venerdì 7 ottobre 2016

I pionieri del giallo (I)



I pionieri del Giallo Mondadori
 appendice alla serie:
Parte I 
Tutto iniziò da questa copertina gialla ...


1929, con la pubblicazione del primo romanzo di S.S. Van Dine prende avvio la prima collana mensile di romanzi polizieschi pubblicata da Arnoldo Mondadori: I libri gialli. Gialli anche nella copertina, la novità è che ci sono anche  autori italiani! E' di questi "arditi pionieri" che voglio parlare. In particolare di Alessandro Varaldo, Alessandro De Stefani e Tito Antonio Spagnol. Potrei anche chiamarli "I tre moschettieri", ma non funzionerebbe:  incontrarono D'artagnan troppo tardi. Parlo di Scerbanenco, ma per far cambiare loro stile, nel  '39 e '40 era troppo tardi! E poi lui era Re Giorgio, mica un semplice moschettiere guascone!

Varaldo
(Aramis: il più elegante)


Inizia, con Il sette bello, Alessandro Varaldo. E' il 1931, indaga il personaggio del commissario Ascanio Bonichi. Il regime storceva il naso, anzi osteggiava emanava veti e attuava censure, ma Varaldo riuscì nell’impresa di non risultare sgradito. Non tanto per la qualità (di cui al Duce poco importava) intrinseca dell’opera che è piuttosto altalenante (picchi e valli sempre), ma perché seppe creare ciò che in quel momento il regime si auspicava; un giallo all’Italiana, unico e inimitabile a sua volta, che pur tenendo conto degli elementi del poliziesco classico  sapesse mescolarli poi a una sensibilità tutta Italiana. Mise in scena macchiette di paese, un uso (simpatico e moderato, altro che Camilleri) del dialetto e soprattutto una certa melodrammaticità di fondo dalla quale la narrativa pop italiana non ha mai, ma proprio mai, saputo affrancarsi.


Bonichi piacque, a seguire, sempre nel '31, Varaldo pubblicò Le scarpette rosse. Un altro successo.




Ma chi era questo signore dall'aspetto "dandy"? Alessandro Varaldo nasce a Ventimiglia nel 1873, muore a Roma nel 1953,   era un giornalista rinomato, commediografo e scrittore, non solo di "gialli".  
Esordì nel 1898 con La principessa lontana, cui seguì una sterminata e varia produzione sempre accompagnata dall'attività su importanti giornali quali La gazzetta del popolo ed il Caffaro.
Scrisse commedie, tra cui L'altalena (1910), romanzi e novelle come La grande passione (1920), L'ultimo peccato (1920), e anche opere biografiche. Fu presidente della SIAE  dal 1920 al 1928. Fu direttore dell'Accademia di Arte Drammatica di Milano dal 1943.


Varaldo dette il meglio di se, come autore, nei romanzi gialli. A differenza di altri, penalizzati dal regime,   seppe conciliare il genere tradizionalmente anglosassone del giallo con i valori dell'etica fascista risultando così particolarmente apprezzato dal regime, pubblicò infatti sino al '43 senza compromessi di sorta. Uscì indenne dal ventennio ottenendo incarichi di prestigio.

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