PICCOLE COSE SU FRED
VARGAS
(ovvero il metodo del coro)
L’altra
sera, alla presentazione di un mio libro c’erano alcuni appassionati lettori
di Fred Vargas (alias di Frédérique
Audouin-Rouzeau esperta di malattie epidemiche medioevali); mi chiedevano del metodo d'indagine del
commissario Adamsberg. Non lo amo troppo e per spiegare il suo metodo dovevo partire da lontano. In breve ho dirottato il
dibattito, Così è diventato: “A proposito
dei primi romanzi della Vargas”.
Luois
Khelweiler, detto il Tedesco, appare per la prima volta nel romanzo Un peu
plus loin sur la droite tradotto con colpevole ritardo in Italia. Iniziai a leggere di Khelweiler
con Io sono il tenebroso (terzo
romanzo) e mi sentiì subito in colpa per il fatto di non
sapere niente di lui e del suo rospo Bufo. Un personaggio dalle enormi
potenzialità che potrebbe, con divertimento di tutti, narrare in prima persona
un prossimo romanzo a venire. E' un consiglio che do alla cara Fred e nel
seguito cerco di spiegare perché.
Sono partito da qui ma devo fare un passo indietro
fino a Chi è morto alzi la mano. Confesso di averlo letto dopo per
capire meglio gli Evangelisti e il padrino sbirro di Marc, Vandoosler (tutti
personaggi su cui presto produrrò una scheda ritratto). L’ombra del filosofo e, suprattutto, storico C.S.
Peirce (l'ideatore dell'abduzione) pervade il romanzo. Non ne bastava uno di
storici! Eppure Marc si occupa di medioevo, come la cara Fred Vargas. eppure Marc,
anche se tardivamente, risolve! No; occorreva anche un esperto di Preistoria e
uno della Grande Guerra (Siamo in Francia: la Seconda meglio di no!). Il primo
per la lettura delle orme e dei segnali deboli, il secondo per le strategie
"belliche" del gruppo. Ci stava bene anche uno sbirro “alternativo”
che avesse contatti con la polizia ufficiale. Quattro indagatori che rendono
forte il gruppo dei detective, una specie di “comune” di emarginati, che mettono in pratica quello che chiamo "il metodo del coro". Non hanno
una lira e vivono in una stamberga che assomiglia, troppo, parecchio al motel
di Norman Bates. Si capisce subito quanto sia "costruita"
la situazione e la narrazione in terza persona non aiuta Fred. Poi, nel secondo
romanzo, arriva anche il Tedesco (Khelweiler) e ti
chiedi “un altro sbirro?”. Nel terzo episodio indagano in cinque su una poesia
di Nerval… troppi, per un manifestino affisso in metrò poco prima di Natale.
I
difetti sono sostanziosi:
· Aggregazione poco realistica dei personaggi, molto
costruita.
· Il colpevole si vede poco e alla fine ci sorprende che
lo sia: mah?
· Ritmo altalenante, a volte dispersivo, altre troppo
incalzante... sempre legato al carattere del personaggio sulla scena...
· Il
movente è sempre un po’ melò (forse decadente).
I
pregi:
· La falsa pista è ben tracciata, avvolgente.
· Un
bell’esempio di indagine cooperativa.
. La
narrazione è stupenda e il montaggio divertente
Allora?
Non resterebbe che affidarsi al "Tedesco", concreto, disincantato,
cinico il giusto. “Forza Fred!” verrebbe da dire, ma, sì c’è un ma. Chi legge gialli sa che che tutti gli investigatori, per
far funzionare le loro capacità abduttive, hanno un metodo, delle ritualità che
fanno loro funzionare il background. Montalbano ha un metodo introspettivo,
aiutato da cibi prelibati che gli conferiscono visioni di "pensiero
laterale". Poirot è metodico ossessivo: "Metodo, ordine e cellule grigie". Maigret ce lo conferma con
autorità ha il famoso "metodo Maigret": parlare con le persone fino a
stanarne le ombre dell'anima. Sherlock Holmes "è" lui stesso il
metodo e Watson prende accuratamente nota. Petra Delicado usa la tenacia e la
determinazione come metodo, il suo vice la mitiga. Il commissario Adamsberg
(anche di lui farò una scheda) ha un metodo? No verrebbe da dire, e invece sì!
La sua indolenza, unita all'apatia, genera sogni, a volte questa abduzione
onirica sembra confonderlo non poco, ma lui può “spalare le nuvole”, rimuovere
la nebbia e illuminare le ombre del mistero. Sta agli altri aiutarlo (altro modo di attuare il metodo del coro)a dipanare
la matassa: lui, sempre bisognoso d'aiuto, ispira affetto materno e fraterno.
Per risolvere il caso del Tridente (Sotto i venti di Nettuno) ci si mettono in
cinque a dargli mano: una squadra di volontari della Misericordia. Lui ondeggia
sbanda, gigioneggia (in realtà è la Vargas a farlo) ed alla fine arriva ad una
soluzione del tutto insoddisfacente. Sì è un metodo, un po’ truffaldino ( che
ne penserebbe S.S. Van Dine?) ma piace ai lettori. A me non ha divertito e un
giorno vi spiegherò meglio perché.
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