mercoledì 23 gennaio 2013

Lanterna gialla (52)

Film n. 52







Solo chi cade può risorgere (Dead Reckoning)
di John Cromwell 
con   Humphrey Bogart , Lizabeth Scott, Morris Carnovsky
Le cadute ardite e le risalite …!
Noir di trama fin troppo classica. Nell'indagine sulla morte di un ex commilitone, Rip Murdock (Bogart) viene a contatto con Coral Chandler (Scott), ex amichetta del morto, ora sposata segretamente a un gangster, e si lascia cadere nella trappola della sua seduzione.
Sembrerebbe ricco di luoghi comuni al noir e di tanti manierismi, ma non è così. Il film merita un posto nell’albo d’oro del cinema nero degli anni ‘40. H. Bogart, lasciato l'abituale ruolo del cinico dal cuore tenero, impersona un vero eroe nero intrappolato dal destino per mezzo di una classica biondissima dark lady. Coral, cinica, ambigua dominatrice di un universo distruttore, è illuminata da luci radenti molto contrastate e con inquadrature inclinate:  le sue pupille, spesso cupe, nonostante la bocca sensuale atteggiata al sorriso,  tradiscono lo scacco della sua vita affettiva e l’intima consapevolezza che presto arriverà la fine.

La vicenda si snoda inesorabile con andamento lento, ma tragicamente progressivo. Siamo un passo oltre l’espressionismo. Pochi piani sequenza, inquadrature sghembe, dal basso; le scene sono “tagliate”, affettate, da luci dense e contrastate. Il risultato è un’atmosfera cupa e opprimente: direi di stile gotico metropolitano.
Anche la trama, che, come ho accennato, potrebbe sembrare risaputa, si rivaluta subito potendo contare su efficaci ritmi narrativi, sull’uso ricercato (raffinato anche) dei dialoghi e la precisa descrizione e rappresentazione della dinamica dei fatti. Non semplice quando c’è da raccontare una serie di reazioni a catena che conducono inesorabilmente alla tragedia.
Un eccellente noir con gli ingredienti più classici: una torbida vicenda d'amore e di morte, il detective sensibile al fascino di una donna fatale e Bogart nei panni del protagonista. La morte di Coral è suggellata nello sconsolato finale con una magistrale evocazione metaforica.
Voto ****/5

lunedì 21 gennaio 2013

Galleria gialla (39)






N. 39
Ellery Queen 
(figlio di  Frederic Dannay e Manfred Bennington Lee)

Biografia essenziale
Ellery Queen è figlio di Richard Queen ispettore di polizia. Detective non professionista, Ellery è prima sceneggiatore a Hollywood,  poi autore dei libri in cui appare  e editore della rivista che porta il suo nome. All’inizio era è uno snob istruito ad Harvard economicamente  indipendente.  Indaga sui crimini perché lo trova stimolante.  Dopo il ‘38 trascorre qualche mese a Hollywood lavorando come sceneggiatore, ma risolve anche dei casi. Questo gli procura fama di detective tra i ricchi e i famosi.   Tornato a New York vi svolge le sue attività.  
E’ sposato e padre di un bambino, ma se ne sa poco, tanto che sembra scapolo. Qualche bella ragazza gli gravita incontro, ma senza proppo spazio. Porta un cappello moscio, di una misura più piccolo, che ne è diventato il simbolo. 

Carattere e psicologia
Mischiando realtà a finzione,  ha iniziato a indagare per curiosità; continua per interesse letterario e professionale, gli piace, prima di sciogliere il mistero sfidare i lettori. Siamo nei primi anni del secondo dopoguerra, a New York gli fa concorrenza Nero Wolfe. Ellery Queen gigioneggia con il caso e coinvolge spesso anche il padre. Il lettore o lo spettatore vengono messi a conoscenza di tutti i fatti e di tutti gli indizi utili a scoprire il colpevole. Con grande mania di protagonismo, prima dell'ultima scena, l'investigatore, da vero istrione, si rivolge al pubblico e lo sfida a risolvere il caso.

Abilità
Indubbie capacità induttivi e abduttive. Il suo disordine (apparente) è da creativo. In realtà raccoglie indizi perseguendo precise ipotesi di lavoro. Spesso è il padre a fargli da spalla e  a dargli mano nella raccolta e selezione degli indizi.


