Sceneggiati in giallo e nero
Un morto al giorno ... ma che sia
italiano!
Mini rassegna storica e critica della
fiction seriale "italiana DOC"
(04)
F.B.I., segni del
comando e donne velate (1970 - 75)
1970
Per
la fiction italiana doc furono cinque anni di transizione. Il successo di Tino
Buazzelli con Nero Wolfe e il perdurare di quello di Peppone Maigret non
aiutarono a prendere una direzione mirata. Si registrarono alti e bassi, con
qualche sbandamento.
FBI: Francesco Bertolazzi Investigatore non è una fiction USA, ma una miniserie Tv
italica composta da 6 episodi di 50 minuti l'uno. Bertolazzi è un improbabile
investigatore privato nella provincia della capitale d'Italia. Andò in onda a
partire da domenica 19 aprile 1970 alle ore 21,00 sul secondo canale Rai, con
la regia e l'interpretazione di Ugo Tognazzi. Fu così che il mito televisivo di
Ugo, eroe di Un, due, tre, che si faceva il verso, s'incrinò un po'.
F.B.I.,
lo scalcinato detective privato, per
pubblicizzarsi sfrutta con disarmante improntitudine l'assonanza fra le sue
iniziali e l'acronimo della celebre agenzia investigativa federale americana.
La soluzione di modesti casi gialli serve da pretesto a Tognazzi e agli
sceneggiatori Age e Scarpelli per ritrarre con sapida ironia i molti vizi e le
poche virtù della capitale. Le intenzioni erano buone, il risultato meno.
C'erano
due o tre cose sostanziali che caratterizzavano F.B.I. Una lo spirito della vicenda che,
nell'elaborazione del testo della sceneggiatura, conferiva al prodotto un
proprio stile e un significato. L'ambientazione nella provincia romana,
arretrata e molto provinciale, improbabile
territorio di caccia per un detective privato, metteva in risalto le differenze che passavano tra il
progresso della metropoli e l'arretratezza della provincia.
Tognazzi
s'impegna e s'ingegna con forza
realistica. Non aveva il fanatismo dei neofiti del cinema, di chi vuole
essere regista solo per girare qualcosa, senza pensare alle storie e agli
ambienti. Una lezione di stile, ma dal risultato freddo.
Non
è tutta colpa sua. Il primo episodio va in onda domenica 19 aprile 1970 su Rai2;
in quel periodo, tra febbraio e aprile, la RAI produce una serie di nuovi programmi tra cui, il "Rischiatutto"
con Mike Buongiorno. Sopravvivevano, inoltre, i
grandi sceneggiati per famiglia ("Il cappello del prete" e
"Papà Goriot"), mentre il varietà si rinnovava nel linguaggio e nei
contenuti, felici esempi furono: "Canzonissima" col "Tuca
Tuca" della Carrà e "Doppia coppia" con Alighiero Noschese.
Ugo
Tognazzi, nei panni di Francesco Bertolazzi, risulta un detective privato,
casereccio e nostrano, aiutato nelle sue disordinate e casuali indagini dal
suocero Domenico, dalla moglie Ines e dai figli Claretta e Daniele.
I sei telefilm scritti da Age e Scarpelli
hanno il classico schema del giallorosa: non ci sono mai morti, ma solo furti,
sparizioni e tentativi di corruzione.
Troppo poco per quei tempi gloriosi.
1971
Vita tormentata, questo sceneggiato. Il soggetto de Il
segno del comando fu scritto nel 1968 da Dante Guardamagna e Flaminio Bollini,
con la partecipazione di Lucio Mandarà e Giuseppe D'Agata. Venduto alla RAI, fu
accantonato e "riesumato" per la produzione nel '70.
I quattro autori cominciarono a scrivere la sceneggiatura,
ma Guardamagna e Mandarà presto abbandonarono, mentre Bollini, che si propose
anche per la regia, e D'Agata continuarono, ma giunti a un punto morto, anche
Bollini lasciò. D'Agata riuscì a terminare lo script. Seguirono diversi
mesi di preparazione in studio, per poi passare alle riprese tra Roma e Napoli.
