lunedì 16 settembre 2019

In due la perfidia è tripla! (II)


La perfidia del doppio!

Lo specchio noir nel cinema

Gemelli e delitti

Parte II

Alla ricerca degli archetipi ...
Prima di avventurarsi e perdersi lungo i sentieri del cinema conviene parlare di letteratura e teatro.
Il tema del doppio ha da sempre affascinato gli uomini. Il topos del raddoppiarsi che porta a varie tipologie e declinazioni,  è stato sempre presente nelle narrazioni (anche Omero fa fare a Ulisse il doppio di se stesso!) e pure nelle scienze umane. Dalla religione alla filosofia, il doppio ha portato a una migliore comprensione della realtà.  Ciò è testimoniato anche dalla sua presenza, con interessanti interscambi, in letteratura e nelle opere tetrali.


Il doppio lo si trova, infatti, già nel teatro greco classico, il più noto esempio è “Elena” (412 a.C.) di Euripide. L'autore presenta Elena non come seduttrice adultera, macome moglie  fedele. Elena non è né colpevole, né vittima degli dei:  non è mai andata a Troia. Era rimasta in Egitto mantenendosi fedele nonostante le pesanti insidie del Re Teoclimeno. C'è andato, per ordito d'una dea, il suo fantasmatico doppio: manifestazione della conflittualità interna di Elena: aspetto su cui Euripide mette in evidenza. Oltre all’analisi delle conseguenze fisiche del doppio vi è un’attenzione per quelle morali. Infatti l’attenzione più che su Elena e il suo fantasma (che scatena la guerra di Troia), è soprattutto sulla struttura interiore del personaggio.





Nella commedia latina il doppio divenne ancor più importante. In particolare grazie alle opere di Plauto. Il commediografo latino prediligeva il comico, se ne servì per creare l’equivoco generatore della situazione comica tipica delle sue commedie. La più famosa basata sul doppio è “I Menecmi”.  Già il titolo presenta il tema, infatti Menecmi si riferisce ai gemelli protagonisti, Menecmo I e Menecmo II. La confusione in cui si ribaltano le convinzioni sull’identità dei due sarà risolta comicamente. Il doppio serve quindi a confondere e divertire piuttosto che riflettere sulla molteplicità dell’animo umano.


Un aspetto mantenuto anche in un’altra commedia di Plauto “Anfitrione”, anch'essa basata sul doppio. In “Anfitrione” infatti vi sono equivoci causati dalla dualità tra i personaggi umani e le divinità che ne prendono le sembianze. Una curiosità sta nel fatto che da uno dei personaggi chiamato Sosia deriva il sostantivo usato in italiano.


Il doppio in questo senso sarà poi ripreso in epoche successive. Ne “La commedia degli errori” (1589-1594) Shakespeare tratta il tema raccontando di gemelli. Vi è poi un doppio nel doppio, dato che alla prima coppia di gemelli se ne aggiunge una seconda, quella dei servi. La comicità è quindi aumentata, così come la confusione data dallo scambio di identità. Alla fine comunque si giungerà a un classico lieto fine.

Altro autore teatrale che ha rappresentato il doppio è Carlo Goldoni. Ne “I gemelli veneziani” (1750) vi è sempre confusione. Nonostante ciò i due doppi acquistano una propria individualità. Anche il finale è diverso, se in epoca classica vi era riunione, qui si ha infatti separazione.  Lo scopo è quello di non intaccare l’ordine sociale evolutosi.




Tuttavia nell’immaginario collettivo il doppio si ricollega a opere ottocentesche.  In particolare a due romanzi inglesi. Il primo è “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” (1886). Il dottor Jekyll conscio del fatto che l’animo umano non sia solo buono, compie una ricerca sulla psiche... ecco due frasi emblematiche:

“Ogni giorno continuavo ad avvicinarmi  sempre più alla verità: l’uomo non è autenticamente uno, ma è autenticamente due”.
“In ognuno di noi, due nature sono in conflitto, il bene e il male. Per tutta la vita esse si combattono, e una deve vincere l’altra. Ma nelle nostre mani risiede il potere di scegliere: noi siamo ciò che vogliamo maggiormente essere”.

Jekyll giunge così a creare una pozione per dividere le due entità. Attratto dal male, ha la possibilità come Mr. Hyde di dar libero sfogo ai desideri proibiti.

Il doppio si ha quindi prima di tutto nel confronto buono e cattivo. Inoltre il sé non è più diviso in due persone diverse: la dualità permane solo a livello caratteriale.


Duplice è anche la riflessione dell’autore. Da una parte quella sulla scissione morale dell’essere umano, dall’altra quella sull’attrazione esercitata dal male sull’uomo.


