Il
Re censore
ovvero
come i critici imperano
scambiando
favori
con
recensioni di comodo
Lungi da me voler
far sorgere una querelle con Re Antonio D'Orrico; sul suo regno non tramonta
mai la certezza (la sua), io vivo di dubbi e poi, via, non ho la fama, lo
spessore, l'autorità e inoltre sono autore, potrei cadere in un conflitto
d'interessi o peggio nel reato di "procurata
molestia a un grande per ottenere uno
spot di notorietà"! Spero m'ignori, tra l'altro mi leggeranno, sì e no,
sette persone, di cui tre son parenti.
Stamani però, esso Lui, Sua Maestà, su la Lettura (supplemento letterario de Il Corriere della Sera) ha
fatto traboccare il bicchiere, aut vaso, visto che di pisciatina regale trattasi. Recensisce (è in edicola, con 50 cent potete
verificare) La verità della suora storta di Vitali Andrea, in arte
scrittore vintage, emulo senza spessore di Piero Chiara. Appioppa loro, a Vitali e al libro, un 10 e lode! Non l'ho
letto (e non lo leggerò), mi sono però documentato su vari siti. Ricorrono
parole come: delusione ... ne ha scritti di meglio ... frasi banali ripetute pure
... preferisco quelli degli anni '30 ... non capisco come faccia ad avere successo
con banalità simili.
Mi è sufficiente ad alimentare un brutto sospetto che
già avevo.
M'era nato quando, all'inizio dell'estate 2015, affibbiò
un quattro (4!) all'ultimo romanzo di Fred Vargas, una delle mie autrici preferite: m'aveva pestato un callo! Quello della Vargas l'ho letto (non vedevo l'ora di leggerlo dopo il caso Battisti) e devo
dire che è un po' inferiore (poverina aveva sofferto tanto!) agli altri con J.B. Adamsberg. Io gli avrei dato solo
sette, anziché otto. Da 7 a 4 non è questione di gusti, nè di affezione, no! C'è del marcio in
Danimarca! Da allora ho seguito le altalenanti valutazioni del sedicente (clamorose stroncature o incredibili osanna!), ma
accreditato, Re-vate dell'editoria. No, un despota, un Re censore: "Le
compte çe moi"! La recensione
sono io ... non avrai altro Re (intendi credo) al di fuori di me!
Catone, persona
seria, era chiamato "Il censore". Allora era, per antonomasia,
sinonimo di rigore, correttezza morale, profondo senso etico, ed equità. Era, ovvio, un gran rompipalle, ma lo rispettavano.
Non è così per
il Re censore. Non voglio pensar male, so che a volte ci si può incarognire per motivi
esistenziali. I suoi giudizi inappellabili sembrano frutto di una frustrazione:
non sarà che voleva fare il recensore della Michelin per dare stelle ai ristoranti? Non è che
ci ha provato e si è imbattuto in un geniale, imbattibile Ratatuille nostrano? Magari invece di un topo cuoco era un topo di biblioteca! Magari l'ha contraddetto, con prove e fatti concreti, a ragione! Non voglio saperlo,
sono troppo fiero dei miei sospetti maligni. Si noti che il recensore del famoso
cartone animato ha proprio le sembianze di Catone!
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