sabato 18 aprile 2020

CUOCOINDAGA (09)


Quando il cuoco
indaga


storie conviviali  

per ragazzi d'ogni età
offerte da
Oscar Montani
(09)
 Cinque
Secondi succosi



Joseph, quando da video conferenza seppe  che Pino preparava petti d’oca, Si entusiasmò. Aveva contato fino a dieci, forse anche fino ad undici. Ci aveva pensato addirittura due lunghi minuti: una grande prova di temperanza. Per un francese di Sarlat, figlio e nipote di allevatori di oche,  sentir annunciare che Pino avrebbe "saltato"   in padella petti d’oca era una provocazione. Non aveva saputo trattenersi. Si era ricordato di una storia e voleva raccontarla approfittando dello streaming on line. Io, che l’avevo sentita in anteprima, gli dissi che si poteva fare: ma Pino, in ogni caso,  avrebbe cucinato  a modo su.
Joseph decise di aspettare che avessimo mangiato,. Lo richiamai al dessert. Volle controllare che nei piatti non ci fosse più traccia di petti d’oca.
« Siete pronte per la mia storia speciale? »
A Mirko l’idea piaceva.
« Sì, col dolce non ci sta male. »
« Bene. Sapete chi era Caterina dei Medici? »
I bambini mi guardarono con espressione interrogativa. Joseph l'aveva notato.
« Mi sembra di capire di no. Era una nobile italiana, anzi toscana, come voi, che diventò regina di Francia. Era una buongustaia: portò con se molti cuochi italiani e rifondò l’arte della cucina francese. »
Lucie sorrise.
« Se avessi sempre Pino in cucina sarei anch’io una buongustaia. Strano però: la mia mamma è francese... »
«  Non è di Caterina che voglio parlare, ma raccontarvi di un altro italiano... »



La ricetta segreta del Perigòrd




Un bambino molto sagace
Sarlat, perla del Périgord, ai tempi di Caterina dei Medici era un’importante sede vescovile. Molto ambita per via della fiorente agricoltura che assicurava buone rendite alla chiesa. Il fiorentino Niccolò Gaddi era diventato vescovo di Sarlat un anno prima che lei sposasse Enrico II. Il Gaddi divenne subito un protetto da Caterina dei Medici. Firenze era lontana, anche lui fece venire dalla Toscana giuristi, letterati, artisti, artigiani e soprattutto cuochi. Per Sarlat, cittadina di cultura agricola, è una rivoluzione. Soprattutto è Rinascimento toscano, ma anche cucina toscana!
Il cuoco del vescovo Gaddi è il fiorentino Lapo Martinelli, che amava farsi chiamare mastro Lapo. Per accontentare i gusti del vescovo una volta al mese arrivavano dalle regioni dei Pirenei due vacche da macellare. La carne fresca, in un posto dove si mangiava solo confetture di cosci e petti d’oca, per non parlare del foie gras, era una boccata d’ossigeno.
Ai contadini della zona, fanatici allevatori di oche, quel traffico di vacche non piaceva per niente. Lo guardavano con sospetto e più di una volta, da dietro una siepe, avevano preso a sassate i vaccari che le conducevano al palazzo vescovile.  
Gli allevatori avevano provato in tutti modi a far cambiare i gusti del vescovo: offerte di cesti pieni di vasetti di confits, oche vive o appena spennate, inviti a banchetti, feste speciali e altro, ma convertire il vescovo al foie gras o quantomeno a petti d’oca in padella era loro sembrato peggio che tentare di far fare la comunione a un mussulmano.
Il culmine della tensione si ebbe quando arrivarono da Firenze un gruppo di scalpellini. Tra i carri c’erano cinque grandi vacche bianche originarie della Val di Chiana. Il vescovo, forse debilitato da una vigilia   protratta per più di un giorno, vinto da un momento di umana debolezza, aveva espresso il desiderio di una “bistecca come si deve”. Mastro Lapo aveva fatto partire subito un piccione viaggiatore: quelle vacche, essenziali per preparare la bistecca alla fiorentina, di cui il vescovo Gaddi andava matto, erano la risposta alla sua missiva.
Qualcuno tentò la solita sassaiola, ma non aveva mai fatto i conti con l’esperienza degli scalpellini di Firenze. Non erano solo di lingua pronta, ma anche di mano. Sassi e pietre tornarono rapidi a colpire la testa del mittente.


Bisognava cambiare strategia. Per giorni, al mercato sulla piazzola davanti al nuovo palazzo rinascimentale del magistrato de la Boétie, c’era stato un gran mormorio. Etienne, figlio del magistrato, a quel tempo era un fanciullo di nove anni o poco più. Tutte le mattine si svegliava presto per  andare a scuola al palazzo vescovile. Un bambino precoce, intelligentissimo: suo padre, magistrato dell’alta Corte di Giustizia del Re, su consiglio di Caterina dei Medici, aveva   deciso  d’affidare l’istruzione del figlio alla “corte” di studiosi del vescovo Gaddi.
Come tutti i bambini era ghiotto di frittelle, mastro Lapo lo sapeva. La mattina, prima d’incominciare le lezioni, Etienne passava in cucina a farne una scorta.
« Mastro Lapo, perché gli allevatori sono adirati col vescovo? »
« Credo sia per via delle vacche. »
« Vorrebbero che mangiasse il foie gras? »
« Credo di sì, ma al Gaddi non piace. »
Il piccolo Etienne fissò mastro Lapo. Poi, con un sussurro, lo informò.
« Hanno convocato una riunione segreta. »
« Una riunione segreta? Tu come lo sai. »
« Li ho sentiti, sono due giorni che borbottano sotto la finestra della mia camera. »
« Quando ci sarà? »
« Stasera, un’ora dopo il tramonto. Entreranno dal portone di dietro del palazzo del comune. »

(09 - segue)


 

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