mercoledì 25 maggio 2016

I mestieri negli anni '20


Album fotografico
(III)
del lavoro nel Valdarno  (Montevarchi 1924)
Per l'uscita della riedizione (o II edizione) de La ragazza dello scambio,
vi propongo alcune foto "ricordo" del 1924 o giù di lì! Il mio romanzo noir è ambientato anche in questi luoghi di lavoro nell'anno 1924, le immagini sono evocative di un passato ormai dimenticato.
Montevarchi e Valdarno
antichi mestieri degli anni '20
Il contesto socio economico del mio romanzo La ragazza dello scambio (noir di ambientazione storica) è fortemente industrializzato e dinamico. Molti i mestieri: alcnuni sopravvissuti all'ottocento, altri frutto del progresso.
Operaie stiratrici nel cappellificio La Familiare. L'industria del cappello (che aveva sopravanzato le filande) impiegava, all'epoca, qualche migliaio di persone. Lasciare la filanda per passare a un cappellificio era considerato un  progresso sociale. In effetti gli ambienti di lavoro sembravano molto più salubri, ma ... c'era il mercurio!
Donne al lavoro in una filanda. Da notare due uomini ("caporali" di sorveglianza?) con le mani in tasca e la "maestra" al tavolo.
Un bàghere, tipica carrozza leggera del Valdarno. Nonostante l'avvento della Tramvia Valdarnese, prima e della SITA poi, sopravvivevano decine di carrozze. Assicuravano il servizio per i camposanti o per i borghi "traversi" rispetto alla statale: Caposelvi, Ricasoli, Mercatale ...

Quancuno, il mezzadro, per gli spostamenti  usava il "mezzo proprio": il baroccio trainato da buoi. Un po' lento, ma capiente e sicuro. Il freno agiva grazie alla "martinicca", sulle ruote di dietro, da cui il detto "tu sei più indietro della martinicca!


Il baroccio (quello veloce trainato da mulo) serviva anche per il trasporto delle merci: rena, legna d ardere, mattoni, prodotti agricoli... Qui carica la rena estratta da un renaiolo sul greto dell'Arno.

I falegnami del centro (Via cennano e via Isidoro del Lungo) lavoravano sull'uscio della bottega.

Ai bordi dei torrenti (per l'uso dell'acqua) si vedevano le ruote (girate a mano) per torcere le corde. Nei campi si coltivava canapa, per le fibre delle corde, non per le "canne"!

Il gesto sapiente e attento del cordaio. Intreccia le fibre mentre il garzone, più giovane e aitante, ma inesperto, muove la ruota...


Il tramviere era fiero di condurre un mezzo così moderno e guardava "dall'alto in basso" o fischiava forte ai vetturini o fiaccherai per chiedere strada.
Le sedie avevano la seduta di paglia intrecciata. Piccole strutture artigiane le costruivano e le riparavano. La paglia richiede manutenzione. Non era un mestiere facile, provare per credere! Oggi non si trova nessuno capace di rimpagliare una sedia.

Infine una curiosità: "tecnici" su un galleggiante per la misura della portata dell'Arno. Si notino i sofisticati strumenti!
L'arrotino, girava con una bici attrezzata di mola azionata dai pedali. Provvedela a tutte le lame: forbici e coltello.
 Ci sarebbe anche  il "pellaio", ma non ho foto. Vi propongo allora questa foto, negli anni '50 questa scena l'ho vista..
La "brava massaia" sta scuoiando un coniglio sotto lo sguardo attento del gatto (riceverà qualche pezzo d'interiora). Poi infilerà nella pelle quegli stecchi fino a tenderla e la lascerà seccare al sole. Due o tre giorni dopo la venderà al pellaio (arrivava al grido di "donne c'è il pellaio" e offriva due lire e venti lire, nel '35; ai miei tempi 125 lire trattabili) che poi la porterà al pelificio... il pelo finiva poi al cappellificio. La pelle, trinciata a strisce, a concimare gli olivi.

(III -segue)

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