Una tranquilla provincia criminale
rassegna di alcuni delitti della "provincia liquida" italiana
(VI)
Varese (III)
Gli sviluppi recenti (si fa per dire:due anni, ma non è
ancora finita!)
La lettera anonima
arrivata alla famiglia Macchi pochi giorni dopo l’omicidio venne di nuovo
a galla dai documenti dell’indagine nel
giugno del 2014 e venne diffusa dalle televisioni private e dai giornali locali. Un’amica di Stefano Binda, un
ex compagna di scuola di Lidia Macchi, pensò di riconoscere la grafia di
Stefano Binda e ne parlò con la Procura di Milano nell’estate di
quell’anno. Nei mesi successivi la Procura fece confrontare la grafia
della lettera con quella di Binda, trovando riscontri positivi (opinabili!).
Il testo:
IN MORTE DI UN’AMICALA MORTE URLA
CONTRO IL SUO DESTINO.
GRIDA DI ORRORE
PER ESSERE MORTE :
ORRENDA CESURA ,
STRAZIO DI CARNI .
LA MORTE GRIDA
E GRIDA
L’UOMO DELLA CROCE .
RIFIUTO ,
IL GRANDE RIFIUTO .
LA LOTTA
LA GUERRA DI SEMPRE .
E LA MADRE ,
LA TENERA MADRE
COI FRATELLI IN PIANTO .
PERCHE’ IO .
PERCHE’ TU .
PERCHE’, IN QUESTA NOTTE DI GELO,
CHE LE STELLE SON COSI' BELLE,
... ... qui ci fermiamo, è già sufficiente per capire!
Dopo 30 anni inizia un'altra
storia. Prima l'arresto del Binda (ma come si fa ad arrestare uno dopo 30 anni,
con solo qualche indizio?), poi inizia un'altra indagine, l'ennesima. Viene
esposto un altro teorema! E infine il processo. Processo solo indiziario! L'accusa,
però, si palesa rigida e determinata.
Come si è arrivati a questo? Con uno scoop.
Il settimanale “Giallo”, rende
noti in esclusiva alcuni passaggi della perizia compiuta sulla lettera da parte
della psicoterapeuta Vera Slepoj (*)! Ciò che è emerso è un quadro dettagliato
del presunto assassino il quale appare un giovane attratto dalla vittima ma
allo stesso tempo turbato e crudele. Secondo la perizia della psicoterapeuta
emerge l’identikit di un uomo religioso, oggetto di un rifiuto ma che dimostra
di essere stato coinvolto nella vicenda, rendendolo noto pur in modo
inconsapevole. “La poesia è un atto liberatorio”, ha aggiunto la Slepoj, “E’
una sorta di tentativo di coprire i rimorsi e un bisogno simbolico di sepoltura
per rimuovere le proprie responsabilità”.
Ci mancava solo questa! Peggio
della maga Zoraide: interpreta il carattere dallo scritto, dando per scontato
che il colpevole sia Binda.
(*)Per chi non la
conoscesse qui c'è una biografia dettagliata (anche se un po' malignetta) tratta
da internet della psicologa sedicente grafologa Vera Slepoj.
Qui riporto solo l'incipit.
Nata nell'isola di
Lesbo nel 666a.C., Vera Slepoj impara a leggere e scrivere prima ancora di
imparare a parlare. Dopo il primo anno dalla nascita, uccide il padre per non
dover attraversare la fase freudiana dell'invidia del pene. Non appena impara a camminare, fugge da Lesbo
perché temeva che il nome dell'isola le potesse nuocere...
ACCUSA: Stefano Binda e Lidia Macchi si
conoscevano e si frequentavano nei mesi prima dell’omicidio della ragazza. I
messaggi scritti, che attestano la conoscenza di “particolari noti solo a chi
può aver commesso il fatto” sono attribuibili a Stefano Binda, per il quale
l’accusa rappresentata dal Procuratore Generale Gemma Gualdi ha chiesto l’ergastolo.
DUE NOMI : due testi fondamentali , Patrizia
Bianchi e Lelio Defina, amici e conoscenti dell’imputato. Le due
persone che spiccano nei ragionamenti dell’accusa.
La prima ha riconosciuto la scrittura del Binda dopo la
pubblicazione sui giornali della lettera anonima inviata ai familiari il giorno
del funerale di Lidia, il 10/1/1987.
L’OMICIDIO: il ritrovamento del corpo straziato da 29 coltellate, vicino all’auto
nella quale sarebbe stato consumato il primo rapporto sessuale della vittima,
lì uccisa.
I MESSAGGI
I fogli sono attendibili per le perizie
grafologiche e merceologiche: fogli provenienti dallo stesso quaderno
trovato in casa di Binda .
