Il nome
della rosa
Umberto Eco
Bompiani
Sherlock da
Baskerville...
Non l'avevo
ancora recensito. Come, se fossi un letterato, non recensirei la Divina
Commedia o La "Recherche" di Proust. Lo faccio ora (oggi è giorno di lutto) perché altrimenti
mi sentirei in colpa per averlo trascurato per dedicarmi a Chandler, Izzo, Vargas o
Camilleri.
Allora, conoscevo
già tutto Eco, mi portavo sempre dietro un'edizione tascabile del Diario
Minimo. Altri avevano in tasca il libretto rosso di Mao o il manuale del
guerrigliero del "Che", io attingevo idee e stimolazioni (luci
vivide) da quelle pagine. Sorpreso da quell'uscita ("Un
giallo!?" ) lo comprai la
mattina alle 9 alla Feltrinelli di Firenze: la quadrupla pila (una muraglia) era alta circa 160 cm. Letto
subito con curiosità e solo con attenzione all'intrigo; lo rilessi ... come accendere la seconda
sigaretta con il mozzicone. La seconda emotiva lettura mi fece godere del
"raccontare", nella prima avevo seguito soprattutto la trama. Adesso,
giorno ferale, l'ho riaperto e sono andato a cercare le gemme... quante ce ne
sono! Stupendo, credo che anche Eco, nel rileggerlo si divertisse e si chiedesse come avesse fatto a scrivere un tale divertente capolavoro... ma ricominciamo da tre...
"Stat
rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus"
Ero nel
mezzo del cammin di nostra vita, quando iniziando a leggere "Il nome della
Rosa" quella frase in latino mi dette la scossa. Una fulminazione, da
quando aprii quel libro, fino a raggiungere di corsa l'ultima pagina, ebbi difficoltà a staccarmene, dovetti farmi da
capo e poi una volta ancora. Capii subito che non si trattava di un semplice
libro, ma di un sensazionale retablo (penso alla cattedrale di Saragozza) letterario. All'interno vi si
trova tutto quello che un lettore possa desiderare: trama, intrigo, mistero,
divagazioni, amore, passione, storia. La capacità di Eco di intessere la maglia
del romanzo di una fitta trama di eventi storici ne fa, inoltre, un punto
privilegiato per l'osservazione della vita quotidiana medievale. Il tutto
condito d'invenzione e irriverenza.
Qualche anno
dopo uscì anche il film. Prima di vederlo considerai la scelta dell'ex 007 come
una "gran puttanata commerciale". Invece apprezzai quella riduzione (faticosa per contenere la durata) e
lo scozzese reggeva, pur col saio, vestiva bene i panni di Sherlock Holmes.
Ma la storia
del mio rapporto con questo romanzo non finisce qui. Dopo aver letto Il segno
dei tre (di Eco) e poi Elementare Wittgenstein ( di Giovannoli) l'ho riletto non in blocco altre due
volte. Insomma, si tratta di uno di quegli incontri che ti tracciano un
sentiero di vita. Credo sia per merito
(o per colpa, dipende dal gradimento dei lettori) che mi sono messo a scrivere
gialli storici.
Voto: nessuno, non può essere messo in discussione!
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