La sua indagine è aperta e rispetta in modo ironico (solo apparentemente maniacale) le famose regole di S.S. Van Dine!

Metodo
Come da tradizione del giallo vecchio stile (ad es. Nero Wolfe o  Poirot nei romanzi di Agatha Christie), Ellery Queen raduna tutti i sospettati in una stanza e alla fine, gongolando, svela il nome dell'assassino.  


lunedì 14 gennaio 2013

Fumetti in giallo (XXXI)


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Trentunesima parte

Hellblazer

La serie è iniziata nel gennaio 1988. Nel 2013 ne è stata annunciata la chiusura della serie con il numero 300. John Constantine, il personaggio principale, era già apparso nel fumetto horror dell’inglese Alan Moore, Swamp Thing. Era raffigurato come un mago (Moore è anche occultista!) dalla dubbia moralità. Indossava un largo trench e aveva una, non tanto vaga, somiglianza fisica con il musicista Sting. Il suo scopo era di aiutare e guidare il protagonista nell'affrontare un'ondata di fenomeni macabri. Moore ha dichiarato che creò il personaggio semplicemente perché i suoi artisti    volevano disegnare un personaggio che assomigliasse a Sting. Nessuno ci ha creduto!  

Al personaggio, apparso subito convincente, fu assegnata una propria serie di fumetti, intitolata Hellblazer nel 1988, scritta da Jamie Delano e disegnata da John Ridgway, con le caratteristiche copertine con disegni e collage di Dave McKean.


John Constantine fu caratterizzato come un cinico "mago" anticonformista. Allo stesso tempo fu fatto "impregnare" in tematiche di denuncia sociale e di impegno politico: questa la deriva noir. Fin dal primo numero  si nota una contrapposizione tra un mondo occidentale "bulimico" e la forzosa "anoressia" africana. Londra viene presentata come una città squilibrata, piena spesso più di umanissimi disadattati e derelitti, che di demoni.


Constantine, come è normale per un "mago",   ha a che fare con demoni, esorcismi ed esseri arcani di varia natura, ma non disdegna l’azione, che con lo sviluppo delle storie assume spesso modi da hard boiled.
Ciononostante Hellblazer è una serie più dark che noir. Il suo protagonista è ritratto come un approfittatore che spesso si trova a compiere atti moralmente discutibili per un bene superiore mentre passa la sua vita in un mondo moderno 'realistico', sebbene sia uno dotato di alcuni poteri magici e di conflitti sovrannaturali che vive "dietro le quinte". Il suo problema è lui stesso con i suoi sensi di colpa. Che si trascinano e crescono: spesso i suoi amici, coinvolti nelle sue lotte contro esseri demoniaci, ne escono malconci o uccisi.  

Constantine ha  un passato tormentato: è rimasto coinvolto ancora giovane nella magia quasi per gioco e ha scatenato sulla terra diversi demoni con cui deve regolare i conti: il passato che ritorna!
Al di la delle evoluzioni tematiche resta un personaggio assolutamente politicamente "scorretto", in quanto accanito fumatore e bevitore. È senza patente (non a caso tra i suoi migliori amici ha il tassista Chas) e ha paura di volare.
Oltre a Alan Moore e Jamie Delano, molti altri che hanno lavorato alla serie che nell’insieme appare disomogenea solo nel disegno.  


La sceneggiatura, infatti, come appare dalle due tavole che ho riportato, cerca di mantenere lo stesso taglio incalzante da fumetto d'azione: campi lunghi rotti o inframmezzati da primi piani. Stilemi e montaggio fortemente influenzati dal maestro Frank Miller. Moore non lo ammetterebbe mai, ma se andate a controllare su “Il ritorno del Cavaliere oscuro” ve ne accorgerete subito!  
(XXXI - segue)

venerdì 11 gennaio 2013

Lanterna gialla (51)

Film n. 51




La signora di Shanghai (The Lady from Shanghai)
di Orson Welles 
con   Rita Hayworth, Orson Wellws, Everett Sloane