I SEI ALIBI
di Binda per Gemma Gualdi si
tratta di alibi inattendibili.
IL PACCHETTO misterioso di carta presente nell’auto di Binda a pochi
giorni dalla morte di Lidia, fatto sparire di fronte alla Bianchi, lasciato probabilmente nel parco
Mantegazza a Varese e mai trovato!
SI CONOSCEVANO
Lelio Defina, secondo testimone
ha più volte visto Binda in compagnia di Lidia e altri amici, proprio
alla Statale, dove lei studiava.
PROCESSO INDIZIARIO «Si tratta di un processo indiziario», è stato più volte ricordato «e per 10 volte
abbiamo cominciato da capo le indagini». «Episodi di depistaggio, tutti
scollegati tra loro con l’obiettivo di accusare altri responsabili».
LA PENA L’accusa ha chiesto l’aggravante della
crudeltà per la violenza dei colpi, un “dolo d’impeto”, insorto dopo il
rapporto sessuale, dopo quei 20, 30 minuti seguiti all’amplesso, il primo della
vita della ragazza. «Lidia pensa che sia un amore impossibile perché Stefano si
buca, non vede però un futuro, sebbene lo ami. Non so cosa sia accaduto in quei
trenta minuti che separano la fine del rapporto sessuale e la morte», ha
spiegato il Procuratore Generale nella sua conclusione.
Viene chiesta anche l’aggravante
dei futili motivi, «motivi che non possiamo comprendere, ma solo valutando una
caratteristica psichica emersa dalle perizie che descrive reazioni violente
quando a Binda si avvicina una persona di sesso femminile. Una sorta di
reiezione difensiva».
L’ultimo appello viene rivolto ai
giurati: «Avete un grande compito, è il tempo di dimenticare i timori e di
essere forti».
Poi la richiesta della pena: ergastolo.
Ragionevoli dubbi
Varese, 20 aprile 2018 - L'avvocato Patrizia
Esposito, difensore del 50enne Stefano Binda:
"Chiedo che Stefano Binda venga assolto
per non aver commesso il fatto". per l'omicidio di Lidia Macchi.
Nel processo per l’uccisione della studentessa
trovata morta 30 anni fa nei boschi di Cittiglio (Varese), la difesa ha
così concluso l’arringa difensiva.
Secondo il legale, che assiste, insieme al collega Enrico Martelli, il Binda
l’imputato non ha mai commesso reati o manifestato atteggiamenti
violenti e, benché la sua vita possa apparire
"strana" perché segnata dalla tossicodipendenza che lo avrebbe
portato a tornare a vivere nella casa dei genitori, le sue scelte non
possono rappresentare il punto di partenza "dal quale costruire il
personaggio assassino", tesi dell'accusa.
Secondo il difensore:
. Il
5/01/1987, giorno in cui la ragazza fu uccisa, Binda era in vacanza
a Pragelato", insieme al gruppo Gioventù Studentesca, come ha sempre sostenuto, e
non avrebbe avuto senso fornire alla Polizia che lo interrogò un mese dopo
il delitto un alibi che avrebbe potuto essere smentito da cento persone.
. Non
c'è nessun elemento che faccia
pensare alla presenza di Binda la sera dell'omicidio. Quella sera Lidia va a
trovare l'amica Paola ricoverata in ospedale dopo un incidente stradale.
C'è il gruppo degli amici milanesi e ci sono anche due amici di Brebbia: Giuseppe
Soggiu e Piergiorgio Bertoldi. Il trio di amici è 'monco',
manca infatti Binda che è alla vacanza di studio della gioventù studentesca.
. Nessuno
degli amici di Lidia parla di Binda. Una signora si affaccia davanti all'ospedale e vede
arrivare un'auto bianca grande. Per l'accusa è la 131 di Binda. Ma come si
fa la sera alla luce artificiale dei
lampioni a dire quale era l'esatto colore dell'auto?" Al processo si parla
anche del molestatore dell'ospedale. "Una signora
molestata esce dal bar e prende la targa di una grossa auto bianca che non
corrisponde alla targa di Binda".
La difesa ha smantellato ogni tesi
dell'accusa, pezzo per pezzo, che di Binda ha
costruito un'immagine negativa tralasciando ogni aspetto positivo…
Invece: ERGASTOLO!
La difesa ha già richiesto
appello! Credo che sia necessario un approfondimento con molta pacata riflessione! Personalmete nutro molti dubbi, legittimi o Ragionevoli dubbi! Purtoppo i mass media non hanno molto seguito le vicende che ho cercato stringatamente di riassumere. Speriamo che il processo di appello ce li chiarisca.
(VI - segue)
(VI - segue)
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