mercoledì 17 gennaio 2018

Una tranquilla provincia criminale (III)


 Una tranquilla provincia criminale
rassegna di alcuni delitti  della "provincia liquida" italiana

 (III)
Sarzana (III) 



Tante pistole in mano a un ragazzo. Nessuno in famiglia se n'era accorto? Nessuno dei vicini ha sospettato di niente? Sparacchiava agli animali da cortile... tutti zitti!  La provincia liquida, come sempre, cova i suoi delitti. Finché non si trova un'accetta di casa conficcata in testa a un innocuo custode dell'Ufficio del Registro.

Passano i mesi. Il 28 dicembre 1939, a sera, William sottrae (ma come sottrae? Ruba!) dalla giacca del padre, le chiavi delle casseforti dell'Ufficio del Registro. Va in cantina, piglia l'accetta della legna. Se uno va a rubare deve tenersi armato, non si sa mai con gli imprevisti!  Entrato nel palazzo dell'Ufficio del Registro il giovane sale, apre con le chiavi una cassaforte, intasca 13.000 lire ed esce dalla stanza. In fondo alla scala incontra il custode Giuseppe Bernardini che gli chiede: «Cosa fai qui?». Il ragazzo si sente perduto, brandisce la scure  e colpisce  sei volte, alla testa, il pover'uomo. Fugge. Il cadavere, ritrovato la mattina dopo, ha l'accetta ancora infissa nel cranio. 

Il 4 gennaio 1940 Vizzardelli viene finalmente arrestato. A incastrarlo, una  macchia di sangue sulla giacca da lui indossata la sera del delitto; un suo cacciavite ritrovato sulla scena del crimine; e la scure, proveniente da casa del padre. 

Chiuso nella morsa di indizi decisivi, dopo lunga resistenza,  finisce per confessare, con indifferenza agghiacciante, tutti i suoi crimini: collegio della Missione, strada di Falcinello e ufficio del Registro. È il più giovane pluriomicida e, scampando alla fucilazione (nel ventennio la pena di morte, appena reintrodotta, veniva eseguita dal plotone d'esecuzione) solo perché minorenne, diventerà anche il più giovane ergastolano  della storia italiana.


Riassumiamo... tutte cose che si sapevano in città e dintorni. William Giorgio Vizzardelli è un personaggio inquietante.  Nato nel 1922, sin dalla tenera età comincia ad addestrarsi, per divertimento, all'uso delle armi da fuoco (e il padre stava a guardare compiaciuto?). Ha presto una mira infallibile: uccide al primo colpo gatti, anatre e galline.
A Sarzana per due volte, di notte, rompe una finestra del ginnasio «Parentucelli», entra in aula e compie atti vandalici in segno di ribellione: carte geografiche incendiate alle pareti, calamai scaraventati contro le pareti stesse. Oltre che di armi è un patito di esercizi ginnici. Frequenta con regolarità la palestra della GIL (Gioventù Italiana del Littorio): è un bravo attrezzista. Personaggio taciturno e poco rassicurante, il «fanciullo dal cuore perfido» si sente superiore alla media, ogni sua attività è rivolta ad uno scopo preciso: imporsi su tutti. Ad un amico dice con risata sarcastica: «Non son tipo da donne, ma da forca!». 

Agli inquirenti William racconta di avere usato la scure per ammazzare il Bernardini, essendo stato suggestionato dal particolare che nei romanzi Delitto e castigo e I fratelli Karamazov, da lui letti, venivano narrati delitti compiuti con una scure. Afferma di avere rubato il denaro dall'Ufficio del Registro perché amante della vita avventurosa e perché, avendo in progetto di imbarcarsi come mozzo nella Marina mercantile, riteneva di aver bisogno di denaro data la misera paga iniziale.
Sprezza le pratiche della religione cattolica. per lui sono sciocchezze:  crede in una Potenza Superiore   indifferente delle sorti dei mortali. In casa (Che famiglia attenta!) distilla l'alcool fabbricandosi liquori con cui si sbronza e si dedica in cantina ad esperimenti chimici per fabbricare la nitroglicerina: la fa esplodere per il solo gusto di farlo. Inoltre, che simpatico discolo! devia la corrente elettrica ad alta tensione, che passa all'altezza del tetto di casa sua,  nella soffitta: ottiene così l'arco voltaico, di cui si serve per apportare innovazioni o riparazioni alle proprie armi.  

Il carcere e il tragico epilogo.
Ritenutolo sano di mente, la Legge lo bolla «delinquente per tendenza». Da Marassi è trasferito all'isola di Pianosa.  Il giovane ergastolano fa ritorno a Marassi da dove, una notte del gennaio '48, tenta  di evadere insieme ad altri: sorpreso, è rispedito a Pianosa. Nei restanti anni di carcere, diventato mansueto e remissivo, prenderà la maturità con buoni voti, studierà il francese e il russo e perfezionerà a tal punto l'inglese da leggere Shakespeare in originale. I parenti delle vittime, però, continueranno a negargli la grazia. 

Ottenuta nel '68 la libertà condizionale per cinque anni, va a vivere a casa di una sorella, a Carrara, mantenendo un comportamento irreprensibile. È appena tornato definitivamente libero quando, nel 1973, a 51 anni, si lascia morire dissanguato in quell'abitazione, dopo essersi squarciato le vene del braccio sinistro e la gola con un coltello da cucina.  

(III - segue)   
 

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