domenica 26 agosto 2018

Il Gufo Giallo (124)

 

Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli

Giudizio n.  123

 

 

A bocce ferme

Marco Malvaldi


Sellerio

 

 

Riassunto tedioso delle puntate precedenti

 

A bocce ferme”, secondo i dizionari più accreditati, significa: “quando la situazione si è stabilizzata, con calma: ragioniamo a bocce ferme”. E’ il momento di prendere la paglia e far le misure e le dovute valutazioni.

A bocce ferme è il settimo romanzo della serie del BarLume, tra cui figurano i racconti riuniti ne Sei casi al BarLume, su cui è basata la serie tv con Filippo Timi.  Alcuni romanzi, come questo e i sei casi sono “postumi alla serie Sky”. Non è un peccato o una colpa, anche con “La signora in giallo si sono fatti imbroglietti de genere!

 

I libri sono stati tradotti in tv in una prima stagione di successo per Sky Cinema, che poi, sull’onda del poco (Don Matteo faceva venticinque volte tanto!) ed effimero successo è franata su un trash peggio del peggio.

Malvaldi, forse pentito di aver contribuito alle sciagurate sceneggiature di Sky e ai vaneggiamenti istrionici e inconcludenti di Timi, ci offre “non aggratis”, il libro lo si paga e anche caro, un riassunto pedante e tedioso (leggi “pallosissimo”) delle vicende dei personaggi del Bar Lume.

Purtroppo si “zerbina” anche sul modo di timi di interpretare Massimo, il barrista!

Che bisogno c’era, visto che non hanno nessuna pertinenza con la vicenda.  Si tratta di un cold case per i Vecchietti del Bar Lume, un vecchio omicidio mai risolto, avvenuto nel fatidico 1968. Aldo, Ampelio, Pilade e il Rimediotti c'erano e si ricordano bene, quindi non sanno resistere ad intrufolarsi nell'indagine!

Il titolo poteva essere “Post Mortem” ma l’aveva già usato, per Kay Scarpetta, la molto più brava assai e parecchio, Patricia Cornwell.

Allora rimaniamo a prender le misure sulle bocce ferme.

Battute usurate, metafore forse intese dai professori della Normale di Pisa, digressioni sentenziose, onniscienti e pedanti sulla società moderna, trama sottile di giallo sciapo, come al solito.  Da molto biasimare l'esegesi del "Dé", una variante banale della spiegazione data,  in labronico colto da Ettore Borzacchini (massima autorità in materia), ma anche lui prendeva spunto da quella della pernacchia fatta a suo tempo da Totò.

Un pisano, ancorché furbo, come il Malvaldi, dovrebbe aver più rispetto per la sua maggior fonte d'ispirazione!

So di essere controcorrente, alla gente Malvaldi piace, vende centinaia di migliaia di copie (Beato a lui!) … perché allora fare il riassunto delle vicende del Bar Lume? Non si cancellano gli errori e i tanti affezionati lettori (bontà loro) conoscono già le storie!

Trovo poco corretto il comportamento di un autore affermato che si è tristemente venduto ad assecondare i deliri di onnipotenza di Filippo Timi e poi cerca di nascondere il suo crimine.

Sono costretto, per dovere professionale, a legger questi libri. Non me ne vogliate se poi dico che non mi piacciono. Da piccolo non mi piaceva neppure l’olio di fegato di merluzzo, né i biscotti al Plasmon! Comunque, a bocce ferme, tratte le conclusione sarebbe l'ora di fare "abbasta" coi vecchietti e col Bar Lume!

 

Voto: **1/2/5

 

Sopravvalutato

 

 

 


 

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