sabato 28 aprile 2018

Una tranquilla provincia criminale (VI)


 Una tranquilla provincia criminale
rassegna di alcuni delitti  della "provincia liquida" italiana



(VI)
Varese (III)


Gli sviluppi recenti (si fa per dire:due anni, ma non è ancora finita!)
La lettera anonima arrivata alla famiglia Macchi pochi giorni dopo l’omicidio venne di nuovo a galla  dai documenti dell’indagine nel giugno del 2014 e venne diffusa dalle  televisioni private e dai  giornali locali. Un’amica di Stefano Binda, un ex compagna di scuola di Lidia Macchi, pensò di riconoscere la grafia di Stefano Binda e ne parlò con la Procura di Milano nell’estate di quell’anno. Nei mesi successivi la Procura fece confrontare la grafia della lettera con quella di Binda, trovando riscontri positivi (opinabili!).


Il testo:
IN MORTE DI UN’AMICA
LA MORTE URLA
CONTRO IL SUO DESTINO.
GRIDA DI ORRORE
PER ESSERE MORTE :
ORRENDA CESURA ,
STRAZIO DI CARNI .
LA MORTE GRIDA
E GRIDA
L’UOMO DELLA CROCE .
RIFIUTO ,
IL GRANDE RIFIUTO .
LA LOTTA
LA GUERRA DI SEMPRE .
E LA MADRE ,
LA TENERA MADRE
COI FRATELLI IN PIANTO .
PERCHE’ IO .
PERCHE’ TU .
PERCHE’, IN QUESTA NOTTE DI GELO,
CHE LE STELLE SON COSI' BELLE,
... ... qui ci fermiamo, è già sufficiente per capire!


Dopo 30 anni inizia un'altra storia. Prima l'arresto del Binda (ma come si fa ad arrestare uno dopo 30 anni, con solo qualche indizio?), poi inizia un'altra indagine, l'ennesima. Viene esposto un altro teorema! E infine il processo. Processo solo indiziario! L'accusa, però, si palesa rigida e determinata. 

Come si è arrivati a questo? Con uno scoop.
Il settimanale “Giallo”, rende noti in esclusiva alcuni passaggi della perizia compiuta sulla lettera da parte della psicoterapeuta Vera Slepoj (*)! Ciò che è emerso è un quadro dettagliato del presunto assassino il quale appare un giovane attratto dalla vittima ma allo stesso tempo turbato e crudele. Secondo la perizia della psicoterapeuta emerge l’identikit di un uomo religioso, oggetto di un rifiuto ma che dimostra di essere stato coinvolto nella vicenda, rendendolo noto pur in modo inconsapevole. “La poesia è un atto liberatorio”, ha aggiunto la Slepoj, “E’ una sorta di tentativo di coprire i rimorsi e un bisogno simbolico di sepoltura per rimuovere le proprie responsabilità”.

Ci mancava solo questa! Peggio della maga Zoraide: interpreta il carattere dallo scritto, dando per scontato che il colpevole sia Binda.



(*)Per chi non la conoscesse qui c'è una biografia dettagliata (anche se un po' malignetta) tratta da internet della psicologa sedicente grafologa Vera Slepoj.
Qui riporto solo l'incipit.
Nata nell'isola di Lesbo nel 666a.C., Vera Slepoj impara a leggere e scrivere prima ancora di imparare a parlare. Dopo il primo anno dalla nascita, uccide il padre per non dover attraversare la fase freudiana dell'invidia del pene.  Non appena impara a camminare, fugge da Lesbo perché temeva che il nome dell'isola le potesse nuocere...
PROCESSO IN CORSO non di corsa!


ACCUSA: Stefano Binda e Lidia Macchi si conoscevano e si frequentavano nei mesi prima dell’omicidio della ragazza. I messaggi scritti, che attestano la conoscenza di “particolari noti solo a chi può aver commesso il fatto” sono attribuibili a Stefano Binda, per il quale l’accusa rappresentata dal Procuratore Generale Gemma Gualdi  ha chiesto l’ergastolo.
DUE NOMI : due testi fondamentali , Patrizia Bianchi e Lelio Defina, amici e conoscenti dell’imputato. Le due persone che spiccano nei ragionamenti dell’accusa.
La prima  ha riconosciuto la scrittura del Binda dopo la pubblicazione sui giornali della lettera anonima inviata ai familiari il giorno del funerale di Lidia, il 10/1/1987.
L’OMICIDIO:  il ritrovamento del corpo  straziato da 29 coltellate, vicino all’auto nella quale sarebbe stato consumato il primo rapporto sessuale della vittima, lì uccisa.
I MESSAGGI  I fogli sono attendibili per le perizie  grafologiche e merceologiche: fogli provenienti dallo stesso quaderno trovato in casa di Binda .
I SEI ALIBI  di Binda   per Gemma Gualdi si tratta di alibi inattendibili.
IL PACCHETTO misterioso di  carta presente nell’auto di Binda a pochi giorni dalla morte di Lidia, fatto sparire di fronte alla  Bianchi, lasciato probabilmente nel parco Mantegazza a Varese e mai trovato!
SI CONOSCEVANO  Lelio Defina, secondo testimone   ha più volte visto Binda in compagnia di Lidia e altri amici, proprio alla Statale, dove lei studiava. 

