mercoledì 16 dicembre 2015

Se "corto", è ambiguo...



A proposito di Corto, skipper viareggino a tempo perso detective.
Il Corto dei romanzi e il Corto dei racconti



Due necessarie premesse.
Una volta Mark Twain scrisse a un amico: "Scusami se ti scrivo un alunga lettera, ma non ho avuto il tempo per scriverne una breve!".
Il mio personaggio, soprannominato Corto fin da quando era bambino è il personaggio narrante di tre romanzi (La Delata velata, L'oro degli aranci e  EIKONES) e di ben 26 racconti.


La domanda  che i lettori mi fanno spesso è: "Quant'è diverso il Corto dei romanzi, da quello dei racconti?".
Se me l'avevano fatta voleva dire che qualcosa di vero c'è. Forse c'era anche qualcosa di più: la differenza di scrittura tra romanzi e racconti. Le prime due volte non ho risposto; appena ho avuto tempo per cercare di capire, e poi rispondere, mi sono riletto Maigret.


Il caso era simile. Le ultime uscite delle inchieste di Maigret sono state delle raccolte di racconti.  La cosa ha fatto riflettere: nei racconti il personaggio del commissario è stato giudicato diverso, più operativo rispetto a quello più riflessivo dei romanzi. La stessa struttura dell'inchiesta nei racconti è più tradizionale (giallisticamente parlando) e la storia si concentra di più sulla "procedura poliziesca": reato -> indagine -> caccia al sospettato -> interrogatori -> confessione finale.
Parte del pubblico dei lettori prova una certa delusione nel ritrovare un Maigret che per certi versi somiglia di più ad uno Sherlock Holmes, attento più alle prove materiali e ai riscontri scientifici, che non al solito commissario, dedito all'intuizione o all'indagine psicologica.
Tra i delusi c'è chi si lamenta per il minor peso dato alle atmosfere e a quei momenti di sosta in cui il commissario entra in un brasserie, o passa la domenica a Meung-sur-Loire oppure segue le proprie riflessioni, fumando la pipa sulla piattaforma esterna dell'autobus che lo porta a Quai des Orfèvres.
 Per capire bisogna considerare la diversa tipologia di scrittura che necessita un racconto rispetto al romanzo. E' ovvio, normale,   che nel primo tutto va concentrato in poche decine di pagine, mentre nell'altro la scrittura può godere di un respiro più ampio e una più libera scelta degli elementi da utilizzare per raccontare la storia.
Uno dei "valori" delle inchieste del commissario Maigret è la marginalizzazione dell'indagine vera e propria e il maggior interesse al contorno, ai personaggi, alle loro storie, ai loro comportamenti, alle analisi psicologiche...
Nei più ristretti ambiti del racconto, l'inchiesta acquisisce uno spazio di maggior rilievo e i protagonisti, per quanto ben tratteggiati e inquadrati   rimangono talvolta in secondo piano. Insomma sono le regole del gioco. Nel racconto c'è minor spazio per fronzoli e digressioni e soprattutto nel racconto poliziesco dove comunque deve funzionare la proceduralità  citata sopra, l'inchiesta deve obbligatoriamente avere un inizio, uno svolgimento e una fine.
Il problema è quindi lo spazio e lo era anche per un mago della sintesi e dell'asciuttezza narrativa come Simenon.
E anzi, dobbiamo dire che in questi racconti comunque si respira un'atmosfera analoga a quella dei romanzi, i personaggi conservano i tratti fondamentali e le situazioni sono quelle classiche cui i romanzi ci hanno abituato.


Torniamo a noi: io e Corto! Il racconto si gioca nella mente dell'autore in toto: deve funzionare tutto in contemporanea. Non ci possono essere salti di ritmo. Scrivere racconti è pertanto una fatica stressante. Devi essere sempre pronto a qualche taglio, a  cesure, a scorciatoie narrative   e sono ovviamente riscontrabili di lettori attenti. Condensare in venti trenta pagine quello che siamo abituati a leggere in oltre cento ti strania, te ne accorgi dopo, ma te ne accorgi: anche il lettore ne esce affaticato, soddisfatto ma stremato: il suo cervello a lavorato a ritmi più alti.
Quindi il racconto non può essere la stessa cosa del romanzo e le differenze comunque si avvertono, nella scrittura e nella lettura.
Il racconto è un banco di prova di non poco conto per uno scrittore, ma lo è ancor di più se siamo nell'ambito di una serie dove ci sono anche dei romanzi.
Ultimo aspetto: il romanzo con le sue trecentoventi, o più, pagine racconta anche la crescita del personaggio. Il racconto no, se c'è avviene subito dopo la fine, tra un racconto e il successivo: dev'essere intuita dal lettore. e' per questo che evito di scrivere racconti singoli, produco sempre raccolte che di fatto hanno una sequenza temporale: romanzi fatti di capitoli-racconto. si vede che non basta!

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