Il tema era inusuale per i tempi: occultismo,
esoterismo, spiritismo, reincarnazione, antichi manoscritti, oscuri orafi e musicisti
del Settecento, pittori e poeti ottocenteschi, presenze fantasmatiche, sullo
sfondo di una Roma in continuo bilico tra passato e presente, tra realtà e
mistero. Insomma un pasticciaccio peggio di quello di Via Merulana! Dura venirne
fuori.
La realizzazione del finale fu travagliata assai. Dopo varie versioni, Daniele D'Anza fu costretto a
cambiarlo su pressione di alcuni attori (tra cui Silvia Monelli inviperita), che lo
reputavano troppo poco “magico” rispetto alla trama.
Trasmesso dal 16 maggio al 13 giugno 1971 su RAI 1
dalle 21.15 alle 22.15 circa, in cinque puntate domenicali, Il segno del
comando paralizzò il paese, avvinse, intrigò e impaurì il pubblico
televisivo che seguiva ansioso, insieme a Ugo Pagliai, la svolazzante camminata dell'ammiccante Carla Gravina. L'ascolto medio di 14.800.000 spettatori, lo fa
iscrivere a lettere d'oro negli annali della televisione italiana.
La sigla finale, la canzone Cento campane, fu pubblicata e il disco ebbe un buon successo
di vendite.
1973
Qui squadra
mobile è una mini serie di genere
cronaca vera o poliziottesco "annacquato" (Sono gli anni di Milano
calibro 9 e imitatori!) prodotta dalla RAI. Fu trasmessa a partire dall'8 maggio 1973. Fu
trasmessa nella prima serata del martedì (che all'epoca iniziava alle ore
20.30).
È ricordata anche
per le sigle musicali di apertura e chiusura 113 e Dinamica della
fuga, firmate dal duo Gianni Meccia e Bruno Zambrini.
Protagonista Giancarlo Sbragia affiancato da Orazio
Orlando. Le vicende narrate sono ambientate a Roma e sono ispirate ad episodi
di cronaca nera e giudiziaria (rapine, delitti, estorsioni) realmente accaduti
nei primi violenti anni '70. La sceneggiatura è infatti il frutto di ricerche
compiute su incartamenti presenti negli archivi di polizia.
Grazie al successo della prima stagione trasmessa nel '73,
nel '76 ne venne prodotta una seconda, composta anch'essa di sei episodi.
1975
Ritratto di donna velata è uno sceneggiato diretto da Flaminio Bollini, con
protagonisti Nino Castelnuovo e Daria Nicolodi.
Prodotto dalla RAI è andato in onda dal 31 agosto al 14 settembre
1975 in prima serata su RAI 1. Riuscì a catturare una audience altissima,
risultando uno dei programmi televisivi italiani più visti di quell'anno.
Per affinità di genere può essere accostato ad altri
sceneggiati gialli-fantastici del periodo soprattutto Il segno del comando, con cui, dati i riferimenti a pioggia, sono
possibili svariate similitudini.
L'azione si svolge in tra Firenze e la zona di
Volterra e coinvolge un giovane squattrinato, Luigi Certaldo (Nino Castelnuovo)
alle prese con una misteriosa ragazza, Elisa (Daria Nicolodi, all'epoca molto
nota grazie anche al successo contemporaneo del film di Dario Argento Profondo rosso) che pare essere la reincarnazione
della misteriosa donna velata ritratta in un quadro del ʾ700.
Tra misteriose apparizioni, personaggi venuti dal
passato, morti inspiegabili ed inquietanti coincidenze, il giovane si troverà
coinvolto in un intricato mistero legato a un'urna funeraria che nasconde le
indicazioni per trovare l'ingresso di una necropoli etrusca piena di tesori.
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