Come per altri miei romanzi ricevo e pubblico a puntate questa riflessione di Carmen Claps, una lettrice con competenze critiche, una che se ne intende!
Macchine di morte
Morti da salotto
di Oscar Montani
a cura di Carmen Claps
(I)
L’epoca contemporanea con Corto, lo skipper
viareggino, il delicatissimo passaggio tra 1400 e 1500 con Bertuccio, il fabbro
armaiolo di Montevarchi, il ventennio fascista con Idamo, il medico di
Montevarchi ed ora un nuovo periodo storico ed un nuovo investigatore. Infatti
con “Morti da salotto” Oscar ci catapulta nel marzo 1799 con un nuovo personaggio,
il fisico Raimondo Santo Severi. Quindi la prima osservazione che occorre fare
è che questo romanzo, come del resto tutti quelli del nostro autore, non è un
romanzo storico, bensì un romanzo di ambientazione storica. La storia con la esse
maiuscola, i grandi fatti epocali che hanno cambiato il mondo e che sono
oggetto dei testi scolastici si intreccia saldamente, si fonde e si confonde
con la storia con la esse minuscola, cioè gli eventi quotidiani, addirittura
banali della gente comune. La storia influisce, spesso proprio decide la vita
delle persone, che, per parte loro, la interpretano e la vivono dal loro
personalissimo punto di vista.
Il romanzo quindi ci regala un efficacissimo quadro
del periodo, quadro proprio completo: l’aspetto psicologico e quello più
squisitamente materiale.
Per commentare questo romanzo la cosa migliore è
partire proprio dall’inizio, cioè dal titolo, che, come tutti i titoli delle
opere di Oscar, è quanto mai enigmatico, malizioso, ma anticipa alla perfezione
il contenuto e il senso del lavoro. Chiaramente ce ne rendiamo conto solo a
lettura ultimata o, perlomeno, in corso d’opera. Dunque morti, perché il nostro
autore ci racconta quattro delitti efferati, veramente efferati, non tanto per
dire perché nei romanzi e nei film i delitti sono sempre e comunque efferati.
Qui lo sono per davvero. Da salotto perché lo scenario della vicenda è quasi
esclusivamente quello dei salotti nobiliari nei quali, a quell’epoca, si usava
tenere dimostrazioni ed esperimenti scientifici.
La narrazione, come sempre nei lavori del nostro
autore, e condotta in prima persona dall’investigatore protagonista, con i
verbi coniugati al passato. In questo modo l’autore ottiene il risultato di non
far perdere soggettività e partecipazione al racconto, ma, nello stesso tempo
gli conferisce una grande lucidità e quel distacco necessario a far sì che a
dominare la narrazione sia l’ironia.
Come sempre l’ironia di Oscar è irresistibile, feroce, dissacrante. Proprio nei momenti più drammatici o istituzionali ecco la zampata a smitizzare, a sdrammatizzare il tutto. Proprio a proposito dei quattro delitti, nel resoconto del rinvenimento dei cadaveri (Oscar ha la trovata magistrale di non raccontarci il delitto, ma i suoi “effetti”), straziati in modo davvero orribile, il nostro autore riesce ad essere leggero, quasi strizzasse l’occhio al suo lettore: “Tranquillo, è solo un romanzo”.
Come sempre l’ironia di Oscar è irresistibile, feroce, dissacrante. Proprio nei momenti più drammatici o istituzionali ecco la zampata a smitizzare, a sdrammatizzare il tutto. Proprio a proposito dei quattro delitti, nel resoconto del rinvenimento dei cadaveri (Oscar ha la trovata magistrale di non raccontarci il delitto, ma i suoi “effetti”), straziati in modo davvero orribile, il nostro autore riesce ad essere leggero, quasi strizzasse l’occhio al suo lettore: “Tranquillo, è solo un romanzo”.
Maestro Oscar anche per quel che riguarda gli
indizi: macroscopici, microscopici, reali, devianti, disseminati nel testo
in gran quantità spesso con una sana, giusta dose di sadismo. A lettura ultimata
tiriamo le fila e ce li godiamo tutti.
Sempre per quel che riguarda l’ossatura del romanzo,
il nostro autore è abilissimo ad alternare capitoli nei quali si va a rotta di
collo, cioè avvengono fatti clamorosi, con altri apparentemente più
interlocutori, discorsivi, ma solo apparentemente perché poi, in realtà, si
rivelano importantissimi perché preparano svolte decisive.
Naturalmente, inutile dirlo, il protagonista arriva
a far luce sui quattro delitti, ma la storia non ha il classico andamento
canonico delitto – inchiesta – scoperta – giudizio – sentenza – pena, ma
stravolge i soliti procedimenti: nel romanzo nulla è come sembra, nessuno è
come sembra.
Il protagonista: Raimondo Santo Severi. È un tipico
personaggio di Oscar, nel senso che non è un investigatore di professione, come
non lo sono Corto, Bertuccio, Idamo. Raimondo è un professore di fisica
sperimentale all’Università di Pisa. Il granduca di Toscana Ferdinando III,
nell’imminenza dell’occupazione francese della Toscana, gli chiede, anzi, gli
ordina proprio di sospendere le sue lezioni all’Università e di recarsi a
Montevarchi a spiare per conto suo.
A Montevarchi, come anticipato, avvengono quei
delitti e Raimondo si trova fatalmente invischiato nell’indagine. Lui, di suo,
non ci penserebbe proprio, tanto è vero che, quando si rende conto che non può
più tirarsi indietro, afferma “ero caduto in una trappola”. E qui una
sostanziale differenza tra Raimondo e gli altri investigatori creati da Oscar:
questi avevano l’indagine nel sangue. Bertuccio ha ereditato la passione per
“di svelar misteri” dal nonno Niccolò insieme all’arte di fabbro armaiolo; Idamo
è stato allevato dalla zia materna che gli ha passato il nome e, da piccino,
invece delle favole, gli leggeva le avventure di Sherlock Holmes, segnandolo
per sempre. Raimondo no, come detto, viene costretto a vestire i panni di
apprendista spia e investigatore. Raimondo è un fisico, un uomo di scienza, è
la prima cosa che ci dice di sé, come a mettere un timbro, un sigillo, ed è
fiero, felice della sua professione – missione, anche se il laboratorio di fisica
è una ghiacciaia (il Cocito è soprannominato) e anche se gli studenti sono, per
la maggior parte, distratti, svogliati e un po’ zucconi.
(I - Segue)
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