ma anche Rósza
Quando le tre arti definirono l’estetica
del sogno
A volte accade
che i geni entrino in contatto. Nel 1945, accadde uno di quei rari momenti: tre
forme d’arte dal respiro più popolare entrarono in eccezionale congiunzione
creativa. Rappresentate da tre personalità eccellenti del tempo: lavorarono insieme a qualcosa che
poi passò alla storia. Cinema,
pittura e musica. Hitchcock, Dalí e Rósza. Il set che li riunì fu per il film Io ti Salverò. Tra gli
altri vantava anche la presenza di Ingrid Bergman e Gregory Peck attori
protagonisti. Un film che divenne famoso soprattutto per aver partorito
una delle rappresentazioni più affascinanti di sempre della sfera onirica. Non
è cosa da poco che tre personaggi dal carattere forte riescano a limare il proprio orgoglio
individuale in nome dell’arte.
Hitchcock in quel momento aveva desiderio
d'innovazione, voleva un modo nuovo di
rappresentare i sogni: non più "...la
nebbia che confonde i contorni delle immagini" o ".. lo schermo che trema", ma "...tratti netti e chiari", contorni taglienti e immagini
piene di luce, come nei quadri di Salvador Dalì e Giorgio de Chirico. De
Chirico influenzò, ma non partecipò. Dalí, che aveva aderito con entusiasmo, fece
derivare alcune immagini surrealiste del sogno dai film che aveva realizzato a
Parigi con Louis Bunuel.
Non mi
soffermerò su Miklós Rósza, compositore classico ungherese.
Tra gli anni ’40 e i ’50 scrisse le musiche per alcuni dei film noir più
importanti del tempo (La Fiamma Del Peccato, Doppia
Vita). Con la colonna sonora vinse l’Oscar.
Salvador Dalí
fu chiamato sul set in quanto massimo esperto nella rappresentazione figurativa
del materiale onirico. A quei tempi era già una celebrità, per via di quel mix
irripetibile di talento personale e capacità di auto promozione che lo ha reso
uno degli artisti più amati del secolo scorso, ma anche oggi. Il surrealismo mirava
a raffigurare i contenuti dell’inconscio, quasi come fosse un flusso di
coscienza proveniente direttamente dai materiali che animano i sogni. Senza
filtro, senza censure. Il momento centrale del film di Hitchcock era proprio un
sogno: Gregory Peck lo descrive agli esperti
psichiatri che lo stanno aiutando a recuperare la memoria perduta. Hitchcock
intuì il momento e chiese a Dalí di disegnare le scenografie per quella
sequenza di tre minuti. Sequenza che divenne cult: occhi che spuntavano dalle
pareti e dai tendaggi, uomini senza volto e oggetti dai bordi contorti. Allo
spettatore sembrava di stare dentro uno dei suoi dipinti. A dare maggior
fascino all’intera scena l’aspetto psicologico: tutti gli elementi del sogno
hanno un significato ben preciso, che verrà poi svelato in fase di psicanalisi
e costituiranno la svolta finale del film. L’arte dell’inconscio sottoposta per
la prima volta al processo di interpretazione scientifica. L’arte di Dalí non
poteva ricevere legittimazione migliore.
A confezionare
il tutto fu ovviamente il regista, Alfred Hitchcock, in uno dei tanti momenti
di picco creativo avuti lungo una carriera che durò quasi sessant’anni. Non era
ancora nel suo momento di massima celebrità (quello sarebbe arrivato negli anni
’50), ma aveva all’attivo già alcuni di quelli che poi saranno considerati
capolavori del cinema in bianco e nero (Rebecca, L’Ombra Del Dubbio,
I 39 Scalini, L’Uomo Che Sapeva Troppo, Il Sospetto).
Sulla carta Io Ti Salverò poteva essere un successo annunciato, grazie
soprattutto a un cast che comprendeva personaggi molto celebri e
alla presenza di Dalí e Rósza. Il tema però non era esattamente popolare: un
film ad alto contenuto psicologico, ambientato per lo più in una clinica
psichiatrica, con l’ambizione di rendere accessibili al grande pubblico delle
nozioni allora considerate accademiche. Lui ci riuscì, giocando da maestro sul
mistero, lasciando per tutto il film allo spettatore la curiosità di scoprire
cosa si nasconde dietro ogni personaggio, mutandone la caratterizzazione,
alimentando i sospetti e sfruttando i colpi di scena. Alla fine fu un bel
successo, di critica e pubblico, con Ingrid Bergman Oscar per la migliore
attrice protagonista. Anche Hitchcock fu candidato come miglior regista, ma, nonostante Hopper, quell’Oscar non lo vinse mai.
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