mercoledì 29 giugno 2016

Turismo in noir (VIII)


Città italiane in noir

Un giro turistico tra le  città italiane
che hanno accolto storie gialle o noir
(VIII)


Napoli sotterranea ed esoterica: magico noir radioso!

"Vedi Napoli e poi muori!" Recita (esorta o avverte del pericolo?) il proverbio. Indecifrabile città, dedalo di umori, passioni ardenti, sottomissioni e prevaricazioni. Una città dove pare inadatto il noir, tanto è solatia, ma invece ...


Vista, gustata, dalle alture del Vomero sembra un paradiso, ma se entri dalla strada sbagliata  arrivi nei quartieri spagnoli cominci a pensare che, forse, è un inferno.




Andiamo nei sotterranei della cappella del Principe di Sansevero. Massone, alchimista, mago e chissà cosa d'altro il Principe ... Scendendo la scala a chiocciola di ferro ti sbatte in faccia un corpo "aperto", organi, vene e arterie in mostra. Macchina, lo chiamava  il Principe. Capisci subito che da secoli Napoli tanto solare non lo fosse! A noi, però, più che un principe ci interessa un barone. Risaliamo nei vicoli chiassosi e densi di odori e umori.




"Il Barone Carlo Coriolano di Santafusca non credeva in Dio e meno ancora credeva nel diavolo; e, per quanto buon napoletano, nemmeno nelle streghe e nella iettatura.
A vent'anni voleva farsi frate, ma imbattutosi in un dotto scienziato francese, un certo dottor Panterre, perseguitato dal governo di Napoleone III per la sua propaganda materialistica ed anarchica, colla fantasia rapida e violenta propria dei meridionali, si innamorò delle dottrine del bizzarro cospiratore, che aveva anche una testa curiosa, tutta osso, con due occhiacci di falco, insomma un terribile fascinatore. ..."



E' l'incipit del romanzo di Emilio De Marchi Il cappello del prete. Uno dei primi noir della storia della letteratura, secondo solo a Delitto e Castigo, ma più divertente.
Il barone napoletano Carlo Coriolano di Santafusca (rampollo di un'antica casata partenopea) è alle prese con un grosso problema: ha appena ricevuto la richiesta di restituire entro una settimana una cartella di 15.000 lire al canonico amministratore del Sacro Monte delle Orfanelle, altrimenti sarà denunciato.



Trovandosi già nell'albo degli insolvibili e non in grado di ripianare il debito, il barone decide di rivolgersi a padre Cirillo, detto u prevete, un prete dedito più al denaro che alla missione religiosa, per proporgli la vendita del suo palazzo, la Villa di Santafusca.





Il viscido prete (padre) Cirillo ci introduce ai quartieri spagnoli della Napoli di fine ottocento. Ha fama di mago: predice i numeri per giocarli al lotto. Ma è anche un attento usuraio. Tiene tanti soldi insomma, tanti da farlo diventare preda del cinico barone.



Coevo nell'ambientazione, anche se scritto ai giorni nostri, è il romanzo di Diego Lama: La collera di Napoli. Napoli, settembre 1884. Un'epidemia di colera provoca migliaia di vittime in appena due settimane. Veneruso, un commissario di polizia depresso e irritabile, indaga sul ritrovamento dei cadaveri di alcune giovani orfane mutilate su una spiaggia vicino al porto. Le ragazze provengono tutte dallo stesso convento di monache di clausura. Le ricerche di Veneruso e dei suoi scalcagnati agenti riveleranno presto passioni segrete, vizi inconfessabili e relazioni pericolose tra le religiose. All'indagine principale si aggiungono altri casi paralleli, altri omicidi, altri assassini. ...

  


La città perfetta di Petrella ci riconduce quasi alla Napoli dei giorni nostri. La vicenda del romanzo si sviluppa nell'arco di circa cinque anni – dal 1988  al 1993. Viene narrata in "presa diretta" attraverso la voce dei tre protagonisti: il primo, Sanguetta, è un ragazzo di 16 anni nato nei Quartieri Spagnoli, la zona popolare  centro gravitazionale del crimine della città, comandata dal boss del luogo soprannominato “il Sarracino”. Sanguetta è un piccolo spacciatore che sogna di diventare boss. Intrappolato in una brutta storia di usura, omicidi e droga, verrà rinchiuso nel carcere minorile di Nisida...



Maurizio De Giovanni, scrittore più tifoso che appassionato, per raccontarci l'anima nera di Napoli, percorre due vie temporali parallele e convergenti, come quelle dell'ossiMoro famoso.
La prima negli anni '30. Napoli, 1932: manca una settimana alla Pasqua. Al "Paradiso", esclusiva casa di tolleranza nella centralissima via Chiaia, la prostituta più famosa è ritrovata morta. Maria Rosaria, detta Vipera, vanto e principale attrazione del bordello per la sua straordinaria bellezza, è stata soffocata con un cuscino. L'ultimo cliente sostiene di averla lasciata ancora viva, il successivo di averla trovata già morta. Al commissario Ricciardi, che ha il dono terribile di vedere i morti ammazzati e ascoltare le loro ultime parole, il fantasma di Vipera ripete: "il mio frustino, il mio frustino". L'oscura frase potrebbe riferirsi al soprannome dell'ultimo cliente,



La seconda, praticamente ieri a Pizzofalcone. Un distretto di Napoli non molto vasto ma assai popoloso, che abbraccia una parte dei Quartieri spagnoli e va giù fino al lungomare. Un distretto variegato, fatto di quattro mondi: basso proletariato, borghesia impiegatizia, alta borghesia commerciale e aristocrazia, tutto concentrato in un’area di tre chilometri lineari.


Buio, il romanzo più recente, si svolge in un commissariato di Napoli che ha visto quattro suoi membri arrestati per traffico di droga. A seguito di questa epurazione tutto il personale è stato sostituito, ad eccezione del commissario capo, Luigi Palma, e del vice sovrintendente, Ottavia Calabrese. Il nuovo gruppo ora è costituito da vari elementi considerati "problematici", trasferiti a Pizzofalcone per motivi disciplinari o perché ritenuti poco affidabili. Sorprendentemente, grazie al paziente lavoro di Palma, impegnato a ridare credibilità al commissariato e fiducia ai suoi sottoposti, anche casi più difficili iniziano a essere risolti grazie a un efficiente lavoro di squadra.
Meglio andare, Bari ci attende.

 

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