Orson Welles tra avventura, passione e delitto …
La trama. A New York in Central Park a tarda sera, il marinaio e avventuriero irlandese, Michael O'Hara (Welles), salva da un'aggressione l'avvenente Elsa. Una bellezza che gli mozza il fiato. Il marito della donna è Arthur Bannister, avvocato ricco e famoso, ma parzialmente disabile e molto più vecchio di lei. Bannister assolda il marinaio per farsi trasportare (lui, la moglie e Grisby, suo socio) su uno yacht a San Francisco con, attraversato il canale di panama, tappa ad Acapulco.
Stregato dalla gelida Elsa che rivede sdraiata,  sensualmente abbandonata, sulla tolda del panfilo di Bannister, Michael accetta. Ha in testa un'idea fissa:  poter intrecciare una relazione con lei e portarla via dal vecchio marito. Grisby, il socio di Bannister, ha intenzione di fuggire su un'isola dei mari del sud e rifarsi una vita; pertanto propone a O'Hara un complicato progetto di doppio gioco, basato su un omicidio simulato: in cambio di una somma di denaro, O'Hara deve fingere di averlo ucciso e assumersi la responsabilità del crimine, con la garanzia di venire scagionato per la mancanza del cadavere … ma non andrà a finire così!



Welles, qui più regista che attore, recita con sufficiente professionalità, ma appare un tantino impacciato. Su tutti lei! Elsa, dark lady, fatale e ambigua è il cardine della vicenda. La sua subdola ambiguità è esaltata da un gioco di specchi che il regista usa in modo sapiente. Ma alla Columbia non bastò, il produttore (Harry Cohn) volle altre scene dove si mostrava Rita in tutta la sua sconvolgente bellezza!
La pellicola, con crudezza e realismo, ritrae un mondo dominato da avidità e cinismo, popolato da avidi accaparratori. Vale per tutte una famosa battuta di H’Hara a metà del film: “Quando il mio pescecane potè liberarsi dall’amo, aveva una larga ferita dalla quale perdeva sangue e forse l’odore del sangue eccitò gli altri. Cominciarono a divorarsi fra di loro … e persino a mordersi da soli, si sentiva nell’aria la follia del sangue che saliva fino a noi: un cupo alito di morte gravava tutto intorno”.
Riletta oggi (ne abbiamo viste ditutte e di più) appare un po' ridicola, ma allora funzionava. Non ci si aspetti, però, un contesto metropolitano. I personaggi ne sono specchio. Come dicevo, in questa storia il gioco degli specchi rappresenta e travisa la reltà.

Voto ****/5

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mercoledì 9 gennaio 2013

Fumetti in giallo - Introduzione (II)


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Introduzione (II)



Gli albori

Nick Carter è il padre (o il nonno, se preferite!) del detective “ammerikano”! Apparve per la prima volta in un libello (del costo di un dime: 10 centesimi di dollaro) nel 1886. Erano gli anni dei romanzi d’appendice e dall’altra parte dell’Oceano, un anno dopo (1887), cominciò ad indagare Sherlock Holmes con tutt’altri metodi! Nick, eroe popolare superdotato, era  già famoso negli ultimi anni dell’800, ma appariva solo in romanzi a puntate su giornali o su libretti dime, appunto.



Verso il 1910 queste storie cominciarono ad essere sempre più riccamente  illustrate. All’inizio c’era solo una copertina molto ricca e curata, ora si trovavano belle tavole anche   all’interno della storia. Così inizia il romanzo “Lo sterminatore dei malfattori”: “Una società brillante riempiva le sale splendenti di luce. Orazio Belden, il ben noto milionario, dava una festa nel suo palazzo nella Fifth Avenue di New York. Malgrado l’ora tarda, numerosi invitati non cessavano di arrivare alla dimora principesca dell’Anfitrione, …”
Sopra un’immagine con in primo piano una bella fanciulla alla Mucha e sullo sfondo la festa! Non erano ancora fumetti, ma il percorso era iniziato. Le pubblicazioni continuarono a riscuotere successi per altri decenni.



Il processo di crescita della parte illustrata, pur con enormi potenzialità e qualità, era lento. Se ne accorse Chester Gould, un geniale autore e sceneggiatore dotato anche di intuito commerciale. Nel 1931, dette vita alle storie a fumetti di Dick Tracy. Il successo fu molto al di sopra delle aspettative. Tanto che molti cercarono di imitarlo.  Erano gli anni di Sam Spade e Dashiell Hammet si affermava come punto di riferimento letterario dell’hard boiled.



