mercoledì 24 marzo 2021

Scelte difficili!


Come narrare

Sembra facile scegliere come narrare un giallo o un noi...

E invece no!

Lezione Dad offerta dalla premiata ditta

 

 

Riflessioni di primavera 2021

(sosta all'ombra d'un cerro)

 


Chi scrive dev'essere consapevole che la sua strada, già aspra di suo, è anche piena di bivi spesso a molte vie! 

La scelta della persona narrante non è solo un fatto tecnico (la tecnica viene dopo), quindi non è semplice: ha molte implicazioni e può portare su differenti sentieri narrativi! Se poi metti in conto il tempo allora la faccenda si complica.

 

Vediamo come.

 


Persona narrante: in terza: l'autore. In seconda (in presenza): un sodale del personaggio, che è quasi sempre in compresenza. In prima: il personaggio principale.

Il tempo: presente, passato prossimo e passato remoto.

 

Nove possibilità, dunque! Scartiamo quelle poco attraenti. Per farlo dobbiamo fare una importante precisazione.

Il tempo presente trasforma la narrazione in un "piano sequenza".

 

Il piano sequenza, quello vero e proprio, è una tecnica cinematografica che consiste nella rappresentazione di una sequenza (un segmento narrativo autonomo) attraverso una sola ripresa, senza soluzione di continuità (senza stacchi, temporali anche minimi o cambi di inquadratura. È generalmente piuttosto lunga.


 

Un esempio eccellente l'incipit del film di Orson Wellws: "L'infernale Quinlan".

Detto questo lo sconsiglierei per l'intera narrazione. Mi sembrerebbe utilizzabile per l'incipit, o il prologo, ma poi la narrazione dovrebbe essere un flashback: indifferente se in prima, seconda o terza persona.

Il tempo presente è roba da penne raffinate, da sperimentatori, il tempo passato prossimo lo eviterei, poco adatto a un piano sequenza: siamo pur sempre nel passato! inoltre poco elegante se si travalicano i tre giorni!

 

Analizziamo degli esempi.


 

Per spiegare meglio farò uso di esempi famosi.  Primo il ten. Colombo, che fa  eccezione (lui è l'eccezione: procede all'indietro andando avanti!): non può che essere raccontato in terza persona. I tempi, visto che si narra dopo che il delitto è stato commesso in chiaro, vanno tutti bene, dipende dalla maestria del narratore.  Consiglierei il passato remoto e resto  comunque convinto che sia parecchio difficile tenere alta la suspense con un racconto scritto alla “Colombo”, la fiction televisiva è altro ed ha altri tempi!

Il commissario Montalbano è un esempio virtuoso (da parte dell’autore, ma si parla di Maestro Andrea!): la vicenda è narrata in terza persona (tempo passato remoto), ma sempre attraverso i suoi occhi: Andrea Camilleri, se non è Montalbano, è un gufo sulla sua spalla!

Esempi di narrazione in seconda persona (compresente) ce ne sono pochi e tutti al passato remoto. 


Il più famoso è quello del Dr. Watson: amico e comprimario  partecipa attivamente alle azioni. Offre un contributo operativo a volte decisivo a Holmes. E' tecnica molto ottocentesca e ormai poco gettonata dagli autori. Ultimamente non mi risulta sia stata usata.

Bisogna andare indietro nel tempo fino al  Dr T. Berra, sodale del funzionario di polizia A. Jelling (La bambola cieca), personaggio narrante della serie Bostoniana di Scerbanenco. Berra ascolta il racconto del suo “sodale” non nascondendo una vena di scetticismo per la logica del detective. Un passo ancora più indietro: anche Philo Vance è narrato in seconda persona: S.S. Van Dine s’impersona suo segretario! Ma Van Dine era astioso con Agatha Christie e pure con Raymond Chandler... dimostrandosi così uomo di poco acume! Infatti, con le sue 20 regole, se la prende con gli autori che narravano in terza persona: una moltitudine!

 



Quando si narra in terza persona (la forma più facile, più ricorrente e più difficile da tenere sotto controllo) sono importanti le dinamiche, l’introspezione dei personaggi e la struttura (il montaggio) del racconto: il lettore ne può sapere di più del detective (Colombo docet), il rischio ricorrente è che ne sappia di meno (regole di S.S Van Dine).

I cattivi autori seguono questa via per "sorprendere" i lettori con colpi di scena ad effetto, ma di bassa qualità. Sono dei disonesti, ne cito solo due: Dan Brown e Camilla Lackberg. Diffidatene, vi fanno solo perdere il vostro tempo e non vi arricchiscono la mente... anzi cercano di farvi sentire stupidi!

 

I più onesti (io infatti sono tra questi!) sono i narratori in prima persona: teneteveli cari! Nelle narrazioni in prima persona sono estremamente importanti l’attrattività, i comportamenti (soprattutto i dialoghi) e il carattere del narratore. Il lettore vede attraverso i suoi occhi (la sequenzialità) e conosce tutti i suoi pensieri (la complessità dell'interazione): è importante che ci si possa identificare.

Quante possibilità! Tre tipi di detective, tre tempi e nove  modi di narrazione, almeno quattro generi (ma se si considera lo storico e il post noir sono di più) … alcune combinazioni sono assurde: pensate a un poliziesco ambientato nell'Antica Grecia! Ma tutto è possibile: anche Aristotele Detective!

Gli autori a volte si lasciano trasportare dall'emozione: adrenalina e creatività sono una miscela esplosiva. Può nascere il capolavoro (raro) o storie ridicole (tante)! Dovrebbero preoccuparsi del lettore che, oltre che leggere, giudica. Ma quanti autori fanno una scelta   tenendo conto, con rispetto, della propria audience potenziale. Purtroppo il lettore, non smaliziato, è soggetto a messaggi pubblicitari (perlopiù subliminali) che lo possono influenzare non solo all'acquisto, ma anche alla sopravvalutazione dell'opera!

 

 

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