Album fotografico
(III)
(III)
del lavoro nel Valdarno (Montevarchi 1924)
Per l'uscita della riedizione (o II edizione) de La ragazza dello scambio,
vi
propongo alcune foto "ricordo" del 1924 o giù di lì! Il mio romanzo
noir è ambientato anche in questi luoghi di lavoro nell'anno 1924, le immagini sono
evocative di un passato ormai dimenticato.
Montevarchi e Valdarno
antichi mestieri degli anni '20
Il contesto socio economico del mio romanzo La ragazza dello scambio
(noir di ambientazione storica) è fortemente industrializzato e
dinamico. Molti i mestieri: alcnuni sopravvissuti all'ottocento, altri
frutto del progresso.
Operaie stiratrici nel cappellificio La
Familiare. L'industria del cappello (che aveva sopravanzato le
filande) impiegava, all'epoca, qualche migliaio di persone. Lasciare la
filanda per passare a un cappellificio era considerato un progresso
sociale. In effetti gli ambienti di lavoro sembravano molto più salubri,
ma ... c'era il mercurio!
Quancuno, il mezzadro, per gli
spostamenti usava il "mezzo proprio": il baroccio trainato da buoi. Un
po' lento, ma capiente e sicuro. Il freno agiva grazie alla
"martinicca", sulle ruote di dietro, da cui il detto "tu sei più
indietro della martinicca!
Il baroccio (quello veloce trainato da mulo) serviva anche per il trasporto delle merci: rena, legna d ardere, mattoni, prodotti agricoli... Qui carica la rena estratta da un renaiolo sul greto dell'Arno.
Il tramviere era fiero di condurre un
mezzo così moderno e guardava "dall'alto in basso" o fischiava forte ai
vetturini o fiaccherai per chiedere strada.
Le sedie avevano la seduta di paglia
intrecciata. Piccole strutture artigiane le costruivano e le riparavano.
La paglia richiede manutenzione. Non era un mestiere facile, provare
per credere! Oggi non si trova nessuno capace di rimpagliare una sedia.
Infine una curiosità: "tecnici" su un galleggiante per la misura della portata dell'Arno. Si notino i sofisticati strumenti!
Ci sarebbe anche il "pellaio", ma non ho foto. Vi propongo allora questa foto, negli anni '50 questa scena l'ho vista..
La "brava massaia" sta scuoiando un coniglio sotto lo sguardo attento del gatto (riceverà qualche pezzo d'interiora). Poi infilerà nella pelle quegli stecchi fino a tenderla e la lascerà seccare al sole. Due o tre giorni dopo la venderà al pellaio (arrivava al grido di "donne c'è il pellaio" e offriva due lire e venti lire, nel '35; ai miei tempi 125 lire trattabili) che poi la porterà al pelificio... il pelo finiva poi al cappellificio. La pelle, trinciata a strisce, a concimare gli olivi.
(III -segue)
(III -segue)
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