Non era impresa facile e per anni le dure storie di Dick, ancora più hard boiled delle indagini di Sam Spade, furono sempre in testa alle classifiche di vendita e di gradimento.



Uno dei più spudorati imitatori fu Dan Dunn, ma basta guardare il profilo dei due detective per capire che Dick è innovativo e “moderno”, quasi futurista, mentre Dan è ancora legato al liberty. Per non parlare dello sfondo dell’immagine di copertina. Quella di Tracy è esplosiva, mentre   Dunn osserva da un oblò una scena molto statica.
Pochi anni dopo anche Nick Carter esordisce nei fumetti. Non avrà mai lo stesso successo dei romanzi dime.
Che dire poi di Steve Roper? Era iniziata come striscia umoristica, ma il successo di Dick Tracy e dei suoi imitatori lo fecero presto virare verso il noir.


Anche Buck Ryan nasce allo stesso modo di Dunn, ma il disegno è più evoluto e moderno. Nell’insieme risulta più realistico di Dick Tracy. Non è detto che sia un bene, le strisce di Chester Gould infatti, utilizza uno stile più comics per esaltare i tratti sgradevoli dei criminali che in tal modo appaiono veramente “cattivi”!
Charlie Chan a fumetti è dovuto al cinema. Numerosissimi sono i film della serie e  quando le sue storie uscirono a fumetti trovarono migliaia di lettori giù pronti alla fruizione.



Infine voglio citare Topolino detective. Non tanto per lui, già noto eroe in tante avventure  tinte di mistero, forse di  giallo. Bisogna ricordare Macchia nera: è col suo arrivo che il topo veste i panni del detective. Così anche i bambini potevo leggere storie noir, più adatte ai piccoli, ma non meno affascinanti.

martedì 8 gennaio 2013

Vita e morte dei Social Network


Cicli di vita dei Social Network

(un anno dopo)




Ritorno sul tema tredici mesi dopo. Allora affermavo che ogni prodotto ha un ciclo di vita.  Le piattaforme per i Social Network sono prodotti.
Ci sono quelle nate vecchie: Google+ è certo sia una di quelle, ma forse è arrivato tardi e sono i Social Network che stanno inesorabilmente invecchiando, anche se nel terzo mondo si ammazzano i giovani che hanno la colpa di  usarli. Qui, tardivamente hanno cominciato i politici, chissà se li manderanno a p.....a come la "cosa pubblica"?
La mia esperienza può servire, spero, a far riflettere.

Splinder: è morto, viva Splinder! Ogni tanto incontro qualcuno o qualcuna che lì c'era. Esprimono nostalgia... di che? E' vero che era piattaforma italiana, ma anche parecchio ingessata. Su Facebook era nata una pagina "Reduci da Splinder" ... suggerii perché non "Naufraghi da Splinder"?.  Non è stato il Titanic ma la pagina ora, dopo aver cambiato nome, si chiama così! Ridicole nostalgie!

Facebook: all’inizio funzionava bene, ora è rumore: troppi contatti. C’è chi ne ha addirittura 10.000 (con due account ovvio): follia pura. Un post sopravvive sì e no sei/sette ore e le foto, le poesie e i “capolavori” sono penosi. Si “rinnova” continuamente peggiorando a ogni modifica: vedi il conclamato “Diario”. Ormai è invaso da nonni e nonne che vogliono mostrare, non i nipotini ma i loro gattini. Sembra la vetrina di Wiskas!

MySpace: è praticamente sparito nell’interesse collettivo da almeno due anni. Era già molto orientato alla musica: ora al silenzio!

Twitter: funziona nei paesi del nord Africa, mi dicono (lo dice la stampa) sia per la protesta sia per la microimprenditoria. Da noi la gente comunica i sui crucci (come una volta su Facebook: lì ora tutti hanno smesso) o fa marketing più o meno subliminale. Nessuno ormai ha capito che uso farne (alcuni, orrore, chattano!) e se ti metti a seguire un quotidiano ti arrivano cento segnalazioni al giorno di articoli di cui non te ne frega un tubo! Vita media di un post: sei o sette minuti. Ultimamente è stato invaso dai politici (anche quelli tecnici, che però di comunicazione digitale ne sanno un tubo!). Durerà, ah saperlo! Pensierino in attesa della fine: "Se su Twitter arriva gente che va in giro col loden, Twitter è morto!"

