Il
lato oscuro del delitto
Interviste
improbabili
sui
lati noir della linea d’ombra
Intervista n. 4
Il giardino pensile della 35a
strada
New
York, autunno 1956. Sul lato sinistro dell’elegante palazzo in arenaria c’era un vicolo
stretto e oscuro: mi fu facile parcheggiare la macchina del tempo. La casa (in
realtà un grande palazzo alto tre piani)
di Nero Wolfe era situata al numero 918 della 35a strada ovest. Un
quartiere di lusso. Capii subito le preoccupazioni di Fritz Brenner: l’affitto
doveva costare un occhio della testa! Secondo le sue metriche: un barile di caviale del Don.
Mentre,
sognante, ammiravo la magione del più
famoso, e più caro, investigatore di New York, suonai. Dopo un minuto la porta
si socchiuse circospetta. Una voce in falsetto con stizzoso accento francese mi
svegliò.
<<
Buongiorno lei è un cliente? >>
<<
No, sono qui per l’intervista, ho parlato ieri col signor Goodwin. >>
S’affacciò
una grossa testa da fauno. Occhi profondi, labbra sensuali con sotto una stupenda gorgiera di barba
brizzolata. Col cappello da cuoco doveva far la sua figura, ma quando cucinava,
come involtava la barba?
<<
Dommage! Il giornalista di Past
Time! Era meglio un cliente, da dieci giorni “Lui” pensa solo alle
orchidee e Archie alle mutandine di pizzo! >>
<<
Il signor Goodwin ha questa inclinazione? >>
<<
No, no intendevo che è sempre dietro a qualche femmina. Volevo anche dire che
tocca a me mandare avanti tutta la baracca … Mi scusi lo sfogo; entri pure le
chiamo il signor Goodwin. >>
Come
sempre Fritz si preoccupava delle parcelle del padrone. Doveva star bene in
quella casa a cucinare prelibatezze; salsicce di mezzanotte a parte, un
pesantissimo cibo d’ispirazione crucca. Ma tutti abbiamo qualche scheletro
nell’armadio. Mi fece accomodare nello studio: dopo aver letto di tante
riunioni risolutive mi sembrava d’essere a casa. Fritz mi scrutò a fondo, poi
mi fece un’offerta.
<<
Secondo me lei non ha ancora fatto colazione. Nell’attesa le andrebbe un caffè
con dei voulovan mignon ripieni di
crema al Grand Marnier? >>
Mi
andavano eccome! Si eclissò con un sorriso. Venti secondi dopo depositò un
lungo vassoio d’argento alla Bahlsen sul
tavolino; al centro, a mo’ di ciminiere, due tazze di caffè fumante: la seconda
doveva essere per Archie.
Presi
un pasticcino. Mentre mi deliziavo, cercando di evitare che il ripieno mi
percolasse sulla giacca, mi avvicinai all’enorme poltrona foderata di pelle che
troneggiava dietro la scrivania. Un trono; “certo,
pensai, adeguata alle sacre chiappe”!
Immerso nella contemplazione degli oggetti di quel sacrario non m’ero accorto
che qualcuno m’era arrivato alle spalle. La voce era musicale e sicuramente di
quelle che possono stendere una femmina con solo tre parole “Buon giorno bambola!”
<<
Interessanti cimeli, vero? >>
Mi
voltai. Il tipo, atletico e robusto aveva proprio le fisique du role del detective privato. Peccato per quella barba.
“Qui sembrano tutti amish”, pensai,
sorpreso, ma risposi per le rime.
<<
Molto, soprattutto per me che conosco tante storieche Mr. Wolfe ha
brillantemente concluso qui dentro. >>
Sorrise.
<<
“Brillantemente” è una parola grossa. Non creda troppo a quello che scrive
Fritz, di fatto quando Nero convoca tutti qui, “io” gli ho già risolto il caso.
>>
<<
Voi? >>
<<
Certo, sono Goodwin, Archie Goodwin! >>
Lo
disse col sussiego tipico di James Bond, già ma lui il film non poteva averlo
visto. Ma forse aveva visto Robert Mitchum nella paste del pastore in La morte corre sul fiume. Sì lo stesso
sguardo: forse seduceva solo attempate vedove con la grana.
Ma
il mio pensiero era balzato altrove.
<<
Le ha scritte Fritz? Io pensavo che fosse stato lei! >>
<<
Grazie, ma Fritz ha meno impegni mondani di me … >>
Ancora
quell’odioso sorriso di compiacimento.
