sabato 4 marzo 2017

Poliziotti e giudici (II)


Il "poliziottesco", 
un genere quasi tutto italiano
Parte II


Autori minori serialmente assidui



Nel 1973 ero militare tra la bruma e la calaverna di Castelmaggiore (BO). Un freddo "della Madonna" e nebbia semper! Che fare quando eri in libera uscita?  Tra le venti case davanti alla caserma Montezemolo (Fervidis Rotas ad Metam) del Genio Ferrovieri, lì Pontieri di ponti di ferro, due possibilità. Uscivi dalla caserma e ti fermavi di là   dalla strada nell'unico bar (Il biliardo era sempre occupato dai sergenti!) o salivi al piano di sopra nell'unico cinemino (economico e ampio). A mezzo chilometro il paese di castelmaggiore, ma con quel freddo... Nel cinemino, tutte le sere tranne il martedì, davano un film o giallo all'italiana o poliziotetsco. E' così che, tra miasmi di noia e flash di dejavu, sono diventato un esperto.


Posso così fare ora, in piena autorità e competenza, un discorso critico (con sofferenza: ricordo quel tempo angosciante) su Enzo G. Castellari (Enzo Girolami), che sciorinava pessimismo, violenza, impotenza e sangue in La polizia incrimina la legge assolve (1973).


Come se non bastasse, ribadì tutto, subito dopo, con  Il cittadino si ribella (1974), che non ho visto a Castelmaggiore: mi ero congedato, ma al Cinema Tolfa di Tivoli. Anche lì quanto a programmazione si volava basso. Il film, devo esser sincero, non è del tutto banale: ha  rara maestria nel girare complesse sequenze spettacolari.


Ma c'è di peggio. Il regista lascia  ogni remora e realizza l'iperviolento  Il grande racket  (1976), una cupa sequenza di morte e di sangue, all’insegna di un pessimismo di fondo da canna del gas.


E' il momento di dare un occhiata ai titoli,  ne vale la pena per comprendere la sciatteria della produzione. Il precursore Romolo Guerrieri continua a proporci con onesto mestiere:  La polizia è al servizio del cittadino?  (Domanda insinuante posta nel 1973),   Un uomo, una città ( Riferito a Un uomo una donna ? (sic) nel 1974),   Liberi armati pericolosi  ( evasi? 1976) a Sono stato un agente Cia ( incredibile, ma non vero) (1978).
Sergio Martino, un altro autore di questo genere, è invece molto ambiguo:  Milano trema la polizia vuole giustizia  ( ma non è lì per questo? 1973),  La polizia accusa: il servizio segreto uccide  ( siamo dopo il tentato  golpe del Generale De Lorenzo 1975).
Stelvio Massi si specializza  nel ramo; ma, della sua lunga filmografia, le cose più rilevanti risultano essere l’esordio nel genere e il commiato dal medesimo, rispettivamente col robusto Squadra volante (1973) e il crepuscolare Poliziotto, solitudine e rabbia   (crepuscolare di che, c'era forse gloria o mito, prima? 1980).


Mi piace anche ricordare  le riuscite incursioni di registi che al genere si sono dedicati (spinti dalla sostanziosa parcella) in maniera episodica. Cito il bellissimo, inedito in Italia, Cani arrabbiati  ( Bava è uno "oltre"! 1974) di Mario Bava, storia di un sequestro di persona dagli esiti imprevedibili. Ma ci sono anche il curioso Revolver (1972) di Sergio Sollima, che mescola noir e road movie con ammiccante bravura; il magnifico Tony Arzenta  (1973) di Duccio Tessari, versione apocrifa e survoltata (avete presente la frittata che si fa volare quasi sino al soffitto?) del classico  Frank Costello faccia d’angelo  (1967) di Jean-Pierre Melville. Tessari  ingaggia pure il protagonista, Alain Delon, e rilegge il polar d’oltralpe in un’ottica iperviolenta e malinconica.
Resta da spendere, su questo fenomeno così importante per la cinematografia di casa nostra (e apprezzato anche fuori dai confini patrii: in più d’una occasione, ad esempio, Quentin Tarantino ha indicato in queste pellicole l'innesco della suaispirazione), qualche parola a riguardo della terminale inevitabile decadenza.


Come già per il western, le estreme propaggini del poliziesco assumono i colori della farsa: se già ne Il giustiziere sfida la città (1975) di Umberto Lenzi compariva la figura d’un difensore della legge pittoresco e ciarliero (ben resa dallo scaltro istrione  Tomas Milian), essa viene in seguito messa a punto per poi assumere i tratti del maresciallo Nico Giraldi, detto er "Monnezza".


All’insegna del turpiloquio e di sempre più sbracati duetti comici con l’attore Franco Lechner (in arte Bombolo), Milian spopolerà in un interminabile ciclo (da Squadra antifurto (1976) a Delitto al Blue gay  (1984)) diretto da Bruno Corbucci: tra lazzi e frizzi, si consumano gli ultimi, finalmente originali, fuochi di un genere molto di maniera, giustamente misconosciuto, inguardabile oggi e all'estero, vedi Tarantino, sopravvalutato.
FINE
 

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