Il film giallo italiano
Storia
disincantata di un genere oscillante tra impegno sociale e spaghetti thriller.
(Parte IX)
1980
Gli anni '80 passano
opachi, senza che si realizzino pellicole di rilievo. Mentre la produzione
letteraria continua a marciare lenta ma con punte di apprezzabile qualità,
quella cinematografica imperversa frenetica, con colpi sciatti, abborracciati e
irriverenti verso chi paga il biglietto.
Ma toccare il fondo non è facile, il baratro è imo assai.
Nonostante in Francia si giri un bel film tratto dal romanzo ormai
"mondiale" di Umberto Eco, in Italia un quartetto di donne si dà da
fare per affondare il genere. Interpretare,
ognuna pessima, il peggior film del filone "giallo all'italiana".
1987
Mara Vernier, Barbara De Rossi, Marina Suma e Athina
Cenci sono inguardabili. Il regista, tal Franco Ferrini, dimentico di non
chiamarsi Fritz s'ispira a "M" (lo dice e anche lo ripete!), una
frittata anche bruciacchiata con emissioni di fumo rancido.
Gli aggettivi si sprecano: inguardabile, imbarazzante, penoso,
un luogo comune pieno zeppo di luoghi comuni, di una bruttezza surreale, da
chiedere il rimborso, improbabile e inconsistente, tanti nudi da raffreddore...
Una pietra tombale sul filone: da allora le produzioni si
rarefanno, gli spettatori anche.
1989
Quasi alla fine di questo piatto decennio in giallo è
ancora Leonardo Sciascia a risvegliare gli sceneggiatori del cinema. Un titolo
modesto e una brevità inusuale, anzi sconcertante, soprattutto per i lettori
abituati, ahimè, a digerire i mattoni americani di 600 e più pagine. Qui, dopo
poche pagine, ricchissime, ti accorgi che la sintesi è folgorante, che non devi
perder né parola, né virgola; un capolavoro letterario che rappresenta un inno
all'essenziale.
1991
E' un testamento alla qualità del narrare, ma anche un
invito a sceneggiarlo e il cinema non se lo lascia sfuggire. Gianmaria Volontè
vuole metterci la sua impronta: anche lui lascia un testimonianza di
recitazione da studiare (se sei giovine attore) con devota attenzione.
Gli altri, bravi attori di teatro e tv, non sono da meno. Ghini e Tognazzi su tutti. Un film ben accolto dalla
critica, ma sembra quasi ci sia costretta.
Tutto sommato, un capolavoro sottovalutato.
Credo che la pacatezza, l'elisione, i colori tenui di una pre primavera
siciliana con poco sole e erba verde non siano stati capiti. Sì, non è l'assolata
Sicilia di maniera del Il giorno della civetta, è più vera,
ma la cultura pop non apprezza.
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