mercoledì 7 marzo 2018

Il Gufo giallo (116)


Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
Giudizio n. 115

Un caso di scomparsa
  di  Dror A. Mishani 
Guanda



Una ridicola premessa
“Leggo romanzi gialli, quando ho tempo, e guardo film polizieschi e serie televisive, e dimostro che l’investigatore si sbaglia.”
Non aveva capito. Nessuno capiva.
“Dimostri a chi?”
“A me stesso. Quando leggo un giallo, svolgo la mia indagine parallela e dimostro che l’investigatore del libro si sbaglia o induce di proposito i lettori a sbagliare, mentre la vera soluzione è un’altra.”
Riporto questo brano di improbabile dialogo per far capire quanto sia difficile esprimere un giudizio su questo libro.
Se come editor (lo faccio davvero) mi avessero sottoposto questo manoscritto per una valutazione credo che l'avrei scartato con queste motivazioni: ha un'ideologia sbagliata (riguardo agli autori di gialli: orgoglio e pregiudizio), è prolisso e non quaglia, troppe ripetizioni ed eccessivi dettagli. Noioso. Non sarei andato oltre le cinquanta pagine e avrei sbagliato!
L'ho letto invece per intero (per dovere turistico e morale, ma non vi spiego di più) e a parte i difetti congeniti l'ho apprezzato. Non mi ha entusiasmato, ma l'ho apprezzato. Cerco di spiegarvi perché.

Procedura introspettiva di polizia



Sobborgo di Tel Aviv. L’ispettore Avraham Avraham  è convinto che in Israele  non si scrivono  perché si muore già abbastanza nella guerra continua che si vive nel quotidiano, come è morto il figlio di Ilana, il capo di  Avraham.   Così, quando si presenta in Centrale una madre a denunciare la scomparsa del figlio, il poliziotto non le da troppo ascolto.   Risulta presto che il ragazzo, Ofer, è proprio scomparso. Col passare dei giorni sorge il sospetto che possa essere morto.  Sembra a Avraham che   sua madre lo conoscesse poco, non sa dire nulla delle abitudini del figlio, di quello che gli piaceva. Eppure Ofer sarebbe dovuto andare al cinema con una ragazza due giorni dopo quello della sua scomparsa - di certo non si è ucciso, ma anche andarsene così, senza soldi, senza carta di credito, senza telefonino? ... di piùnon si può dire, occorre leggere.
Dror Mishani con questo suo primo romanzo  ribalta, anzi la smonta pezzo per pezzo, l’affermazione del suo personaggio secondo cui non si scrivono gialli in Israele. E' infatti un buon romanzo giallo ed un cupo, scurissimo noir. Non eccelso, in nessuno dei due lati  ma  un romanzo che ricerca con convinzione lo spessore psicologico dei personaggi. A volte lo trova, a volte s'incarta, per cui le domande lasciano la risposta aperta, non perché il lettore ci rifletta, ma perché c'è stato un eccesso di introspezione e neppure uno psicanalista esperto ne uscirebbe.
Avraham  Avraham,  che poi non è "un Montalbano" come recita la copertina, sarà protagonista di un altro successivo romanzo: ci sono le premesse. Non vi dico dell’insegnante Zeev Avni, che ha velleità di scrittore ma neppure si rende conto di essere il deus ex machina dell'indagine.
Zeev è il motore nascosto del meccanismo narrativo: il personaggio inconsapevole che "muove le cose".  La scomparsa del ragazzo offre a Zeev Avni l’ispirazione per "il romanzo" che avrebbe sempre voluto scrivere.   
Allora Zeev   porta l’invenzione romanzesca dentro la vita della famiglia dello scomparso... e di più non dissi.  
Avraham  Avraham  avanzare incerto, ma ha pure deboli intuizioni a guidarlo, in cerca di una verità che gli sfugge, che si camuffa sotto molteplici sembianze.
Quando si alza infine il sipario, finisce il giallo per dar posto a un nero noir:  è un terribile dramma grondante dolore.   



Ma come sentenziava mia nonna "Baccalà, fegato e ova, con più bolle e più s'assoda!". Un noir dev'essere stringente, secco, duro, rapido, tagliente... se lo cuoci troppo si scuoce come la pasta o si indurisce come il pane, soprattutto perde sapore.  Meno male che tra tanta dolorosa e cupa tristezza c’è   un risvolto leggero ( ma giusto un pizzico):  l’ironia affettuosa con cui vengono presentati i genitori del  quarantenne Avraham    (Woody Allen docet sulle mamme ebree, competono solo con quelle italiane quanto ad iper-protettività) e l’imprevisto innamoramento del protagonista per una ragazza incontrata in un viaggio di lavoro a Bruxelles.
Resta comunque, a gravare sulla storia e sulle spalle del lettore, la ridondanza. Si vede che in Israele poco si conosce l'asciuttezza di Chandler o di Hammet. Credo che un taglio del 30% di pagine farebbe di questo libro prolisso un (più) piccolo grande ( lavoro) capolavoro.

Voto ***/5

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