mercoledì 7 maggio 2014

Delitto e cucina (VIII)



Abduzione e gusto

cosa aiuta di più la mente di un detective durante un’indagine complessa,
un arancino o un bicchiere di Calvados?

 (VIII)

La cucina marsigliese di Fabio Montale
 
Jean-Claude Izzo (1945-2000) è un autore “particolarmente profondo” di romanzi noir. Nero cupi e pessimisti.  Grazie al solido impianto con cui descrive e illustra il contesto, scava a fondo nella società e nell’antropologia marsigliese. Con la trilogia Fabio Montale (Casino totale, Chourmo, Solea) ha riportato in evidenza il noir francese. Nei suoi libri ci sono   echi di Montalban, ma la cucina spagnola è lontana mille miglia!. Il fumo delle sigarette  richiamerebbe  alla mente  Maigret, ma lui fuma la pipa ed è meno “dannato”!   Il personaggio di Izzo è pure molto meno efficiente del commissario, ma ci porta in giro, guida perfetta, negli angoli più intimi e segreti di Marsiglia.
 
« … Marsiglia si scopriva così. Dal mare. Come l’aveva scoperta il Focese, un mattino, secoli fa. Con lo stesso stupore. Port of Massilia. Qui esistevano gli amanti felici, avrebbe potuto scrivere un Omero marsigliese, evocando Gyptis e Protis. Il viaggiatore e la principessa. Il sole apparve dietro le colline. Lole mormorò: Oh convoglio dei gitani. Che lo strepito dei nostri cavalli possa orientarti… Una delle poesie preferite di Leila. Erano tutti qui. I nostri amici, i nostri amori. Lole posò la mano sulla mia. La città poteva incendiarsi. Bianca, poi ocra e rosa. Una città in armonia con i nostri cuori…. )».
(Casino totale)
 
C’è un’apparente contraddizione (imperdonabile potrebbe pensare qualche lettore superficiale) nei romanzi della trilogia marsigliese di Fabio Montale. Jean Claude Izzo, l’autore, amante della cucina,  mette spesso a tavola (immedesimandosi) Fabio. Vien da chiedersi: “Con tanti disgraziati, emarginati e disperati che gli crepano intorno malamente gli resta pure l’appetito?”. A quel lettore “di Voghera” non  resta facile, con nelle narici l’odore acre del sangue, mettersi a tavola col protagonista.
Ma se si rilegge con attenzione si diventa presto indulgenti. Nelle riflessioni di Izzo, come c’è la pesca in barca, non può mancare la cucina. Come non manca un bicchiere (anzi tre) di pastis.
 
 
 
Una cucina povera, popolare (come il distillato dall’anice della Ricard, il migliore), lontana dalle mode gastronomiche; una cucina fatta di cose semplici, passione, umanità, storie personali e genialità. Pazienza se i piatti non sempre sono all’altezza, in fondo se ci si pensa è un po’ come la vita, ci si arrangia con quello che offre la giornata.
Chi ha letto i libri di Jean-Claude Izzo sa che il cibo è spesso protagonista: Fabio Montale ama la cucina, la buona cucina, anche se non di rado gli tocca di mangiare male anzi malissimo. La cucina tradizionale per lui è un modo di superare il duro, frustrante quotidiano.
Per i lettori appassionati consiglio: “L’amore, la morte e il basilico. La cucina marsigliese di Jean-Claude Izzo di Pierpaolo Pracca - Il leone verde edizioni.
 
 
 
Non è   un libro da suggerire al neofita: si troverebbe di colpo catapultato nell’universo letterario del protagonista narratore senza poter cogliere il bandolo della matassa. E’ pur vero che in questo testo si parla soprattutto di cucina, dei sapori e delle fragranze che la cucina marsigliese e mediterranea riescono ad evocare, con cura maniacale vengono raccontati i tre elementi fondamentali a cui rimanda il titolo. Il sapore dell’aglio in bocca ad una ragazza, il profumo della pianta di basilico sul davanzale di una finestra, la delizia della menta non sono altro che stati mentali che ben si accordano con le strofe di Brauquier, la musica di Piazzolla, le suggestioni mediterranee volta per volta evocate con un personaggio (come accade nella trilogia di Fabio Montale) o da una musica lontana.
Ma vediamo un brano e due ricette.
 
