Sospetti
l'ombra del bonsai
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Giungla domestica
I
La casa era ormai invasa dai
gelsomini: allungavano i loro tralci come tentacoli di piovra fuori, sul
terrazzo, e dentro: nel salotto e nell’ingresso. Sua moglie dotata di un pollice verde
incontenibile, magico e forse ancestrale con le piante scatenava sempre forze soprannaturali.
I gelsomini, con i loro
tentacoli insinuanti, invadevano tutte le stanze e diffondevano dentro casa il
loro odore denso, pungente e dolciastro. Ammorbante e psicotropo, come oppio.
Doveva agire.
Benito era uomo d'azione. Quando
sentì il rombo scoppiettante del vecchio diesel del ragioniere Rossi, afferrò la moglie per i
piedi e la spinse oltre la ringhiera del terrazzo, anche quella ricoperta di
gelsomini. Gli sembrò che un tralcio cercasse di afferrarla per una caviglia,
ma fu solo un'impressione.
Tra poco, come sempre, la
signora Rossi sarebbe scesa. La sentì sbattere la porta e trotterellare nel
pianerottolo: "Devo far svelto!".
Aspettò che entrasse nell’ascensore, poi si buttò giù a “rottadicollo” per le
scale. Poteva contare solo su pochi secondi di vantaggio. Quando la signora
uscì dalla cabina lui, un po’ affannato e con la testa che gli vorticava, era
davanti al cancello. “Buongiorno,
ha corso?” lo salutò la donna togliendogli, con gesto materno, un
fiore di gelsomino dai capelli. Non ci fu tempo di rispondere: l’aveva
previsto. Il ragioniere arrivò sconvolto: “Un’ambulanza presto!” Quando lo vide, però l’urlo gli si
strozzò in gola: “Oh mio Dio … la
sua signora!”.
Tre giorni dopo il
"suicidio", i primi sintomi. Era sul terrazzo. Vedovo
e rancoroso, un sorriso stampato sulle labbra,
ma sorda violenza nel cuore: aveva cominciato a potare senza pietà i
gelsomini fioriti. La signora Rossi dal balcone accanto l'osservava: “Sono più belli rigogliosi! Sì,
una potatina ogni tanto… No, non così, che li scempia! Leggero, non esageri!
Povera signora; eh, se la vedesse... lei sì che li sapeva coccolare!”, e si fece il segno della croce.
"Come si fa a pensare che si coccolano degli stupidi
vegetali?". Mentre ascoltava
quei consigli stizzosi, l’odore denso di gelsomino l’avvolse. La vista gli si
sfocò e prese a vorticare. Dovette appoggiarsi al finestrone.
Orribile: due
lunghi tralci del rampicante l’avevano avvolto su un braccio e sul collo! Come ruvidi
tentacoli. Con uno sforzo debilitante, "sono carnivori!", si buttò dentro casa. Sentì sul collo lo strappo dei tralci che si staccavano
come ceretta. Appena si riprese trovò appena il fiato di salutare la vicina: “Mi scusi, devo andare in bagno!”.
(13-I segue)
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