LinkedIn: la rete di professionisti che ti permette di trovare lavoro! Se qualcuno l’ha trovato ce lo faccia sapere. Ho cominciato ad usarla come vetrina di marketing librario. Comincio a credere che i professionisti, troppo impegnati a cercare lavoro, non leggano. Di recente è stato creato un gruppo “Scrittori italiani”, ci partecipo, ma sembra d’essere su Anobii. Sì, le discussione sono tali e quali... lente e poco partecipate!

Google+: nato vecchio e come i vecchi non cresce! Sembra solo una vetrina e ha tutti i difetti di Facebook senza averne i pregi. I canali di comunicazione sono praticamente inaccessibili. Ma coi soldi si può far tanto, e "Big Bill" ce li ha, tanti, ma non sembra impegnarsi molto.
Anobii: in via di estinzione, la sua dinamica relazionale è pari a quella degli zombie. Sembra di visitare il camposanto di Montparnasse! I gruppi di discussione languono come i sedimenti di guano nella Terra del fuoco.
Blogger: Non sembra male, pur con qualche incertezza di paging, è supportato da Google+ e ciò aiuta. ...

lunedì 7 gennaio 2013

Fumetti in giallo - Introduzione (I)


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Introduzione (I)



Introduzione storica


I fumetti gialli sono un particolare genere di fumetto ispirato dal genere letterario omonimo, e in alcuni casi anche dal cinema giallo e dalle serie televisive (fiction) poliziesche.
Anche se detective, piccoli ladri, delinquenti e truffatori sono apparsi nelle tavole e nelle strisce sin dagli albori del fumetto, gli albi e le serie dedicate al genere giallo sono relativamente poche. La striscia Dick Tracy fu, ormai tutti sono concordi, la prima a focalizzare l'attenzione su personaggi e trame legate a una vasta genia di gangster brutti e malvagi. Il fumetto di Chester Gould, nato nel 1931, rappresentava cattivi grotteschi (lombrosiani, direi), metodi polizieschi di squadra e molto tecnologici per l'epoca, ma soprattutto è da evidenziare la raffigurazione della violenza molto cruda e realistica.


Affrontare, in termini critici, la genesi, la crescita e il successo dei fumetti in giallo è compito molto difficile. Me ne rendo conto e cerco di far ordine. Le schede dei vari personaggi o serie, sono organizzate nel testo per ordine alfabetico. Per poterne fare una panoramica interpretativa è però utile stilare un elenco per data di nascita.

Crono indice

Gli albori

Dick Tracy segna, con forza, l’inizio. Non è un tentativo, è un successo subito dirompente. Creerà molti imitatori.


1. Dick Tracy – 1931
2. Dan Dunn - 1933
3. Nick Carter - 1935
4. Steve Roper  -  1936
5. Buck Ryan - 1937
6. Charlie Chan - 1938
7. Topolino – 1939

I fantastici anni  ‘40

Spirit, ancora da capire e interpretare, avvia un periodo ricco di capolavori. Per qualità grafica e eccellenza testuale non è imitabile.


8. Spirit - 1940
9. Fearless Fosdick – 1942
10. Kerry Drake - 1943
11. Mortimer&Blake - 1946
12. Rip Kirby - 1946
13. Nero Wolfe – 1952

Realismo e classicismo

Alack Sinner segna questo periodo “classico” con storie decisamente hard boiled. Un punto d'incontro con Philip Marlowe. 



14. Diabolik – 1962
15. Commissario Spada - 1970
16. Nick Carter (Bonvi)  -  1972
17. Cip l’arcipoliziotto - 1972
18. Sam Pezzo - 1972
19. Alack Sinner - 1973
20. Daniel Kendew – 1975


Tra horror e noir
Personaggi hard boiled (un po vintage) altri nati come horror fantasy che poi virano al giallo. 



21. Torpedo - 1981
22. Max Fridmann - 1982
23. Dylan Dog - 1986
24. Nick Raider - 1988
25. Hellblazer - 1988
26. Sin City - 1991
27. Kerry Kross - 1994
28. Detective Conan – 1994

Quando tutto è possibile

La fantasia e la creatività soprattutto. Le storie diventano “pulp fiction”. Non solo con Tarantino! Autori diversi si cimentano con gli stessi personaggi. E' il fumetto industriale alla Bonelli!



