sabato 19 novembre 2016

Delitti di provincia (I)

La provincia è liquida?

Analisi semiseria,  irriverente ma partecipata, in tre puntate, del lato oscuro della provincia italiana (ma anche d'altrove). Un luogo dove, quando avvengono terribili delitti,  le ferite si rimarginano molto alla svelta; dove il tempo non gioca a favore degli investigatori, dove gli eventi fluiscono senza sosta …

 (parte I)


Il caso Macchi, riaperto dopo 30 anni, ha un po' appannato le mie convinzioni sui delitti in provincia. L'arresto e le detenzione cautelativa di Stefano Binda (presunto colpevole, solo presunto, ma tenuto in carcere da otto mesi) poi, mi hanno coperto di dubbi. Soprattutto sull'uso dell'esercito per cercare una possibile arma del delitto in un parco che quasi bosco è!



Ho le mie colpe e anche le mie croci, come tutti i giallisti. I miei romanzi ambientati in provincia mi spinsero a coniare il termine soft boiled per definire il mio genere. A questa mia colpa ne ho aggiunta una molto più appariscente: ho scritto   un romanzo dal titolo: Una tranquilla provincia criminale, seguito da un secondo: Lo chalet in pineta. Ossimoro inquietante il primo, che stimola curiosità perverse. Rassicurante il secondo, se non si sa che quella pineta lì (a Viareggio) è quella del delitto Lavorini! 
La croce che ne deriva è pesante. Quando faccio presentazioni in pubblico o in TV, è ormai scontato  che mi si chieda cosa pensi dei delitti di provincia o, tout court, della provincia criminale. Per poter sperare d’espiare, devo formalizzare meglio una risposta articolata. Facciamo allora la lista dei casi a cui intendo riferirmi:

Cogne (2002).

Erba (2006).

Garlasco (2007).

Perugia (2007).

Potenza (2010).

Avetrana (2010).

Brembate (2010).

Ascoli (2011).

Ragusa (2013)

... ...

Cittiglio (Varese) (1987) ritorna nel 2016.

Armi dei delitti: mani nude, coltelli o mazze (quando sono state individuate, se no genericamente: corpi contundenti). Non sono tutti, sono solo quelli più seguiti dai media, terribili spezzoni di storia della provincia criminale italiana. Le vittime, tree bambini e dieci donne; nessun uomo: inquietante statistica. Non li riassumerò, la lista serve solo ad illuminare il contesto. Credo che tutti ricordino bene i fatti e quello che è successo durante le indagini e i processi.
Per prima cosa voglio solo evidenziare alcuni pregiudizi degli inquirenti che credo abbiano impedito, e ostacoleranno, indagini più efficaci.

La camera chiusa.

E’ un classico della letteratura gialla. Una sfida per gli autori, quando il mistero (per ideologia razionale) veniva risolto con la logica. Il primo esempio di enigma della camera chiusa è comunemente ritenuto il racconto di Edgar Allan Poe I delitti della Rue Morgue (1841). Da allora molti si sono cimentati, a volte con estensioni a tutta una casa o villa. Molti romanzi dell’epoca contenevano una piantina del luogo: veritava il delitto e permetteva al lettore di immedesimarsi. E’ nato anche un gioco da tavolo, Cluedo, ancora in voga tra i ragazzini.




Sul tavoliere è rappresentata la pianta di un appartamento. Bruno Vespa, da ragazzo, ce ne deve aver passato del tempo visto che, tra Cogne e Garlasco, ci ha intrattenuto per ore con modellini tridimensionali delle due villette dove si erano svolti i delitti. Ma qualche maligno sostiene che si è fatto consigliare da Umberto Eco (ne Il nome della rosa la piantina c’è!).

(I - segue)

Nessun commento:

Posta un commento