Città
italiane in noir
Un giro
turistico tra le città italiane
che hanno
accolto storie gialle o noir
(0 - 8)
Ma prima un giro per il mondo occidentale
Barcellona.
La macchina del tempo
ci porta al 1938. C'è un gran tumulto. Barcellona è sotto un bombardamento. Max
Fridman scappa. Meglio, anche per noi, saltare subito ai giorni nostri.
Fine millennio. La Barcellona
di Petra e di Pepe non è turistica. Non aspettatevi né Gaudì, né la Sagrada Familia.
Petra agisce in quartieri
popolari tipo Tiburtino terzo, Pepe nelle stradine più desolate del centro storico.
Parlo di Petra Delicado e di Pepe Carvalho, figli di Alicìa Bartlett e di Manuel
Montalbàn.
Atterriamo nel barrio
gotico. Dietro il quartiere gotico, verso nord est, ci sono dei brutti
quartieri senza qualità, anonimi. Ci vive, come single all'inizio, Petra
Delicado.
Petra
Delicado. Appassionata,
sanguigna, volitiva, tenace, acuta e belloccia. Si muove in una Barcellona poco
turistica. difficile, se non impossibile, nei romanzi trovare Gaudì. Al massimi
ci porta in un convento.
Il Convento
delle sorelle del Cuore Immacolato a Barcellona viene violato da un ladro di
reliquie che, sorpreso da un giovane frate, ne provoca la morte e fugge col
corpo mummificato del Beato Asercio de Montcada.
Il caso viene
affidato all'ispettrice Petra Delicado ed al suo vice Fermín Garzón ai quali
vengono affiancati i due religiosi suor Domitila e frate Magì. L'unico indizio
trovato nella chiesa è un bigliettino nascosto sotto al cadavere del frate con
la misteriosa scritta “Cercatemi dove più non posso stare”
La vita
riservata dei conventi non facilita il ritrovamento di prove e non lascia
spazio a confidenze; la confusione aumenta anche a causa di presunti esperti
(tra psicologi e religiosi) che propongono ipotesi spesso fantasiose. Petra sta
vivendo peraltro un momento difficile perché anche il suo terzo matrimonio
vacilla.
I mass media
incalzano, i superiori premono ed i due investigatori si trovano inoltre a
dover gestire la ricomparsa di pezzi del corpo mummificato del Beato.
Un'intuizione
dell'ispettrice permette di collegare l'omicidio di una barbona al trafugamento
delle spoglie e si iniziano a delineare i torbidi contorni di una tristissima
vicenda umana: coinvolti la suorina Pilar e il gigante con cervello di bambino
Juanito.
Il primo romanzo
di Pepe Carvalho. Qui nasce il super
agente segreto gallego con licenza di uccidere, ex iscritto al Partito
comunista spagnolo e ora membro della Cia. Ma le sorprese non si esauriscono
qui. Ci troviamo immersi in un romanzo quasi sperimentale, molto visionario,
certamente scatenato. Montalbán guarda con fiera nostalgia a quest'opera in cui
John Kennedy è appena diventato presidente e il suo clan vive nel cosiddetto
Palazzo delle Sette Galassie, una meraviglia architettonica sospesa fra le nubi
sopra la Casa Bianca, dove si collezionano celebrità. Una metafora della Sagrada
Familia.
Ho
ammazzato J.F. Kennedy, è stato scritto nel 1970, quando il sogno impossibile
per molti era quello di ammazzare il generale Franco (per vederlo davvero morto
ci volle un anno), invece di Kennedy, e con il suo anticonformismo e la sua
capacità di trasmettere valori e memoria storica in racconti di avventura ha
inaugurato una stagione di libertà per scrittura e lettura.
Non bisogna
dimenticarsi di Biscuter (José Plegamans Betriu), aiutante e cuoco di
Carvalho. Si conobbero nel carcere di Lleida in cui Pepe era detenuto per
motivi politici mentre Biscuter come ladro di auto (da qui il nomignolo visto
che Biscuter era il nome di una utilitaria molto diffusa in Spagna negli anni
'50). Si rincontrano nel '77 quando Biscuter, senza averlo riconosciuto, chiede
25 pesetas a Carvalho. È l'inizio di una collaborazione che durerà per molti
anni: Pepe fa il detective e Biscuter il segretario e cuoco per aiutarlo in
seguito anche nelle investigazioni. Ma sarebbe errato pensare che si tratti di
una coppia assimilabile a Holmes-Watson (oppure a Poirot-Hasting). Biscuter non
è l'utile idiota che serve all'investigatore per svelare ai lettori i percorsi
mentali dell'investigatore o per fungere da cronista (del resto i romanzi di
Vázquez Montalbán nulla hanno a che fare con quelli di Arthur Conan Doyle o
Agatha Christie).
Biscuter rimane spesso al margine dei casi ma è una
figura sempre presente che suscita un'immediata simpatia nel lettore.
Memorabili le sue peregrinazioni nei mercati e nelle botteghe di Barcellona
alla ricerca delle materie prime dei piatti che cucina e sottopone
all'insindacabile giudizio di Carvalho.
Ora basta: si va in Italia.
Di città in noir ce ne sarebbero altre,
anche più esotiche (ad esempio Istanbul o Macao), ci sarebbe Monaco di Baviera
o Stoccolma, ma credo che come "promemoria" bastino. Mi interessa invece
andare a vedere in che città sono impegnati a indagare i detective italiani.
Certo non si tratta di megalopoli come quelle elencate, ma troveremo fatti e
curiosità interessanti.
Cominceremo da
Torino. Sulla cartina potete vedere tutto il percorso. Alla prossima.
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