« … Honorine era insuperabile nel cucinare i peperoni ripieni. Alla rumena diceva. Riempiva i peperoni con riso, salsiccia, carne di manzo, sale e pepe. Li metteva in un recipiente di terra cotta e li ricopriva d’acqua. Aggiungeva salsa di pomodoro, timo, alloro e santoreggia. Lasciava cuocere a fuoco molto lento e senza coperchio. Il sapore era meraviglioso, soprattutto se alla fine si aggiungeva un cucchiaio di panna.” … »
(Casino totale)
 
Peperoni alla rumena
Ingredienti (per 6 persone): 6 peperoni 1 kg di riso 1 salsiccia tritata e 1/2 kg di carne di manzo una presa di origano, timo, alloro e santoreggia 3 cucchiai di olio d’oliva e 1 cucchiaio di panna.
Per la salsa: 500 gr di pomodori freschi 1 cipolla e 1 cucchiaio di prezzemolo,poco olio d’oliva, sale e pepe
Lavare i peperoni e riempirli con una farcitura di riso, pasta di salsiccia e carne di manzo. Aggiungere sale, pepe e mettere in una pignatta ricoprendo d’acqua tiepida, passata di pomodoro, alloro e santoreggia. Lasciare cuocere per mezz’ora a fuoco lento e prima di servire versare sopra un cucchiaio di panna.
La zuppa di pesce Buillabaisse
 
Ingredienti (per 6 persone):
Pesce misto, 2 kg (scegliete pesci con carne soda, come la coda di rospo, il pesce san pietro, il nasello. Irrinunciabile lo scorfano).
1 aragosta (in sostituzione, code di scampi)
Passato di pomodoro, q.b.
Zafferano, 1/2 bustina
Olio, 2 dl
1 cipolla
Prezzemolo, q.b.
Aglio, 2 spicchi
Alloro, 1 foglia
Timo, 3-4 rametti
Fette di pane, q.b.
Sale e pepe, q..b.

Preparazione:
(“Oggi si bisticcia sui mille e tanti modi di preparare la bouillabaisse. Per non offendere nessuno, dichiarerò che la cosa migliore è prepararsela da sé.” J.-C. Izzo)

Preparate un soffritto con quattro cucchiai d’olio, la cipolla, l’aglio e il prezzemolo tritati, a cui aggiungerete due cucchiai di passata di pomodoro. Adagiate nella padella i pesci grandi a carne soda tagliati a pezzi, copriteli a filo con acqua, regolare sale e pepe. Aggiungere mezza bustina di zafferano, l’alloro, alcuni rametti di timo. Portate a bollore e cuocete a fuoco vivace per 20 minuti. Aggiungete l’aragosta (o gli scampi) e continuate la cottura a fuoco vivo per 10 minuti.
A cottura ultimata, disponete n una terrina i pesci e i crostacei, in modo che ogni commensale li scelga secondo il proprio gusto. Versate invece il sugo ben caldo nei piatti singoli, nei quali avrete disposto in precedenza fette di pane casereccio abbrustolito.


Grazie a Honorine (che gli fa da madre) Fabio mangia prelibatezze. Ma frequenta anche ristoranti.  Montale (Jean-Claude) è un amante della buona cucina e cita numerosi locali nei libri della trilogia.
A proposito della cucina marsigliese, in “L’amore,la  morte e il basilico.” si afferma:
“Marsiglia non è provenzale, non lo è mai stata. Nella maggior parte dei ristoranti, quindi, si mangiano cose semplici e a prezzi onesti, piatti senza artifici legati non a una tradizione ma a una tenace fedeltà alle origini. Qualcuno l’ha già detto: la cucina qui non si innova, non “si mescola”, perpetua. Mangiare ti riporta al tuo paese. Mettersi a tavola, in casa come al ristorante, in famiglia, tra amici, vuol dire far rivivere la memoria, i ricordi”. (p. 46).
In questo stesso capitolo (“Mi piace sentire Marsiglia vibrarmi sotto la lingua”) si sofferma su ricette e piatti tipici che si possono gustare a Marsiglia.
Dove?

Innanzitutto da Paul, in rue Saint-Saens, al Vieux Port.
« … Ci eravamo visti tre o quattro volte, per chiacchierare, davanti a un piatto di spigola e finocchi alla griglia, da Paul in rue Saint-Saens. Uno dei pochi ristoranti del porto, insieme all’Oursin, dove non ti trattano da turista… ». (Solea, p. 23)
 
Oppure a L’Oursin al Vieux-Port. Uno dei migliori locali per mangiare ostriche, vongole, ricci e uova di mare. E questo ordinai, insieme a una bottiglia di Cassis. Il bianco di Fontcreuse. (Chourmo, p. 209)
 
Vicino a Paul c’è anche Mario, in place de Thiers.
« … Avevo preso Marie-Lou per un braccio, e l’avevo portata dall’altra parte di cours Jean-Ballard, in place Thiers. Da Mario. Un piatto di mozzarella e pomodori, con capperi, acciughe e olive nere. Spaghetti alle vongole. Tiramisù. Il tutto accompagnato da un Bandol del domaine di Pibarnon. … ». (Casino Totale, p. 74)
 
O ancora, per rimanere sulla cucina italiana, Chez Etienne in rue Lorette al Panier.
« … Le saracinesche erano abbassate. Le strade deserte. I ristoranti vuoti, o quasi. Tranne Chez Etienne, in rue Lorette. Ma erano ventitrè anni che era lì, Etienne Cassaro. E faceva la miglior pizza di Marsiglia. “Conto e chiusura secondo l’umore” avevo letto su un articolo di Geo su Marsiglia. L’umore di Etienne ci aveva spesso nutrito gratis. … ». (Casino Totale, p. 116)
FINE
 

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