lunedì 21 dicembre 2015

Il Re del giallo italiano (IV)


 Giorgio I  "The King of noir"
Un re, due regni e un'abdicazione
Una vita tra il noir e il  rosa

 

Parte IV


Piccola nota critica

"nel mezzo del cammin di nostra "via"".

(a)



Prima di procedere con leggerezza, come finora abbiamo fatto, resta un nodo da sciogliere.

Nelle antologie che, nel dopoguerra, raccolgono la sua ricca produzione, si ricorda spesso il settimanale femminile Annabella, ma non sempre si ricordano i gialli "bostoniani" che l'avevano fatto conoscere senza renderlo famoso.





Eppure, dopo la guerra (ma anche negli anni del boom), venivano reiteratamente  ripubblicati a puntate su Novella, inoltre molti racconti (sempre gialli) brevi erano pubblicati ogni settimana (rubrica Il Quattronovelle) ancora su Novella. Negli ultimi anni suoi racconti gialli furono pubblicati dalla Stampa e suoi articoli da Oggi, Europeo, la Domenica del Corriere, ma sono stati i giornali femminili a raccogliere le sue storie più belle.
La critica è unanime: “Scerbanenco sapeva ricostruire con poche, luminose, pennellate gli animi torbidi”.
Alcune domande mi frullano in testa. Cercherò di dare una risposta nelle puntate seguenti.
1. Scerbanenco è stato un grande scrittore?   
2. Oggi è davvero in via di rivalutazione, è solo una spinta marketing di casa Sellerio e Garzanti?
3. Ai suoi tempi pagò la prevenzione allora (e ancora) vigente verso le opere di genere, che venivano considerate letteratura di serie B ?
4. I critici letterari, troppo spesso gente  con la puzza sotto il naso, per riconoscere qualità letterarie a un poliziesco (credo influenzati dall'ideologia del "noir") pretendono che trascenda dal suo ambito, per puntare con tecnica letteraria superiore a un ritratto della società a esso contemporanea. Scerbanenco è vero noir?

I 5 gialli "bostoniani" non sono molto apprezzati dalla critica. Io li considero troppo freddi, come di fatto risulta Arthur Jelling; non li analizzerò. Li considero una prova della sua geniale capacità di clonare un genere, di produrre storie che però non "sentiva". 
Farò invece un passo indietro, riportandomi alla contemporaneità con Alessandro Varaldo ricca di potenzialità.



Poteva essergli maestro, ma lui lo rifiutò (a dir la verità storse il naso) e neppure guardò oltr'Alpe dove c'era, già da qualche anno, un certo Simenon che faceva indagare il commissario Maigret. Le dichiarazioni che poi farà Scerbanenco sulle sue decisioni di ambientare i suoi romanzi a Boston (USA) sono troppo "furbette" per esser prese a testimonianza. Erano tempi duri per gli scrittori (quasi come oggi, Regime a parte) e si doveva pur campare.
Vi propongo invece un brano di un racconto, non giallo, uscito sul periodico La rivista di Lecco.


Un periodico della profonda provincia (sopravvissuto fino agli anni '60) che già dal 1933 pubblicava i suoi racconti. Il destino di Eva bollente è del 1935. La ragazza è molto calda, ma è inglese (furbo il ragazzo!). Si può raccontare di lei tutto il bollore che si vuole senza  turbare il sonno del MINCULPOP.

“Clelia Sturme ha una figura tale che suo padre teme farla uscire. Teme che i fianchi snelli e procaci, i seni piccoli, ma grassocci, lo sguardo caldo
e movimentato di sua figlia possano provocare pericolosi avvenimenti.
[...] Di questo tocco di ragazza ha paura. Ha paura perfino di accompagnarla per strada, perché per le pacifiche vie milanesi la presenza di Clelia Sturme fa radunare torme di giovanotti dagli occhi lucidi, di uomini che con un violento sforzo di volontà riescono a non fissare e a non seguire la ragazza, di vecchietti che saltellano tremanti e spiritati da un marcipiedi all’altro, con le labbra umide, seguendo ostinati e perversi la scia di Clelia ... ".
Clelia è proprio senza ritegno. Questo si legge poco più oltre.
"Si alza e va allo specchio completamente  nuda. Clelia Sturme guarda cupidamente il suo corpo; scuote la capigliatura nera, piega le reni  all’indietro e le sue mani disegnano gesti di sfinimento.".




Soffre di solitudine, Clelia, ma Scerbanenco non conosceva Hopper, neppure dopo, se lo avesse conosciuto non avrebbe scritto questo pezzo.
“Adesso che l’estate declina e le sere sono meno lunghe, Clelia Sturme, di padre oriundo inglese, può rimanere in casa davanti alla finestra per sentirsi bagnare il seno dall’ultimo sole che annega tra i rami degli ippocastani”.
Frequentava invece Walter Molino (copertine di Grand Hotel e de la Domenica del Corriere), che disegnava graphic novel da lui sceneggiate. Si veda l'orribile dicitura sotto.  Questi periodi e dialoghi dimostrano che Scerbanenco quando passò al rosa ERA RECIDIVO! Un'analisi lessicale e strutturale dei brani, vi risparmio l'intero racconto, porta a giudizi impietosi che contraddicono in modo deciso il generale condiviso apprezzamento: “Scerbanenco sapeva ricostruire con poche, luminose, pennellate gli animi torbidi”. Sostituirei "luminose" ("poche" resta) con nebbiose o meglio "brumose", la bruma della padana.
Nella prossima parte cercherà di dimostrare che 25 anni possono essere formativi.

 

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