DONNE D’ARCANI MINORI
Una
riflessione, più che una recensione, sul romanzo noir di Oscar Montani e soprattutto
su Corto che da dieci anni sta al timone della Delta, veliero costruito dalla Perini
Navi.
di
Carmen Claps
III
Il
gruppo di Corto ha dei luoghi riservati: molto privè, come lo
chalet “da Pippo”. Un casotto mitico, tanto importante che Oscar ha dedicato a
questo ambiente un intero volume di racconti.
È
la vera e propria casa degli amici di Corto; non vediamo mai descritte le loro
abitazioni private ed è giusto così perché questi personaggi contano solo in
quanto membri del gruppo. Perfino il protagonista: della sua casa conosciamo
solo il grande letto matrimoniale a due piazze nel quale si tuffa per fare
lunghe dormite al rientro da ogni crociera. Lo chalet di Pippo è una baracca un
po’ sbilenca, un po’ stinta, molto abusiva, cresciuta nel tempo per errori
molto voluti, mimetizzata negli avamposti della pineta. Come clienti, non molto
consumatori, solo Corto e la sua corte; meno male, perché Pippo serve
specialità spesso improponibili. Qui il gruppo si riunisce la sera per fare il
punto sugli avvenimenti della giornata e per decidere le mosse future. Ma è
anche teatro di partite a carte ora epiche e accanite ora svogliate e
distratte, di accesissime discussioni di donne e di sport. È anche il luogo
dove il nostro investigatore cerca concentrazione e raccoglimento, è qui che
scrive le sue storie, ce lo racconta lui stesso, astraendosi da tutto ciò che
gli accade intorno e guai a chi lo disturba. Una statuta fiera e pensosa.
Novello
Indro Montanelli inviato di guerra, sta seduto appoggiato ad un albero, solo
che lui sulle ginocchia non ha la mitica, romantica lettera 22, ma un anonimo e
tecnologico computer.
La
sede invernale del gruppo, quando il clima non di riunirsi da Pippo, è lo
studio del Bestia. Il Bestia è un sedicente fotografo high-tech, un mago
dell’informatica, definito il Frankenstein dell’elettronica, perché sostiene
che un computer non muore mai, tranne due o tre componenti e in effetti riesce
ad operare miracolose resurrezioni. È un colosso di oltre 100 chili, irsuto,
triviale, da tutto questo il suo soprannome. Le donne, però, che ne intuiscono
al volo la grande sensibilità, chissà perché solo le donne, lo chiamano per
nome, Gianfranco o addirittura Gianfranchino. La cosa non smette mai di
suscitare perplessità in Corto. Lo studio del Bestia è inquietante fin
dall’ingresso, che sembra un’agenzia di spionaggio sovietica o israeliana.
Dentro un ammasso intricato di fili, mensole sovraccariche di pezzi ormai non
più identificabili e giacenti li chissà da quanto tempo perché coperti da un
notevole strato di polvere. Nello studio del Bestia, il protagonista vivrà
momenti fondamentali per la vicenda. Proprio al Bestia, per confermare la sua
grande sensibilità, tocca il compito di tirare le fila di quella storia nella
scena finale; vorrà pur dire qualcosa.
Infine
il salone di Rodin, Romano Dinelli, barbiere, ma anche e soprattutto artista
dei carri del carnevale. Il soprannome è geniale, come sempre: acronimo e
riferimento al grande scultore. Il salone non è molto ben frequentato e non
gode di ottima fama: a parte non meglio identificati clienti, vi stazionano
alcuni vecchietti, che Corto, con un linguaggio politicamente corretto,
definisce “non clienti” o “finti clienti” incartapecoriti, “dalle facce sgherre”,
magari calvi, che non hanno alcun bisogno delle sue prestazioni. Corto vi entra
invariabilmente per farsi dare una sistemata alla chioma fluente, lunga e
arruffata prima della partenza di ogni crociera, ma vi entra anche, ora con
fare mellifluo, ora fin troppo deciso per attingere informazioni: si sa che in
tutto i saloni dei barbieri le notizie circolano.
Tutti
questi luoghi saranno fonte preziosa di informazioni utilissime al nostro
detective.
Ma
all’inizio si diceva che la vicenda si svolge anche ben lontano dalla Versilia,
in Spagna, precisamente a Valencia, in occasione delle regate di Coppa America,
e a Barcellona. Oscar ci accompagna a visitare luoghi particolarmente
rappresentativi di queste città, ma non con il tono freddo e anonimo di un
manuale turistico, bensì li descrive sempre e soltanto per quello che quegli
scorci contano per la vicenda e per il protagonista.
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