Una tranquilla provincia criminale
rassegna di alcuni delitti della "provincia liquida" italiana
(IV)
Varese (I)
Nel 1987, in quel di Varese, Lidia Macchi fu massacrata a coltellate, ci son
voluti 30 anni per arrestare un credibile colpevole... ma sarà lui? Scrivo e pubblico questo post con la convinzione che Stefano Binda sia innocente... il tempo, lo so, mi darà ragione!
"La provincia cova
sonnolenta le sue malefatte", scrisse tanti anni fa Mario
Soldati. Più seguo i delitti di provincia e più sono convinto che avesse
ragione. Io, nei miei gialli, mi sono ispirato alla metafora della gora o del
laghetto. La provincia è liquida: ci tiri un sasso s'alzano onde, le rane si
zittiscono, poi le onde si ammortizzano sulle rive erbose e le rane riprendono
il loro gracidare, ma non parlano del sasso: tutto tace.
A distanza di anni, nonostante tutto, la provincia
continua a sorprendermi. Quasi due anni fa appresi con stupore pari alla meraviglia, la notizia
dell'arresto di un compagno di scuola della ragazza uccisa quasi trenta anni prima
in un bosco nei pressi dell'ospedale dov'era andata a trovare un'amica ferita
in un incidente stradale.
Cosa successe allora
Il 5 gennaio 1987 Macchi, studentessa di Giurisprudenza all’università
Statale di Milano, era andata a trovare un’amica ricoverata all’ospedale di
Cittiglio, in provincia di Varese.
Doveva tornare a casa per cena a Casbeno, un quartiere di Varese dove
abitava coi suoi genitori, ma non si fece vedere. L’amica ricoverata raccontò
che Macchi era uscita dall’ospedale alle otto e dieci. Il padre di Macchi ha
raccontato che la sera del 5 gennaio cercò l’automobile di sua figlia nel
parcheggio dell’ospedale, ma che non la trovò.
Il giorno successivo circa un centinaio fra amici, compagni scout e membri
di CL (Comunione e Liberazione) organizzarono una ricerca per trovare Lidia
nelle strade fra Varese e Cittiglio.
Il corpo di Macchi venne ritrovato il 7 gennaio nel bosco di Sass Pinì: era riverso accanto alla sua Panda,
coperto da cartoni e parzialmente svestito. Più tardi la procura stabilì che
Macchi era morta nella notte fra il 5 e il 6 gennaio dopo aver ricevuto 29
coltellate.
30 anni dopo
Stefano Binda, il sospettato (è ancora in corso uno zoppicante processo), è stato individuato grazie a una lettera
anonima (una poesia dolente) che allora era stata recapitata ai genitori di
Lidia. Confrontata con una cartolina
postata di recente, gli inquirenti hanno stabilito che la grafia coincide e che
lui (Stefano) è il colpevole!
Si tratta del teorema indiziario de "Il
postino suona sempre due volte!". Riporto la foto della lettera con composizione poetica, che arrivò
ai familiari il giorno del funerale di Lidia. Come c'era da aspettarsi su
questo manoscritto si sono fiondati come avvoltoi sedicenti psico grafologi e
criminologi di dubbia fama, ma che ostentano odiosa sicumera!
Prima di continuare è meglio premettere subito che
ci sono alcune cose che non quadrano.
1. La sadica vessazione di un sacerdote che al
momento del delitto fu trattenuto in interrogatori interminabili. Lo
sputtanarono e nonostante il rilascio "immacolato" fu costretto a trasferirsi
altrove.
2. L'incriminazione del già pluriomicida (delitto
delle mani tagliate) che, bastava ben indagare, non c'entrava un tubo (metafora
impropria perché non era idraulico, ma imbianchino).
3. Che il presunto omicida, ora arrestato, ai tempi del delitto non sia
mai stato considerato dagli inquirenti.
4. Che si sia fatto grande spreco di soldi per
analizzare tracce organiche (anche del dna) e liquidi seminali degli abitanti
del luogo.
5. Perché non si è indagato sui compagni di scuola. Una lettera scritta a mano è facile da raffrontare con compiti in classe, sono conservati in archivio per cinque anni e a volte le professoresse ( a distanza di così poco tempo) possono ancora avere dei pacchi di compiti "prove d'esame" in casa.
6. Perché la lettera anonima non fu, allora, resa pubblica?
7. Infine perché mobilitare una compagnia di genieri sminatori per cercare, 30 anni dopo, oggetti metallici in un parco dove si fanno pic nic?
Alla prossima.
5. Perché non si è indagato sui compagni di scuola. Una lettera scritta a mano è facile da raffrontare con compiti in classe, sono conservati in archivio per cinque anni e a volte le professoresse ( a distanza di così poco tempo) possono ancora avere dei pacchi di compiti "prove d'esame" in casa.
6. Perché la lettera anonima non fu, allora, resa pubblica?
7. Infine perché mobilitare una compagnia di genieri sminatori per cercare, 30 anni dopo, oggetti metallici in un parco dove si fanno pic nic?
Alla prossima.
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