Come da tradizione e da lunga amicizia, Carmen Claps, critica letteraria di Sarzana, mi ha fatto avere questa recensione. Vediamo come giudica la pineta di levante di Viareggio e i suoi “indigeni”.
Delitti in pineta
(II)
Per
completare il quadro de Lo Chalet in pineta bisogna
presentare i frequentatori abituali (Nota: i clienti extra, o di passaggio,
sono insignificanti, assenti e in fondo non poi molto ben accetti, anzi
guardati con spregio) con una rapida carrellata. Apre la sfilata, è giusto
così, Pippo, il gestore, il moderatore nelle risse, il supervisore nelle
partite a briscola, che ci tiene a mettere le mani avanti: “da Pippo trionfa sempre la democrazia, anche se nel mio chalet comando
io”.
Poi
il Bestia, sedicente fotografo high tech (forse un genio da silicon valley,
chissà), che nel suo sconcertante laboratorio assembla inquietanti
apparecchiature combinando pezzi del meccano del nipote e arnesi da cucina
ormai inutilizzabili. E’ un gigante pelosissimo dal cuore tenero e la mente non
sempre proprio pronta. A capire a fondo la sua indole sono stranamente le
donne, che, infatti, non usano mai il soprannome, ma lo chiamano col suo nome
anagrafico, Gianfranco o addirittura Gianfranchino.
C’è
Ginko, personaggio enigmatico, tormentato agente capo di polizia, amico di
Corto da una vita, col marchio della tristezza perennemente impresso sul volto,
tormentato da un ambiguo episodio del suo passato per ora non chiarito, alla
ricerca improbabile di rivalse gettandosi a capofitto in indagini
pericolosissime che lui definisce parallele, cioè personali, cioè segretissime,
cioè illegali.
C’è
Teddi, fotografa di arte sacra ex pregiudicata, convertita da una strana suora
spagnola grande esperta d’arte. Ancora c’è il suo fidanzato, il maresciallo dei
carabinieri Maglietta (all’anagrafe Miglietta), che deve il soprannome al suo
terrificante gusto cromatico che gli fa indossare pantaloni e magliette dai
colori impossibili, che fanno letteralmente a pugni tra loro. E’ il tormento
del gruppo perché ha due ossessioni, una generale e una particolare. La prima è
che, nelle sue indagini il nostro è fissato sui moventi sottotraccia, cioè gli
impulsi più nascosti, più remoti, più inconfessabili, magari inconsci che
possono spingere una persona ad un delitto. Maglietta è assolutamente convinto
e fiero di questa sua intuizione tanto da credere che anche i frequentatori
dello chalet siano interessatissimi all’argomento.
La
seconda ossessione è quella del caso del freezer del prete, di cui facevo cenno
all’inizio, che lui non si capacita di non avere risolto e che avverte come una
macchia indelebile sulla sua divisa. E’ appunto, come dicevo, questo rovello
che lega i sei episodi. Maglietta affligge gli amici con questi tormenti che
per tutti i personaggi (egli stesso e i clienti del bar) sono una vera e
propria disperazione, mentre il lettore si può scatenare in grasse risate.
Pensate che il buon maresciallo cerca addirittura di organizzare cicli di
terrificanti conferenze (tipo i cineforum di fantozziana memoria)
sull’argomento. Solo la disperazione riesce ad aguzzare l’ingegno dei
malcapitati per escogitare geniali sistemi per sfuggire a quelle torture.
Ci sono due
nuovi personaggi eccezionali. Uno è Gismondi, senza soprannome forse perché
talmente fresco di ingresso nel gruppo che non si è ancora avuto il tempo di
trovargliene uno azzeccato o forse perché non se lo è ancora meritato. E’ un
preside di liceo in pensione, con una piccola, trascurabile caratteristica: è
troppo sensibile al fascino femminile specie se trattasi di fanciulle in fiore.
Di fronte ad una bella adolescente non sa proprio dominarsi: pensate che non
riesce a trattenersi nemmeno davanti, cioè dietro, al bel lato B di una giovane
suora. L’argomento è delicato diciamo pure scottante, eppure l’autore riesce a
trattarlo con grande leggerezza, sia l’atteggiamento riprovevole di Gismondi
che le reazioni che possiamo facilmente immaginare del gruppo.