Il secondo romanzo inglese legato al doppio è “Il ritratto di Dorian Gray”(1890). Nell’opera di Wilde il doppio viene messo in relazione all’arte, nel senso di imitazione e nel suo valore etico-estetico.  Il doppio viene incarnato in un’opera d’arte: è il ritratto del protagonista a incarnare il suo doppio. Dorian, spinto da Lord Wotton, decide di dedicarsi completamente ai piaceri della vita. Mentre aumenta la sua paura di invecchiare, arriva all’edonismo più sfrenato. Decide così di stringere un “patto col diavolo”. D’ora in avanti il quadro invecchierà al posto suo. Il volto ritratto diventerà quindi il simbolo del nuovo Dorian. La perfidia che aumenta nell’animo e nelle azioni del protagonista saranno visibili sul volto ritratto.

Anche in quest’opera vi è una dualità tra reputazione e indole. L’apparenza e la realtà sono messe a  confronto.  Così come Stevenson, anche Wilde contrappone luce e ombra. Il ritratto è infatti tenuto nell’oscurità di una soffitta. Lo scrittore irlandese usa il doppio per parlare di etica ed estetica. Contrapponendo arte e vita suggerisce che l’uomo è affascinato dal male.




Altra opera inglese che tratta il tema del doppio è “Il compagno segreto” di Joseph Conrad (1909).  Qui il doppio è solo un espediente per creare tensione e dialettica. Ciononostante è presente fin da subito, già a partire dal titolo. Gli elementi centrali a cui è legato il doppio riguardano il capitano. Il capitano e il suo doppio (Leggatt) sembrano due sosia e sono entrambi estranei sulla nave. La dualità permette così di mostrare la cooperazione tra i due. Conrad non lo chiarisce, ma Leggatt potrebbe non essere reale. Sarebbe quindi la  sua parte più coraggiosa, che deve emergere perché il protagonista maturi.

Dostojevski invece rappresenta il doppio nel legame con la società. Nel “Sosia”  (1846) l’autore russo innesta la visione di Plauto allo stato di alienazione da lui indagato. Si tratta di un caso di dissociazione  di personalità.  La patisce Gojadkin schiacciato dal peso di una società in cui fatica ad affermarsi. Si trova davanti il suo sosia che incarna tutto ciò che vorrebbe essere. Sconvolto Goljadkin commetterà così un errore dietro l’altro. Arrivando ad inimicarsi amici, colleghi e autorevoli esponenti della società. Goljadkin incolpa il sosia, decide di inseguirlo. Giungendo alla scoperta che altro non è che lo specchio della sua follia, una creazione della sua coscienza inascoltata. Proprio qui sta il recupero dell’autore. La comicità del doppio viene inserita in una vicenda grottesca.

Dostoevskij ha anticipato le tematiche novecentesche. Il Novecento infatti fu il secolo del dubbio e dell’indagine psicologica. Il tema del doppio si inserisce quindi nell’interrogazione sulla molteplicità della natura umana.

Una crisi di identità ben rappresentata da Luigi Pirandello. Il tema del doppio compare in due sue  “Il fu Mattia Pascal” (1904) e in “Uno, nessuno e centomila” (1926). Nel primo si racconta di un uomo dato per morto, equivoco che porta il protagonista a perdere la propria identità. La dualità alla fine sarà tra Pascal e Meis. La crisi nasce dalla consapevolezza che Pascal è morto e Meis mai nato, per ciò il protagonista non esiste.

In “Uno, nessuno e centomila” invece il protagonista è già consapevole della conclusione di Pascal. Vitangelo capisce che non è Uno, perché non visto da tutti alla stessa maniera. Sa di essere Nessuno, perché può essere uno dei Centomila che gli altri vedono in lui.




Il doppio continua ancora oggi ad esercitare il suo fascino. Ne “L’uomo duplicato” (2002) di José Saramago nonostante sia meno artificioso, si mantiene il doppio come pretesto narrativo per indagare la natura umana.
Narra infatti di Afonso che scopra l’esistenza di un suo sosia. Da presupposti pragmatici Saramago arriva a conseguenze più psicologiche e drammatiche. L’autore si interroga sull’effettiva sicurezza della nostra unicità.

Il doppio inteso come due identità presenti nello stesso corpo è invece il soggetto de “La metà oscura”. Il romanzo di S. King del 1989 narra infatti di uno scrittore che ha usato per anni uno pseudonimo. L’espediente gli è servito per scrivere romanzi violenti lontani dalla sua produzione abituale. Rischiando di essere scoperto decide di fingere il funerale del suo alter ego. Questi però pare resuscitare commettendo omicidi. Le indagini sembrano portare al protagonista. Per difendersi dovrà affrontare la sua metà oscura ripescando rimozioni del passato.

Il doppio ha da sempre fornito lo spunto per analizzare diversi aspetti della vita: in generale è un espediente letterario per raccontare della conflittualità dello spirito umano.

A me affascina di più la convinzione degli antichi Greci:   incontrare il proprio doppio è una sciagura. E nel cinema prevale questa tesi!

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