinge di sangue.
Le indagini ristagnano, la provincia è infatti liquida, sfuggente, inafferrabile e viscida. Ci vorrebbe un investigatore speciale: Maigret. Perché
no? La tesi da discutere potrebbe essere: Maigret
sarebbe adatto per indagare nelle cittadine della provincia italiana?
Dobbiamo esaminare diversi candidati. Procediamo per
esclusione.
Sherlock Holmes, archetipo e modello
dell’investigazione scientifica (si ricordi Umberto Eco che l'ha vestito da frate), credo sarebbe
sommerso dai troppi indizi. Le sue abduzioni (da lui impropriamente chiamate
deduzioni) sarebbero subito bloccate per eccesso di dati. Quando ci sono troppe
informazioni la fantasia non sposa l’immaginazione: per mancanza di spazio.
Poirot, modello dell’investigatore del giallo classico
ce lo vedrei male a Cogne o a Garlasco. No, l’investigatore francofono lo
escluderei, già è un po’ ridicolo di suo, non possiamo metterlo in situazioni
così: poi dovrebbe tagliarsi i baffi per la vergogna!
Passiamo a Marlowe e all’hard boiled, per me comunque indigesto. Quando posso, mangio solo
uova al tegamino (“affrittellate” come si dice in toscana), quelle sode mi
sembrano cibo alieno, pasticche per astronauti, meglio, molto meglio, se alla coque.
Le metafore quando rivitalizzano le nostre conoscenze
comuni hanno presa, come il modo di cucinare le uova: non posso fare a meno di
parlarne. Il termine hard boiled nasce da un'espressione colloquiale.
Per un uovo, essere "hard boiled" equivale ad essere sodo,
duro e irrimediabilmente indigesto. Il classico detective del genere
giallo hard boiled (come Sam Spade di Hammett o Philip Marlowe di
Chandler), non si limita a risolvere i casi, come Poirot o Maigret, ma affronta
i pericoli metropolitani e, con piacere da masochista, si fa coinvolgere in
scontri violenti. Il detective hard
boiled ha, infatti, qualche genoma di "duro". Questi importanti
modelli, impudenti, freddi, irriverenti, cinici e a volte spietati, oggi non
potrebbero sopravvivere più di un giorno fuori di una grande metropoli.
Il loro fascino, la loro capacità d’interazione
violenta, formidabili fino a tutto il periodo della Guerra Fredda, si
scontrerebbero col gretto quotidiano delle nostra provincia. Davanti al
pragmatismo economico degli attori delle cittadine padane sembrerebbero
fastidiosi, obsoleti, fuori moda nel modo di fare e in quello che dicono.
Un esempio. Vi ricordate? Lei lo guarda e commenta: “Siete alto”. Marlowe è pronto: “Non lo faccio apposta”. In due frasi il
primo dialogo che s’incontra ne Il
grande sonno. Quando lo lessi per la prima volta, nel secolo scorso, ne
rimasi folgorato, adesso mi infonde tenerezza. Se poi lo penso svolgersi a
Vigevano, con una piccola imprenditrice locale, mi sembra davvero ridicolo e
forse anche penoso.
Rimangono il genere soft boiled e il poliziesco:
Corto e Maigret.
Il genere soft
boiled nasce nel mondo della globalizzazione, della flessibilità: il
detective non può essere duro. Le sue caratteristiche? Rispettoso, emotivo,
ironico o sarcastico (lo si capisce da quanto è in collera con l’assassino),
determinato con una velatura, solo una nuance, di cinismo. Ironia, cinismo e
curiosità, nel caso di Corto lo skipper detective che indaga nelle mie storie,
sono caratteristiche evidenti perché è nato e cresciuto a Viareggio. Una vera e
propria tara ereditaria.
Sicuramente saprebbe inserirsi nel tessuto sociale di
un paese del retroterra della Versilia: Camaiore, Pietrasanta o Massa. In tempi
brevi non saprebbe, né potrebbe farlo in Lombardia o nel Veneto. Problemi di
lingua e di amici. Ma col tempo, chissà? In Versilia è radicato, sta bene. Le
sue donne sanno cucinare alla perfezione e se è in mare c’è Pino, il cuoco di
bordo, un vero maestro, soprattutto col pesce. Gli amici poi. Corto ha un sacco
di amici: Geco, il Bestia, la Luisa, Ginko, Sughero, don Sesto, la Twina,
Rodin,... tutti con soprannome certificato. Amici veri, di basso profilo
sociale, con discutibile passato e futuro incerto, ma amici fidati, radicati
nella cittadina e pronti a dare una mano. Maldestra, ma è pur sempre un aiuto.
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