La sorpresa più
grande è un personaggio femminile. Questo non sorprende i lettori di Oscar:
infatti il nostro autore circonda ciascuno dei suoi tre investigatori di grandi
donne, di ogni età, personalità e ruolo, semplici cammei o vere protagoniste,
vittime o colpevoli. Sarebbe inutile e dispersivo citarle, sono tantissime e
indimenticabili. In questa raccolta Oscar inserisce suor Miranda. Già per il
suo ingresso in scena adotta un effetto speciale straordinario: la suora
compare come una nuvola bianca, a causa della sua divisa, a metà tra l’etereo e
l’inquietante. Ma non è assolutamente un personaggio ultraterreno, ce ne
rendiamo conto subito. Intanto è missionaria a Boromo, nel Burkina Faso, quindi
costretta e ormai abituata ad affrontare ogni giorno miseria, malattia,
violenza. Per spostarsi in quelle zone dimenticate da Dio e dagli uomini è
diventata un’abilissima biker: la sua bici è ormai un’appendice del suo corpo.
Da queste poche note vi siete senz’altro resi conto che suor Miranda ha proprio
poco, per non dire nulla, della classica iconografia delle suore, chiuse nel
loro mondo e fuori del mondo, spesso acide, severe, poco concrete. Suor Miranda
è curiosa, è innamorata della vita, pur nella consapevolezza dei grandi mali
che la travagliano, c’è immersa completamente, vuole conoscerla, vuole
migliorarla, specie quella degli altri. Corto la incontra nel corso di
un’indagine. La religiosa dimostra subito di che pasta è fatta, prestandosi
senza esitare, con un sorriso un po’ sornione con un piglio e un entusiasmo
tutto speciale. Naturalmente il suo contributo alla soluzione del caso risulta
determinante, con una bella componente di divertimento. Accetta perfino di
travestirsi.
A questo punto è
d’obbligo una maxi parentesi in merito ai travestimenti. Questi sono una delle
strategie preferite da Corto in coppia con Miglietta. Il maresciallo si diverte
tantissimo a indagare in incognito, sotto mentite spoglie, “a fare i Serpico”,
come dice lui. “E chi saremo?” Chiede eccitato, “contento come un bamboretto
quando scarta i regali la mattina di Natale”. Naturalmente, come è giusto e
doveroso in un’opera corale che si rispetti, tutto il gruppo partecipa al rito
del travestimento: chi dispensa consigli, chi sbeffeggia impietoso, ma ci vuole
anche questo, chi procura qualche oggetto utile. Quindi esilarante la recita,
ma anche i preparativi. Spesso Corto e Miglietta usano oggetti molto
casalinghi, che magari nulla avrebbero a che fare con lo scopo per cui vogliono
usarli. In questi racconti vediamo per esempio Corto nei panni di un idraulico;
con Miglietta impersona poi un sussiegoso, ma anche fintamente accomodante e
condiscendente tecnico per la manutenzione caldaie. Questo è un brano da
antologia, nel quale Oscar fa ricorso a un ubriacante gioco verbale per
confondere una portinaia, sulla linea della supercazzola brematurata di Amici
Miei. Nell’episodio che la vede al centro, suor Miranda si traveste, pensate il
geniale paradosso, niente meno che da testimone di Geova. Fantastici i
preparativi: il travestimento è curato nei minimi particolari, perfino i colori
e lo stile degli abiti, perfino gli oggetti. Suor Miranda, che si è preparata
in privato, risulta perfetta. Quale poi sia l’esito di questa recita è un’altra
storia, anche questa godibilissima. Comunque ogni iniziativa di suor Miranda è
finalizzata all’interesse della sua missione, per la quale è disposta proprio a
tutto. Mi aspetto clamorosi sviluppi di questo personaggio.
Oscar ci regala
anche splendide figure che sono solo semplici comprimari, oppure comparse o
addirittura solo cammei. Cito Giulia, ex Giulio, un trans che don Sesto ha
redento reclutandola come animatrice nel suo oratorio e che fa anche la drag
queen con un certo successo. Ancora Taitan
che era più di una promessa del calcio e che, per un infortunio, dai sogni di
gloria negli stadi della serie A, si è trovato precipitato nella disperazione
di una zoppia permanente. Soprattutto penso al Gibboso. Come indica
inequivocabilmente il soprannome, ha una gobba sulla schiena. E’ un personaggio
che fa parte di quella umanità tutta particolare della darsena. Campa di
illegalità, per esempio di spaccio. Molto acuto lo studio della sua personalità
tormentata, solo in apparenza menefreghista e strafottente.
Carmen
Claps
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