lunedì 7 ottobre 2013

Inconfessabilmente (27)


Oscar  Montani – Glauco Dal Pino

Inconfessabili moventi 
 
Riviviamo insieme un mese e un giorno
di ordinaria  follia
(giorno 27) 
 
 
Martedì 27
La negoziazione

Nella patana afosa di metà agosto era dura camminare sulla sabbia bollente portandosi dietro tutta la merce. Sempre meglio, però, che trascinare una tanica d’acqua fangosa su una mulattiera nel Senegal.
Spiaggia deserta: in quel meriggio c’erano solo fissate dell’abbronzatura. Mi schiantai su un lettino all’ombra. Il bagnino dormiva: nessuno in acqua. Potevo scroccare una doccia… una voce da dietro me lo impedì: “Cos’hai di bello?”.
Distesa sul lettino dietro a due sdraio,  non l’avevo notata.   Alzai le borse: “Buono prezzo, ultime novità!”. Si tirò su a sedere coprendosi lentamente il seno nudo: rotondità al silicone. “Fammi vedere, carino!” Mi avvicinai. Artigliò lo zainetto taroccato Prada. “Quanto?”. Due giorni che non vendevo, partii basso: “Centosettanta”. Lei, senza guardarmi, rilanciò: “Settanta, io ti do settanta.” Pentito di non esser partito da duecentocinquanta, provai a tenere: “Prezzo  ultimo centocinquanta, perché primo affare!” Sogghignò bagnandosi d’acqua con uno spruzzatore : “Affare per te! Ottanta, visto che    hai bisogno!” Di bisogno ne avevo da vendere, se no non sarei stato lì. Ero nervoso, ma anche digiuno. “Signora, lei sa: vendono tutti duecento!” Feci una pausa: sudavo e morivo di sete: “Centoquaranta, signora.” Lei: “Salgo se mi regali quella cintura nera.” Margine magro: undici euro. Giusto per mangiare un po'. Gli porsi la cintura. Se la cinse e storse la bocca: “E’ lunga, me l’accorci quindici centimetri?” Svitai la borchia e tagliai il pezzo. Se la riprovò: “Bene, cento con la cintura! Ok?” Stremato; dalle labbra secche mi uscì un sospiro senza dignità: “Centoquaranta… io mangiare, bere, signora!”. Si spruzzò di nuovo a lungo, fissò lo zainetto: “Cento, carino, se no ti tieni tutto!”. Gemetti: “Ma… ho  tagliato la cintura!” Ultimo spruzzo di fiele: “La vendi a una bambina o… a una magra come me!”.
Sogghignava, senza guardarmi. Prese una bottiglia di minerale da sotto il tavolino.  Il primo sorso lo sputò a terra, “Che schifo… è calda come piscio!”, sibilò rovesciando l’acqua sulla sabbia.
Con un colpo di trincetto le tagliai la gola. Non sopporto chi spreca l’acqua. A casa, per far bere i bambini, facevo ogni giorno dodici chilometri a piedi. Sei con sulla spalla una tanica da venti litri piena.
(27-segue)

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