Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
Giudizio n. 123
A bocce ferme
Marco Malvaldi
Sellerio
Riassunto tedioso delle puntate
precedenti
“A bocce ferme”,
secondo i dizionari più accreditati, significa: “quando la situazione si è stabilizzata, con calma: ragioniamo a bocce
ferme”. E’ il momento di prendere la paglia e far le misure e le dovute
valutazioni.
A
bocce ferme è il settimo romanzo della serie
del BarLume, tra cui figurano i racconti riuniti ne Sei casi al BarLume, su cui è basata la serie tv con Filippo Timi. Alcuni romanzi, come questo e i sei casi sono “postumi
alla serie Sky”. Non è un peccato o una colpa, anche con “La
signora in giallo” si sono fatti imbroglietti de genere!
I libri sono stati
tradotti in tv in una prima stagione di successo per Sky Cinema, che poi, sull’onda
del poco (Don Matteo faceva venticinque volte tanto!) ed effimero successo è franata
su un trash peggio del peggio.
Malvaldi, forse pentito
di aver contribuito alle sciagurate sceneggiature di Sky e ai vaneggiamenti istrionici
e inconcludenti di Timi, ci offre “non aggratis”, il libro lo si paga e anche caro,
un riassunto pedante e tedioso (leggi “pallosissimo”) delle vicende dei personaggi
del Bar Lume.
Purtroppo si “zerbina”
anche sul modo di timi di interpretare Massimo, il barrista!
Che bisogno c’era, visto
che non hanno nessuna pertinenza con la vicenda. Si tratta di un cold case per i Vecchietti del Bar Lume,
un vecchio omicidio mai risolto, avvenuto nel fatidico 1968. Aldo, Ampelio,
Pilade e il Rimediotti c'erano e si ricordano bene, quindi non sanno resistere
ad intrufolarsi nell'indagine!
Il titolo poteva essere
“Post Mortem” ma l’aveva già usato, per
Kay Scarpetta, la molto più brava assai e parecchio, Patricia Cornwell.
Allora rimaniamo a prender
le misure sulle bocce ferme.
Battute usurate, metafore
forse intese dai professori della Normale di Pisa, digressioni sentenziose, onniscienti
e pedanti sulla società moderna, trama sottile di giallo sciapo, come al solito. Da molto biasimare l'esegesi del "Dé", una variante banale della spiegazione data, in labronico colto da Ettore Borzacchini (massima autorità in materia), ma anche lui prendeva spunto da quella della pernacchia fatta a suo tempo da Totò.
Un pisano, ancorché furbo, come il Malvaldi, dovrebbe aver più rispetto per la sua maggior fonte d'ispirazione!
So di essere controcorrente,
alla gente Malvaldi piace, vende centinaia di migliaia di copie (Beato a lui!) …
perché allora fare il riassunto delle vicende del Bar Lume? Non si cancellano gli
errori e i tanti affezionati lettori (bontà loro) conoscono già le storie!
Trovo poco corretto
il comportamento di un autore affermato che si è tristemente venduto ad assecondare
i deliri di onnipotenza di Filippo Timi e poi cerca di nascondere il suo crimine.
Sono costretto, per
dovere professionale, a legger questi libri. Non me ne vogliate se poi dico che
non mi piacciono. Da piccolo non mi piaceva neppure l’olio di fegato di merluzzo,
né i biscotti al Plasmon! Comunque, a bocce ferme, tratte le conclusione sarebbe l'ora di fare "abbasta" coi vecchietti e col Bar Lume!
Voto: **1/2/5
Sopravvalutato
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