29. Stray Bullet - 1995
30.   Julia Kendall - 1998
31.    Kimberly Davidson 1999
32. Fortune and Glory - 2001
33.     Criminal - 2006

Ora che sono definiti i periodi stilistici (più che storici) dobbiamo affrontare la loro interpretazione!

Per comodità del lettore ho creato il link con la prima scheda (Julia Kendall) che ho pubblicato, da lì potrà avanzare su tutti i post successivi!

domenica 6 gennaio 2013

Il gufo giallo (52)



Rubrica letteraria

Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
Libro n. 52

La pista di ghiaccio.     
Roberto Bolaño
Sellerio

 

 

Un noir melo’, come dire: "non esiste"!

Un noir di stile barocco dal gusto spagnolo. Già questa classificazione, subito dopo che l’ho fatta, mi ha lasciato perplesso, eppure amo i retablo e la loro ridondanza! Le sublimi capacità narrative di  Bolaño non si discutono, ma se questo è un noir, io sono una sibilla! A volte le operazioni marketing mi sembrano veramente distruttive: che bisogno c'era di ficcare questo eccelso autore nel noir? Chissà se era d'accordo!

La trama, per grandi linee. Un amore, che trascina alla perdizione, per una donna imprendibile e conturbante (ma non dark lady), una truffa e un crimine assurdi o futili; due balordi (border line direi); l'inchiesta; e sotto tutto e tutti il gorgo risucchiante di un destino incerto. Su questi elementi, strutturali del genere noir, tracciati con maniacale calligrafia per rendere più ironica la futilità dei moventi e l'inconsistenza delle personalità in campo, interviene il tocco leggero e sapido di Bolaño. Ma la sua vocazione di raccontare la vita "di traverso" usando la maschera dell'invenzione, del paradosso minimalista e del sottile gioco intellettuale, della ridondanza di particolari, nel noir non mi paiono funzionare. Gli elementi del noir vengono smontati e rimontati seguendo un metodo che si potrebbe dire cubista, nel tentativo di rappresentare la vicenda in una sequenza di quadri ognuno mostrato con una specie di simultaneità di visione. La sovrapposizione delle scene e la troppa ricchezza, barocca nel descrivere le situazioni e nel dettagliare i comportamenti, smorza la suspense.

Il libro istintivamente, lo avrete capito, non mi è piaciuto molto, ma l'ho affrontato come un noir,   dopo questa lettura sento il desiderio di risentire la voce di questo autore in altri generi, però. Mi sono infatti convinto che il noir non sia adatto al suo registro narrativo: alla fine mi è sembrato più melo’ che noir! Mi ha ricordato, ahimé, il film "Prosciutto, prosciutto" di J.J. Bigas Luna. Che tra l'altro non mi piacque! 

Non posso però ignorare l’originalità nel modo di narrare, anche se non troppo lineare e con eccesso di ornamenti psicologici. Il racconto è in prima persona, dalla voce di tre diversi personaggi, che non danno una diversa versione della stessa vicenda, ma raccontano, con il loro punto di vista, la parte di storia che li riguarda. Uno stratagemma originale, interessante, ma poco utile al noir.

La scelta dei caratteri è molto curata. E’ rappresentata una vasta gamma di umanità, dagli emarginati, ai politici, agli aspiranti scrittori, ai villeggianti con una bella differenziazione anche tra i personaggi maschili e femminili. L’atmosfera sembra (ma lo è!) creata da un sognatore. E’ detto subito (si sa!) che c’è stato un omicidio, ma non interessa veramente capire il movente, interessano di più le relazioni tra i personaggi, la solidarietà che si instaura, i sentimenti buoni o cattivi che condividono.

La suspense, tra anticipazioni, cambio d'angolazione e commenti da dietro le quinte, è la vera vittima di questo racconto.

Alla fine è un puzzle incompiuto: i pezzi ad incastro lasciano   aperte varie (troppe) possibilità, non chiudono anzi rimandano ad un seguito: per un noir questo è un grosso limite.

 

Voto ***1/2/5