lunedì 29 maggio 2017

L'ombra del bonsai (13-I)



Sospetti
l'ombra del bonsai
13


  Giungla domestica



I

La casa era ormai invasa dai gelsomini: allungavano i loro tralci come tentacoli di piovra fuori, sul terrazzo, e dentro: nel salotto e  nell’ingresso.   Sua moglie dotata di un pollice verde incontenibile, magico e forse ancestrale con le piante  scatenava sempre forze soprannaturali. 


I gelsomini, con i loro tentacoli insinuanti, invadevano tutte le stanze e diffondevano dentro casa il loro odore denso, pungente e dolciastro. Ammorbante e psicotropo, come oppio. Doveva agire. 
Benito era uomo d'azione. Quando sentì il rombo scoppiettante del vecchio diesel del  ragioniere Rossi, afferrò la moglie per i piedi e la spinse oltre la ringhiera del terrazzo, anche quella ricoperta di gelsomini. Gli sembrò che un tralcio cercasse di afferrarla per una caviglia, ma fu solo un'impressione.
Tra poco, come sempre, la signora Rossi sarebbe scesa. La sentì sbattere la porta e trotterellare nel pianerottolo: "Devo far svelto!". Aspettò che entrasse nell’ascensore, poi si buttò giù a “rottadicollo” per le scale. Poteva contare solo su pochi secondi di vantaggio. Quando la signora uscì dalla cabina lui, un po’ affannato e con la testa che gli vorticava, era davanti al cancello. “Buongiorno, ha corso?” lo salutò la donna togliendogli, con gesto materno, un fiore di gelsomino dai capelli. Non ci fu tempo di rispondere: l’aveva previsto. Il ragioniere arrivò sconvolto: “Un’ambulanza presto!” Quando lo vide, però l’urlo gli si strozzò in gola: “Oh mio Dio … la sua signora!”.
Tre giorni dopo il "suicidio", i primi sintomi. Era sul terrazzo. Vedovo e rancoroso, un  sorriso stampato sulle labbra, ma sorda violenza nel cuore: aveva cominciato a potare senza pietà i gelsomini fioriti. La signora Rossi dal balcone accanto l'osservava: “Sono più belli rigogliosi! Sì, una potatina ogni tanto… No, non così, che li scempia! Leggero, non esageri! Povera signora; eh, se la vedesse... lei sì che li sapeva coccolare!”, e si fece il segno della croce.
"Come si fa a pensare che si coccolano degli stupidi vegetali?". Mentre ascoltava quei consigli stizzosi, l’odore denso   di gelsomino l’avvolse. La vista gli si sfocò e prese a vorticare. Dovette appoggiarsi al finestrone. 


Orribile: due lunghi tralci del rampicante l’avevano avvolto su un braccio e sul collo! Come ruvidi tentacoli. Con uno sforzo debilitante, "sono carnivori!", si buttò dentro casa. Sentì sul  collo lo strappo dei tralci che si staccavano come ceretta. Appena si riprese trovò appena il fiato di salutare  la vicina: “Mi scusi, devo andare in bagno!”.

(13-I segue)
 

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