<<
Certo – uno che dice sempre “certo” m’imbarazza – la mattina e il pomeriggio
quando Nero sta in serra, come ora, Fritz non ha nulla da fare. Scrive facendo
finta, gli da un sacco di soddisfazione, d’essere me! Naturalmente io gli ho
raccontato tutto prima, scopate a parte … è bene che quelle se le immagini e
basta. >>
<<
Certo – provai a fare un mirror per
ingraziarmelo – ma non è che racconta tutto due volte, prima a Wolfe e poi a
Fritz? >>
<<
Ovvio, con Nero aspetto che esca rilassato dalla serra e poi lo aggiorno. E’
fissato con quelle piantine, ma serve al mito e al carisma. >>
Che
strano sodalizio tra questi tre! Il cuoco faceva il romanziere, il grande
investigatore si dilettava di coltivazioni tropicali e il detective l’incallito
impenitente play boy, forse sesso dipendente. Come poi ci riuscisse con quella
barba ispida? Misteri dell’universo femminile, che io non ho mai capito. Cercai
di pungere.
<<
Fritz, a quanto ho letto, non le rende tutto il merito. >>
<<
Nero ha più carisma e diffonde sintomatico mistero in questa stanza. E’ più
credibile insomma. Lei mi pagherebbe una parcella di 20.000 dollari per aver
risolto un delitto? >>
Mi
schernii.
<<
Mi sarebbe difficile pagarla anche a Mr. Wolfe! >>
<<
Aspetti a vederlo e, mi creda, si dovrà ricredere. Finiamo con calma la
colazione e si va di sopra. Mi raccomando, è molto suscettibile e sensibile
alle lodi. E … non faccia domande, neppure accenni velati, al suo presunto
padre. >>
<<
Sherlock Holmes? >>
La
sua voce sibilò.
<<
Silenzio! Potrebbe ascoltarci dalle bocchette d’areazione o dai tubi della
posta pneumatica! Non sopporta di avere un padre più famoso di lui! Mi
raccomando. >>
Dieci
minuti dopo salivano di sopra con lo sferragliante, ma ampio, ascensore. Archie
sbocconcellava svogliato un voulovan. Quando
l’ascensore si fermò ingollo tutto in un solo boccone. Guai a contaminare
l’ambiente!
Entrammo
nella jungla attraverso le due porte che facevano camera stagna. L’atmosfera
era soffocante. Migliaia di piantine diffondevano nell’aria il loro odore con
venature d’ambigua putredine.
Quando
quel bestione, un pachiderma di più di centocinquanta chili sollevò l’enome
testa ad uovo da sopra una piantina in fiore mi ricordai di una frase scritta
da Archie, no già, da Fritz.
“Wolfe
alzò il testone. Mi soffermo su questo, poiché ha una testa così grossa che
l'atto di sollevarla dà l'impressione di una fatica non indifferente. In realtà
dev'essere ancora più grossa di quel che sembra; infatti il resto della sua
persona è così enorme che qualunque testa, che non fosse la sua, scomparirebbe
letteralmente su quel corpo …”
Mi
fissava con sguardo magnetico. Imponente, magnetico e carismatico: un terribile
pastore amish. Come non pagare la parcella a uno così? La sua voce bassa era
scostante.
<<
Lei sarebbe … il giornalista? >>
<<
Sì, volevo … >>
<<
Se vuole sapere delle orchidee si accomodi, se vuole sapere di me, legga i miei
romanzi! C’è tutto lì. >>
Sbottai
<<
Li ho letti tutti, ma volevo … >>
<<
Sapere delle orchidee, vero? >>
Più
lo guardavo o più mi chiedevo quanto potesse essere lunga la circonferenza del suo cranio. Con oltre 65 cm era candidato ad affiancare un
presidente sul monte Rushmore. Non sopporto le orchidee e non mi piacciono le
teste a pera. Forse per questo mi venne in mente Ginko, il mio personaggio
agente capo di Polizia, con lui la ginkobiloba e la battuta di un amico …
<<
Ha anche qualche esemplare di Aerangis biloba?
Arrossì
di rabbia.
<<
No, non coltivo le specie stellari. Esemplari dozzinali. >>
Non
sapevo cosa fossero, né ricordavo come fosse quella che avevo citato, ma avevo
segnato un punto dovevo mantenerlo.
<<Peccato,
lei dovrebbe porci attenzione, sono di moda e sotto Natale se ne vendono tante!
>>
Tre
minuti dopo, trasportato a forza da Archie, ero sul marciapiede. Eppure non
avevo citato Holmes! La macchina del tempo mi attendeva fedele.
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