PROCESSO INDIZIARIO  «Si tratta di un processo indiziario»,  è stato più volte ricordato «e per 10 volte abbiamo cominciato da capo le indagini». «Episodi di depistaggio, tutti scollegati tra loro con l’obiettivo di accusare altri responsabili».
LA PENA  L’accusa ha chiesto l’aggravante della crudeltà per la violenza dei colpi, un “dolo d’impeto”, insorto dopo il rapporto sessuale, dopo quei 20, 30 minuti seguiti all’amplesso, il primo della vita della ragazza. «Lidia pensa che sia un amore impossibile perché Stefano si buca, non vede però un futuro, sebbene lo ami. Non so cosa sia accaduto in quei trenta minuti che separano la fine del rapporto sessuale e la morte», ha spiegato il Procuratore Generale nella sua conclusione.
Viene chiesta anche l’aggravante dei futili motivi, «motivi che non possiamo comprendere, ma solo valutando una caratteristica psichica emersa dalle perizie che descrive reazioni violente quando a Binda si avvicina una persona di sesso femminile. Una sorta di reiezione difensiva».
L’ultimo appello viene rivolto ai giurati: «Avete un grande compito, è il tempo di dimenticare i timori e di essere forti».

Poi la richiesta della pena: ergastolo.
Ragionevoli dubbi

Varese, 20 aprile 2018 -  L'avvocato Patrizia Esposito, difensore del 50enne Stefano Binda:
"Chiedo che Stefano Binda venga assolto per non aver commesso il fatto". per l'omicidio di Lidia Macchi.

Nel processo per l’uccisione della studentessa trovata morta 30 anni fa nei boschi di Cittiglio (Varese), la difesa ha così concluso  l’arringa difensiva. Secondo il legale, che assiste, insieme al collega Enrico Martelli, il  Binda  l’imputato non ha mai commesso reati o manifestato atteggiamenti violenti e, benché la sua vita possa apparire "strana" perché segnata dalla tossicodipendenza che lo avrebbe portato a tornare a vivere nella casa dei genitori, le sue scelte non possono rappresentare il punto di partenza "dal quale costruire il personaggio assassino", tesi dell'accusa.
Secondo il difensore:
.  Il 5/01/1987,  giorno in cui la ragazza fu uccisa, Binda era in vacanza a Pragelato", insieme al gruppo Gioventù Studentesca,  come ha sempre  sostenuto, e non avrebbe avuto senso fornire alla Polizia che lo interrogò un mese dopo il delitto un alibi che avrebbe potuto essere smentito da cento persone.
.  Non c'è nessun elemento  che faccia pensare alla presenza di Binda la sera dell'omicidio. Quella sera Lidia va a trovare l'amica Paola ricoverata in ospedale dopo un incidente stradale. C'è il gruppo degli amici milanesi e ci sono anche due amici di Brebbia: Giuseppe Soggiu e Piergiorgio Bertoldi. Il trio di amici è 'monco', manca infatti Binda che è alla vacanza di studio della gioventù studentesca.
.  Nessuno degli amici di Lidia parla di Binda. Una signora   si affaccia davanti all'ospedale e vede arrivare un'auto bianca grande. Per l'accusa è la 131 di Binda. Ma come si fa  la sera alla luce artificiale dei lampioni a dire quale era l'esatto colore dell'auto?" Al processo si parla anche del molestatore dell'ospedale. "Una signora molestata esce dal bar e prende la targa di una grossa auto bianca che non corrisponde alla targa di Binda".
La difesa ha smantellato ogni tesi dell'accusa, pezzo per pezzo, che di Binda ha  costruito un'immagine negativa tralasciando ogni aspetto positivo…
Invece: ERGASTOLO!


La difesa ha già richiesto appello! Credo che sia necessario un approfondimento con molta pacata riflessione! Personalmete nutro molti dubbi, legittimi o Ragionevoli dubbi! Purtoppo i mass media non hanno molto seguito le vicende che ho cercato stringatamente di riassumere. Speriamo che il processo di appello ce li chiarisca.

(VI - segue)

 

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